Ucraina: finalmente spiragli di pace, ma la strada é ancora lunga

Bertoldi (Milton Friedman Institute): "È già chiaro che la NATO non sarà parte di questo sistema, come richiesto da Mosca, ma appare probabile il coinvolgimento di alcuni Paesi europei con il coordinamento americano"

di Redazione
Esteri

Ucraina: si aprono nuovi spiragli di pace, ma il percorso resta incerto

Dopo mesi di tensioni e di scontri incessanti, il confronto fra le parti in causa apre per la prima volta uno spazio reale al dialogo e alla diplomazia. Nonostante i combattimenti continuino, l’avvio di un tavolo negoziale rappresenta un segnale incoraggiante, anche se il cammino verso una pace duratura si preannuncia lungo e complesso.

L’elemento più importante emerso negli ultimi giorni non è tanto un singolo risultato concreto, quanto l’avvio di un vero e proprio tavolo negoziale per porre fine al conflitto che da troppo tempo insanguina l’Europa orientale. L’elemento più negativo: cessate il fuoco o no, la Russia si comporta militarmente sul campo come nessuna trattativa sia iniziata e l’offensiva prosegue come prima. Però per la prima volta non si parla soltanto di dichiarazioni di principio o di contatti indiretti, ma di una struttura diplomatica concreta volta a 'perseguire la pace', come recitava il titolo dell’incontro tra i presidenti Donald Trump e Vladimir Putin. Il merito principale di questo passo avanti va riconosciuto da un lato alla perseveranza del Presidente Trump, che ha imposto con determinazione la linea del negoziato, dall’altro alla disponibilità del Presidente Putin, che ha dimostrato di fidarsi maggiormente di questo interlocutore rispetto ai suoi predecessori. La fiducia personale tra leader spesso è la condizione necessaria perché un dialogo produca risultati reali", ha dichiarato Alessandro Bertoldi, Direttore esecutivo dell’Istituto Milton Friedman Institute.

Bertoldi ha aggiunto: "Da questo avvio di dialogo emergono diversi elementi positivi: la disponibilità delle parti a un tavolo negoziale diretto tra Russia e Ucraina, la disponibilità della Russia ad accettare garanzie di sicurezza per Kiev con il coinvolgimento di Stati Uniti ed Europa, e l’apertura dell’Ucraina a discutere, almeno in linea di principio, la questione dei territori contesi. Tuttavia resta incerto a che livello di dettaglio la trattativa sia già arrivata, soprattutto riguardo alla definizione dei confini e al futuro delle regioni russofone. È proprio questo il nodo cruciale che rischia di bloccare o far fallire tutto il processo".

"Nessuno dei leader coinvolti può dirsi pienamente soddisfatto e forse proprio questo equilibrio precario di interessi e frustrazioni costituisce la base per una trattativa autentica. Per Trump la soddisfazione è quella di potersi presentare come il fautore della pace, ma il rischio di un fallimento lo esporrebbe a un grave contraccolpo politico. Per Putin il ritorno a un ruolo centrale nello scenario internazionale e la ricostruzione di un rapporto positivo con Washington sono risultati significativi, ma il prezzo potrebbe essere l’accettazione di condizioni difficili da digerire. Per Zelensky il riconoscimento del diritto dell’Ucraina alla sicurezza è un successo diplomatico importante, ma l’eventuale cessione di territori rischia di minare il suo consenso interno, soprattutto tra i nazionalisti e i combattenti. Sullo sfondo rimane poi il rischio più grande: il fallimento globale del negoziato, che non solo vanificherebbe i progressi compiuti, ma potrebbe innescare una nuova escalation militare, ancor più violenta e potenzialmente estesa ad altri Paesi", ha continuato Bertoldi.

"In questo contesto le dichiarazioni di Putin sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina appaiono come un segnale incoraggiante. Esse mostrano la volontà di trovare un terreno comune e riconoscono implicitamente che nessuna pace potrà reggere senza la sicurezza di Kiev. È già chiaro che la NATO non sarà parte di questo sistema, come richiesto da Mosca, ma appare probabile il coinvolgimento di alcuni Paesi europei con il coordinamento americano, un compromesso che sembra realistico e percorribile. La vera frattura rimane invece quella territoriale. La Crimea, di fatto russa da oltre dieci anni, appare ormai destinata a restare sotto Mosca ed è probabile che il riconoscimento internazionale arrivi. Ben più complessa è invece la situazione delle regioni di Donetsk e Lugansk e delle altre aree russofone, dove la Russia potrebbe avere interesse a prolungare le trattative per consolidare i propri vantaggi militari, mentre Kiev non può accettare cessioni senza rischiare una rottura interna profonda. Per Zelensky la prospettiva di perdere il sostegno di una parte significativa del Paese è concreta e gravosa", ha chiosato Bertoldi.

Bertoldi ha concluso: "Il negoziato aperto in questi giorni rappresenta dunque una speranza concreta, ma fragile. Le posizioni di partenza restano distanti e il percorso verso la pace sarà lungo e accidentato. Tuttavia l’alternativa sarebbe soltanto il ritorno a una guerra ancora più devastante, capace di destabilizzare definitivamente l’intero continente. Il mio auspicio è che si riesca a raggiungere il miglior compromesso possibile per entrambe le parti, affinché cessino le sofferenze e si apra la strada a una pace vera, fondata non soltanto sul silenzio delle armi ma su una riconciliazione autentica tra popoli storicamente fratelli. La ripresa dei rapporti economici globali e il libero commercio tra Russia, Ucraina, Europa e Stati Uniti rappresentano la garanzia più solida per una pace duratura, perché laddove le nazioni collaborano e commerciano difficilmente si combattono".

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