Ucraina, l'ambasciatore Massolo: "Trump vuole la pace, ma il come non gli interessa. Con il suo piano, Kiev profondamente indebolita"
Intervista all’ambasciatore e Presidente di Mundys, Giampiero Massolo
Vladimir Putin e Donald Trump
“Il piano in 28 punti per l’Ucraina? Trump vuole chiudere la guerra a tutti i costi”, parla l’esperto
Se da un lato il Cremlino dichiara di essere “pronto ai negoziati”, dall’altro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non esita a respingere il piano segreto elaborato da Trump e Putin. Una decisione scontata? Probabilmente fin troppo. Rimangono incerti gli scenari che potrebbero aprirsi a breve: la pace è sempre più lontana o il contesto internazionale potrebbe riservare svolte inattese? A fare chiarezza è l'ambasciatore e presidente di Mundys Giampiero Massolo, che ad Affaritaliani ha offerto una lettura chiara degli equilibri attuali e degli sviluppi più probabili nel breve periodo.
Ambasciatore, la Russia sostiene che per la prima volta “la sua posizione è stata davvero ascoltata”. Se questo fosse vero, significa che gli equilibri della sicurezza europea stanno cambiando? L’Europa rischia di ritrovarsi spettatrice in un negoziato dominato da Washington e Mosca?
“Trump ha un obiettivo, e lo ha sempre ribadito anche in campagna elettorale: vuole arrivare a un cessate il fuoco, e il modo in cui ci arriva — così come le conseguenze — gli interessano molto meno.
Il secondo elemento riguarda la visione che Trump ha della politica estera: per lui esiste un ristretto gruppo di grandi potenze — Stati Uniti, Cina e, in modo diverso, la Russia, che si regge soprattutto sul suo arsenale nucleare e quindi sulla capacità di ricatto. Nei fatti, Trump tende a non spingersi mai fino in fondo contro questi attori.
Questo comporta che, al livello immediatamente sotto — cioè quello dei Paesi medi e dell’Unione Europea — le guerre non finiscono, le contrapposizioni durano, e non si può parlare di pace, ma solo di tregue più o meno temporanee e di equilibri che cambiano nel tempo. Con questo quadro se il documento fosse effettivamente frutto di un’intesa tra Washington e Mosca risulterebbe inevitabilmente sbilanciato a sfavore dell’Ucraina.
Da un lato indebolirebbe Kiev, costringendola a limitare il proprio esercito e a rinunciare agli armamenti più efficaci per la deterrenza verso Mosca, con un confine troppo lungo per essere difeso. L’Ucraina diventerebbe un Paese facilmente influenzabile. Dall’altro lato, nel piano c’è molta vaghezza sulle garanzie che gli Stati Uniti sarebbero disposti a offrire per mettere Kiev in sicurezza.
Dunque, un piano di questo tipo non potrebbe avere il consenso degli ucraini, che ne uscirebbero profondamente indeboliti: dovrebbero cedere territori che ancora controllano, che Mosca non è riuscita a conquistare, e resterebbero senza garanzie chiare. Non sorprende che l’abbiano rifiutato, così come non sorprende che gli europei lo considerino troppo sbilanciato: scaricherebbe su di loro le conseguenze di un accordo negoziato dal loro principale alleato in favore di un’altra grande potenza".
Si dice spesso che senza l’Europa non ci può essere una “pace giusta” a Kiev, ma allo stesso tempo l’Ue da sola non ha la capacità economica e militare per sostenere l’Ucraina. Come pensa che Bruxelles reagirà nei confronti degli Stati Uniti? Quali scenari si possono aprire?
“L’Europa da sola non è in grado di farsi carico dell’Ucraina e ha solo una capacità limitata di deterrenza verso la Russia. Ha bisogno degli Stati Uniti. E oggi non ha molto potere contrattuale con Washington. Può però fare due cose: dimostrare di essere disposta ad assumersi responsabilità crescenti e contribuire in modo decisivo a fornire a Kiev gli armamenti necessari — sia a livello bilaterale, da parte dei singoli Paesi, sia aderendo al programma Purl, con cui gli europei acquistano armi americane da destinare agli ucraini.
Questi strumenti permetterebbero di continuare a fare pressione sugli Stati Uniti affinché non abbandonino lo scenario europeo, aiuterebbero a mitigare gli aspetti più controversi del piano e, soprattutto, metterebbero l’Ucraina nelle condizioni di difendere quel confine che è anche il confine della sicurezza degli europei".
Il presidente Trump sembra voler accelerare le trattative, forse per presentarsi entro Natale come il “pacificatore” delle crisi di Gaza e dell’Ucraina. Dal suo punto di vista, può davvero funzionare un piano modellato su quello di Gaza applicato al conflitto ucraino?
“È una situazione completamente diversa. A Gaza c’era un interesse comune — di Trump, dei Paesi arabi moderati, entro certi limiti di Hamas, e di Israele — a raggiungere un cessate il fuoco, per poi occuparsi della governance e della ricostruzione, che non sono problemi semplici. Ma esisteva una forte cointeressenza nel fermare temporaneamente il conflitto. In Ucraina no. Qui c’è una potenza, la Russia, che vuole proseguire sul terreno quanto più possibile e ritiene che il tempo giochi a suo favore: pensa che gli ucraini prima o poi cederanno, che gli europei non saranno più in grado di aiutarli e si divideranno, e che fra Europa e Stati Uniti emergeranno contrasti.
E soprattutto qui c’è un aggressore che non vuole sedersi a un tavolo se non alle sue condizioni. Quindi, mentre la dinamica in Medio Oriente è — fino a un certo punto — in evoluzione, quella in Ucraina mi sembra invece in involuzione".