Siria verso un governo islamista? Il ruolo dei Fratelli Musulmani e l’ombra di Al-Qaida. L'analisi
Un’analisi della transizione siriana: dalle speranze iniziali alle tensioni settarie e ai nuovi equilibri di potere
Il futuro politico della Siria tra Fratelli Musulmani e Al-Qaida: scenari islamisti a confronto. L'analisi di una transizione complessa e dei nuovi equilibri regionali
I primi giorni della transizione politica in Siria hanno dato l’illusione di un processo "fluido", segnato da scene di festa di milioni di siriani, sia all’interno che all’esterno del Paese, per la caduta del regime di Bashar al-Assad. Ma la situazione è rapidamente degenerata in una spirale di violenze settarie e instabilità, culminata con i massacri avvenuti lo scorso marzo nella regione costiera, dove esecuzioni di massa hanno colpito la comunità alawita.
Anche le potenze straniere, in particolare gli Stati Uniti e i Paesi europei, avevano espresso un cauto ottimismo all’idea che gli islamisti potessero accedere al potere a Damasco. I leader di Hayat Tahrir al-Cham, in particolare Ahmad al-Shar’a, avevano lanciato una campagna di comunicazione per riabilitare la propria immagine e convincere la comunità internazionale del loro rispetto dei diritti delle donne e delle minoranze religiose ed etniche. Una donna era persino stata nominata alla guida della Banca centrale siriana, prima di essere recentemente rimossa dall’incarico, e vi erano stati contatti con popolazioni cristiane, curde e alawite.
L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (OSDH) afferma di aver documentato la morte di 2.161 civili alawiti, giustiziati o sommariamente abbattuti nelle città e nei villaggi costieri lo scorso marzo. Oltre 30.000 persone sono state sfollate a seguito di questi massacri, fuggendo verso nord e attraversando il fiume Nahr al-Kabir in direzione del Libano. In un’intervista a CNN, Firas Maksad, direttore della comunicazione strategica e ricercatore presso il Middle East Institute, spiega che "Hayat Tahrir al-Cham faceva parte integrante di Al-Qaida prima di cambiare nome e cercare di prendere le distanze dal proprio passato". Tuttavia, Al-Qaida è uno dei gruppi che traggono origine ideologica dal movimento dei Fratelli Musulmani.
Il dipartimento studi sull’islam politico del centro di ricerca "Trends" sottolinea come i legami ideologici tra i Fratelli e i gruppi islamisti radicali siano ben documentati. La dottrina dell’uso della violenza per instaurare uno Stato islamico transnazionale, che nega i confini, ha alimentato una competizione sanguinosa tra gruppi terroristici. Il centro evidenzia che non esistono differenze significative tra i Fratelli Musulmani e gli altri movimenti salafiti jihadisti: tutti mirano al rovesciamento dei regimi esistenti. I Fratelli rappresentano addirittura, secondo il centro, la matrice ideologica da cui sono nati molti fondatori di Al-Qaida.
Nonostante alcune divergenze tattiche, i punti in comune tra le due strutture superano le differenze, soprattutto per la comune ispirazione all’ideologia del pensatore dei Fratelli Musulmani Sayyid Qutb. Una convergenza che preoccupa gli osservatori, proprio mentre le cancellerie occidentali stanno riallacciando progressivamente i rapporti con i nuovi dirigenti siriani.
Le iniziative europee per un progressivo alleggerimento delle sanzioni imposte alla Siria, avviate dallo scorso gennaio, avevano raggiunto il culmine con annunci congiunti dei ministri degli Esteri del G7 e poi del G20. Ma questo rinnovato ottimismo è stato rapidamente messo in discussione dagli eventi nella regione costiera. Berlino ha chiesto al governo di al-Shar’a di fermare le violenze e indagare sulle violazioni recenti. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha contattato il suo omologo siriano per chiedere conto dei responsabili delle atrocità.
Poco dopo, una denuncia giudiziaria senza precedenti è stata presentata in Francia, secondo l’OSDH, dall’avvocato Pedro Androjar per conto del collettivo franco-alawita, contro Ahmad al-Shar’a e diversi suoi ministri, per genocidio, pulizia etnica e crimini contro l’umanità. Il dossier si basa su un rapporto dettagliato che descrive una campagna sistematica di persecuzione contro la comunità alawita, orchestrata dal governo di al-Shar’a e dalle sue fazioni jihadiste alleate.
Questa denuncia potrebbe spiegare la disillusione francese, giunta dopo una telefonata del presidente Emmanuel Macron ad Ahmad al-Shar’a – la prima da parte di un leader dell’UE – per discutere della lotta al terrorismo, come rivelato da Le Monde. Più sorprendente ancora: Politico ha indicato che la Francia potrebbe essere il primo Paese occidentale ad accogliere ufficialmente al-Shar’a, su invito. Sebbene questa informazione sia trapelata da Damasco, riflette un cambiamento di atteggiamento nei confronti del nuovo potere siriano.
Questa posizione pragmatica si traduce in un’apertura verso gli islamisti siriani, nonostante il loro apparente distacco dal movimento madre dei Fratelli Musulmani – un paradosso, considerando che Parigi ha avviato nel 2024 un’indagine ufficiale su questa stessa confraternita.
L’inchiesta francese sui Fratelli Musulmani, salutata dalla senatrice Nathalie Goulet come una svolta significativa, si inserisce in una crescente consapevolezza delle minacce ideologiche contrarie ai valori repubblicani. La Francia ha recentemente rafforzato il proprio arsenale giuridico: espulsione dei predicatori d’odio, divieto dell’abaya nelle scuole da parte del Ministero dell’Istruzione. Misure che riflettono una vigilanza crescente contro la penetrazione dei discorsi islamisti.
In un’analisi pubblicata lo scorso anno dal centro Trends, Nathalie Goulet insiste sulla necessità di contrastare l’ideologia da tempo. Denuncia la cecità governativa, e cita esempi concreti come l’influenza sulle liste elettorali o il dibattito attorno ai certificati di verginità per illustrare l’infiltrazione ideologica dei Fratelli Musulmani nella società francese.
Nonostante le condizioni occidentali per revocare le sanzioni, in particolare la protezione delle minoranze, diversi Paesi europei hanno allentato la vigilanza, malgrado le violenze contro gli alawiti. Alcuni analisti denunciano un’ipocrisia dei governi occidentali nella gestione del dossier islamista: da un lato, sostegno finanziario indiretto; dall’altro, sorveglianza poliziesca intensificata.
Queste rivelazioni inquietanti hanno coinciso con un’inchiesta de Le Figaro sulle organizzazioni islamiste, finanziate direttamente o indirettamente con fondi europei. In conclusione, l’Institute for the Study of War ricorda che i salafiti jihadisti fanno uso della violenza per imporre la loro visione del mondo, la stessa che sembra oggi governare la Siria.