Medio Oriente, riconoscimento della Palestina: cosa significa davvero e chi lo sostiene? Tutto quello che c’è da sapere
Secondo il diritto internazionale, riconoscere uno Stato comporta l’accettazione formale della sua esistenza, della sua sovranità e del diritto all'autodeterminazione del popolo che lo abita. Ma non solo…
Cosa comporta il riconoscimento della Palestina?
Negli ultimi mesi il tema del riconoscimento dello Stato di Palestina è tornato al centro del dibattito internazionale, tra prese di posizione politiche, gesti simbolici e tensioni diplomatiche. Ma cosa significa nel concreto? Secondo il diritto internazionale, riconoscere uno Stato comporta l’accettazione formale della sua esistenza, della sua sovranità e del diritto all'autodeterminazione del popolo che lo abita.
Ma non solo, perché a ciò si aggiunge anche il riconoscimento dello Stato come membro della comunità internazionale, con i rispettivi diritti e i doveri, compreso quello all'integrità territoriale. Dunque, dal punto di vista diplomatico, il riconoscimento presuppone l'invio di rappresentanze stabili (ambasciate o consolati) sul territorio dello Stato riconosciuto. Un gesto molto importante e dalle grandi implicazioni giuridiche e politiche, soprattutto in caso di conflitto e guerre territoriali.
Nel caso della Palestina, il suo riconoscimento non determina solo l’assenso formale alla sua esistenza come entità statale, ma porta con sè anche un forte significato simbolico. In uno scenario caratterizzato da anni di conflitti con Israele e da negoziati di pace mai conclusi, una dichiarazione di riconoscimento lancerebbe ai paesi occidentali un grande messaggio politico, con l’obiettivo di definire una situazione contrassegnata da decenni di instabilità.
Le posizioni dei paesi dell'Ue
L'Unione europea promuove la cosiddetta “soluzione dei due Stati”, ossia un accordo di pace che determini la nascita dello Stato di Palestina accanto a quello di Israele con Gerusalemme capitale di entrambi. Tuttavia, questo non equivale a riconoscere lo Stato palestinese.
I paesi dell'Europa occidentale procedono con molta prudenza. Nel 2011 l'Islanda (che non è membro dell'Ue) è stato il primo Paese nel Vecchio Continente a riconoscere la Palestina; seguita dalla Svezia nel 2014. Ma solo con l'acuirsi del conflitto israelo-palestinese nell'ottobre 2023 si è aperta una fase cruciale: l'attacco militare israeliano e la tragica crisi umanitaria che ha colpito la Striscia di Gaza hanno portato diversi paesi europei a voler intensificare gli sforzi diplomatici.
È il 22 maggio 2024 quando Norvegia, Irlanda e Spagna hanno annunciato contemporaneamente il riconoscimento dello stato di Palestina, seguite un mese dopo dalla Slovenia. Dal canto loro, Regno Unito e Germania, per ora, esitano.
La posizione dell'Italia
L'Italia, in più di un’occasione, si è detta favorevole al riconoscimento dello Stato della Palestina, ma solo all'interno di un più ampio processo di pace in Medio Oriente, e non come azione isolata. È stata la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a riaffermare questa posizione, ribadendo che questo riconoscimento ci sarà solo dopo quello di Israele.
A seguito dell'annuncio di Macron, le opposizioni hanno lanciato un appello al governo Meloni. "Dobbiamo ottenere che anche il nostro Paese riconosca pienamente lo stato di Palestina. Un passo necessario per ricostruire il percorso di pace in Medio Oriente", così la segretaria del Pd, Elly Schlein. La stessa richiesta è stava avanzata da Avs con Angelo Bonelli e da +Europa, mentre il leader del M5s, Giuseppe Conte, punta il dito contro la premier e il suo vice, Matteo Salvini, per il loro silenzio.