Se questa guerra in Medio Oriente è finita, preparatevi per un po' di politica interessante
Nel suo ultimo editoriale, Thomas Friedman analizza la mutazione identitaria di Israele dopo l’attacco del 7 ottobre, i calcoli strategici di Hamas e Hezbollah, e il rischio che Teheran e Gerusalemme si specchino l’uno nell’altro. Il commento
Il 7 ottobre ha fatto al Medio Oriente ciò che il '39 fece all’Europa
Thomas L. Friedman è l'editorialista di Foreign Affairs Opinion del New York Times. È entrato a far parte del giornale nel 1981 e ha vinto tre premi Pulitzer. È autore di sette libri, tra cui Da Beirut a Gerusalemme, che ha vinto il National Book Award. Quest'anno, il suo nome risulta tra i partecipanti della riunione annuale del Club Bilderberg, di cui si è occupato, con un grande successo editoriale, il giornalista investigativo spagnolo Daniel Estulin.
Egli ha dimostrato, dopo 15 anni di serrate ricerche, che da questa élite emergono, sin dal 1954, le figure chiave dello scacchiere internazionale, tra cui presidenti USA, direttori di Agenzie come CIA e FBI, vertici delle maggiori testate giornalistiche, e come da questi incontri nascano le linee guida della globalizzazione. Il Club Bilderberg (Arianna Editrice, Bologna, 2009) è stato tradotto in 50 lingue e diffuso in oltre 70 Paesi, divenendo un bestseller internazionale.
Il giornalista è a San Martino Buon Albergo, in provincia di Verona, per un convegno di oltre tre ore, su prenotazione, proprio questo fine settimana.
Friedman, di area Dem, ha scritto sul NYT che si augura che questo cessate il fuoco tra Iran e Israele regga e venga esteso a Gaza, prima di tutto per vedere la fine di tutti i massacri. E, in secondo luogo, perché "questa guerra innescherà, in seguito, dibattiti estremamente necessari in Iran, Israele e nella comunità palestinese".
Poi continua, sprezzante: "tra i palestinesi di Gaza, la domanda posta ai loro leader di Hamas sarà: A cosa diavolo stavate pensando il 7 ottobre 2023? Avete iniziato una guerra con Israele, un nemico militare di gran lunga superiore, che ha portato gli ebrei a vendicarsi, senza altro fine che la distruzione. Avete sacrificato decine di migliaia di case e vite per conquistare le simpatie della prossima generazione di giovani globali su TikTok, ma ora non c'è Gaza".
Ma la dice tutta anche sul fronte opposto: "Tra gli israeliani, la domanda che verrà posta al governo radicale religioso-nazionalista di Israele dagli elementi in gran parte laici di quella società – piloti dell'aeronautica, cyberguerrieri, tecnologi, scienziati, progettisti di armi e agenti del Mossad, le persone che hanno effettivamente sconfitto Hamas, Hezbollah e l’Iran – è questa: Dove pensate di portarci? [...] Non c'è modo".
"E tra gli iraniani, la domanda che sicuramente verrà posta ai loro leader clericali e alle corrotte Guardie Rivoluzionarie: Avete speso miliardi di dollari cercando di costruire una bomba nucleare per minacciare Israele e controllare a distanza Libano, Siria, Iraq e Yemen. Ma voi avete portato la guerra nel nostro paese [...] Voi eravate tigri di carta, che sapevano solo usare la tecnologia per reprimere il nostro popolo. [...] La nostra grande civiltà persiana è indigente, distrutta e molto indietro rispetto al resto del mondo".
Interessante, l'osservazione di Friedman: "non abbiamo mai avuto una guerra come questa nella regione. Cioè, una guerra in cui Hamas, Hezbollah, Iran e Israele sono tutti guidati da nazionalisti religiosi, che pensano che Dio sia dalla loro parte. Una guerra in cui Israele ha reso Gaza inabitabile, dopo essere stato umiliato da Hamas, che ha ucciso più ebrei in un solo giorno che in qualsiasi altro giorno, dall’Olocausto. [...] Una guerra che ha visto le principali strutture nucleari iraniane bombardate da un presidente degli Stati Uniti, qualcosa che i mullah iraniani non avrebbero mai pensato potesse accadere".
Il 3 volte premio Pulitzer è convinto che ci saranno dei grandi dibattiti interni, se le guerre si fermeranno davvero.
Per i movimenti autocratici come Hamas o per paesi come l’Iran, la storia ci insegna che il cambio di regime guidato dall'interno avviene solo dopo che la guerra è finita – e senza interventi stranieri, ha detto il sondaggista e politologo Craig Charney. Deve avvenire in modo organico, attraverso un cambiamento nel rapporto tra i leader e coloro che stanno guidando.
"In Serbia nel 2000, il presidente nazionalista Slobodan Milosevic cadde dopo aver perso le guerre in Bosnia e Kosovo quando cercò di rubare le elezioni successive", ha detto Charney. "La sconfitta dell’Iraq nella prima guerra del Golfo ha portato a una massiccia rivolta contro Saddam Hussein [...]. Quando la giunta militare argentina perse la guerra delle Falkland del 1982, dovette consentire il ritorno della democrazia. E dopo l’armistizio che segnò la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, arrivò la rivoluzione di novembre che rovesciò il kaiser. Gli uomini forti non sembrano così forti quando sono perdenti".
I pochi sondaggi che abbiamo da Gaza – ha aggiunto Charney – suggeriscono una reazione contro Hamas per la catastrofe che la gente ha vissuto. Non ci sono ancora sondaggi dall’Iran, ma le chiacchiere sui social media sono state favorevoli quando sono iniziate con attacchi contro figure impopolari del regime, per poi diventare un raduno intorno alla bandiera con l’aumento delle vittime civili, ha detto Charney. Ora vediamo cosa succede se il cessate il fuoco regge.
L’élite laica istruita dell’Iran – parte di una ricca eredità di civiltà persiana – spera che questa guerra spianerà la strada a Teheran. Ma una teocrazia in stile iraniano è esattamente ciò che i guerrieri, i piloti, gli scienziati e gli esperti informatici di Israele vogliono evitare, se ci saranno presto nuove elezioni e la coalizione del primo ministro Benjamin Netanyahu cercherà di cavalcare questa guerra verso la vittoria.
Ari Shavit, uno scrittore israeliano, ha fatto presente a Friedman che "il settore della società israeliana che ha fatto di più per vincere la guerra contro l’Iran è stato esattamente lo stesso settore che per otto mesi è sceso in piazza ogni sabato sera per impedire al governo di estrema destra di Netanyahu di distruggere la democrazia liberale di Israele".
Nel 1970, ha osservato Shavit, lo storico israeliano Shabtai Teveth scrisse un famoso libro: La benedizione maledetta: la storia dell’occupazione israeliana della Cisgiordania. Fondamentalmente sosteneva che la conseguenza non intenzionale della guerra del 1967 era stata quella di sbloccare le forze messianiche nella società israeliana. [...] Ed eccolo qui ora – ancora nelle mani di Israele 58 anni dopo – con un’occupazione che prosciuga l’anima e che erode la democrazia.
E se, come per le conseguenze non intenzionali del 1967, Shavit ha concluso, "guarderemo indietro tra 20 anni e vedremo che questa guerra ha reso Israele più simile all’Iran di oggi e ha reso l’Iran più simile all’Israele che era prima? Perché gli estremisti in Israele sono stati in grado di prendere la vittoria ottenuta da Israele liberale, democratico, scientifico e illuminato e trasformare questa nazione in un luogo oscuro".
In sintesi, questa guerra regionale per gli attori del Medio Oriente è stata l’equivalente della seconda guerra mondiale per l’Europa: scuote completamente lo status quo e apre la strada a qualcosa di nuovo.