Nato, Merkel nella corsa alla leadership. Renzi spera per la manovra Draghi

Parte la sfida per la successione a Stoltenberg. Washington deve trovare un nome gradito a Bruxelles dopo il caos Kabul e Aukus. Chi sono i papabili

di Lorenzo Lamperti
Esteri
Condividi su:

Angela Merkel e gli Stati Uniti, Angela Merkel e la Nato. Un doppio binomio con qualche punto di contatto e tanti lati oscuri. La cancelliera uscente della Germania non ha ancora lasciato ufficialmente il suo posto, in attesa della conclusione delle trattative per la formazione del nuovo governo tedesco, ma viene già tirata per la giacchetta. Non è ancora dato sapere se Frau Angela voglia impegnarsi immediatamente in un altro ruolo di primo piano oppure voglia godersi un po' di sana pensione. Ma intanto le opzioni per il suo futuro si sprecano. Anche quelle ritenute un tempo impossibili, come la nomina a segretario generale della Nato, visto che il mandato di Jens Stoltenberg è in scadenza nel 2022.

Ipotesi singolare, se si pensa che Merkel non ha mai chiarito del tutto le relazioni di Berlino con Washington, né quelle con la Nato. Argomenti che Merkel, sia in patria che all'estero, raramente affrontava: la difesa, la sicurezza e il rapporto della Germania con la Nato. Tutti legati al dispiegamento di armi nucleari statunitensi in Germania. Tutti legati al ruolo della Germania in Europa e nella NATO. Questioni mai del tutto chiarite, anche per la pragmaticità delle relazioni sviluppate da Merkel con la Russia di Vladimir Putin e con la Cina di Xi Jinping. Pragmaticità che non è mai piaciuta molto oltreoceano. I rapporti con Donald Trump erano quantomeno burrascosi, ma anche Joe Biden non vede di buon occhio il via libera tedesco al progetto del gasdotto North Stream 2 tra Russia e Germania. 

Eppure ora la regnante uscente di Germania potrebbe anche assumere il ruolo di guida della Nato, se lo volesse. Almeno queste sono le voci, riportate anche da Repubblica. Dopo i passi falsi su Afghanistan e Aukus, Washington ha infatti bisogno di un nome che possa piacere all'Unione europea. Un nome che faccia sentire i vecchi partner tradizionali coinvolti nell'architettura geopoltica e strategica americana. Difficile trovare un nome più intermedio e unitario di Merkel. Anche perché le altre ipotesi rischiano di provocare ancora più risentimento. Era molto quotato per esempio il nome di Theresa May, ex primo ministro del Regno Unito. Ma dopo la vicenda Aukus e la rottura unilterale da parte del governo australiano dell'accordo sui sottomarini appare quantomeno complicato che la Francia di Emmanuel Macron, rimasta a dir poco scottata dalla vicenda, possa dire sì. Senza contare che la Brexit ha creato qualche dissapore, per usare un eufemismo, tra Londra e Bruxelles. 

Sembrano esserci altri due parametri utili per delineare il nome più papabile: il ruolo di primo piano a livello politico e il sesso femminile. Anche per questo ci sarebbe il nome di Kersti Kaljulaid, presidente uscente dell'Estonia. La sua scelta premierebbe anche una zona dell'Europa che ha opposto un netto scetticismo alle mosse cinesi negli ultimi tempi, per esempio con l'uscita della Lituania dal meccanismo 17+1 e il contestuale avvicinamento di Villnius a Taiwan. Allo stesso tempo, sarebbe una scelta che potrebbe essere percepita come aggressiva dalla Russia, che forse Washington e la stessa Europa vorrebbero provare a ricoinvolgere quantomeno parzialmente per evitare la sistematizzazione dell'alleanza con Pechino.

La scelta di Merkel avrebbe però qualche effetto collaterale. Troppo di alto profilo la cancelliera per essere completamente omologata alla strategia americana. Un'altra possibilità, tra l'altro, sarebbe quella di mandare un segnale di dialogo a Pechino, che vede nella cancelliera l'unica vera figura di tutela dei rapporti Europa-Cina. Potrebbe anche essere una strategia studiata, usare la carota nell'alleanza atlantica e invece il bastone nell'Indo-Pacifico con Aukus e Quad.

Ma il dubbio resta, il che crea qualche chance anche degli outsider, a partire dalla possibilità di vedere anche un ex premier italiano arrivare al ruolo. Paolo Gentiloni è una figura di establishment che calzerebbe bene con il ruolo, ma ha anche un incarico importante a Bruxelles. Più liberi in questo senso Matteo Renzi, che in passato ha più volte fatto capire di ambire alla posizione, o Mario Monti. Ma il leader di Italia Viva nutre delle speranze, anche di passare all'incasso per aver giocato un ruolo da protagonista nel passaggio tra Giuseppe Conte (mal visto da Biden per i suoi rapporti privilegiati con Trump) e Mario Draghi, figura rispettata sia da Barack Obama che dallo stesso Biden.