Cambiamenti climatici, Onu: "Crisi da codice rosso: umanità a rischio"

L'allarme dell'Ipcc: "Il peggio deve ancora venire, a pagarne il prezzo i nostri figli e nipoti". Ai governi: "Non c'è più tempo, è ora di agire"

(foto Lapresse)
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Temperature in crescita, condizioni metereologiche sempre più estreme, estati artiche presto senza ghiaccio, innalzamento dei livello dei mari, tempo che inizia a scarseggiare, elevata responsabilità nelle mani dell'uomo: sono questi i punti chiave del primo volume del sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc, il gruppo Intergovernativo sui cambiamenti climatici, che verrà messo sul tavolo dell'appuntamento internazionale più atteso dell'anno: la Cop26 in programma a Glasgow il prossimo autunno. 

"Il peggio deve ancora venire e a pagarne il prezzo saranno i nostri figli e nipoti, più che noi stessi ed è inequivocabile che sia stata l'influenza dell'uomo a causare il riscaldamento dell'atmosfera, dell'oceano e della Terra", si legge nell'incipit del report. Un linguaggio crudo e diretto che non lascia a spazio a dubbi: l'uomo è parte integrante, nonchè uno dei principali responsabili, della grande crisi del secolo.

"Il linguaggio utilizzato in questa frase non denota incertezza poiché non c'è incertezza sul fatto che il riscaldamento globale sia causato dall'attività dell'uomo e dalla combustione di combustibili fossili", ha sottolineato Friederike Otto, co-autore dell'Ipcc ed esperto di climatologia presso l'Università di Oxford.

In particolare, si legge nel comunicato, il dossier descrive possibili scenari futuri a seconda dell'entità della riduzione delle emissioni in tutto il mondo. Ma anche nel caso dei tagli più drastici delle emissioni è improbabile che si riesca a prevenire il riscaldamento globale di 1,5 gradi centigradi rispetto alle temperature dell'era pre-industriale. Tuttavia, in mancanza di tagli immediati alle emissioni, le temperature medie potrebbero aumentare di oltre i 2°C entro la fine del secolo. Gli scienziati hanno inoltre esaminato gli eventi considerati meno probabili ma possibili, e hanno affermato di non poter escludere impatti significativi derivanti dal superamento dei cosiddetti "punti di non ritorno", come a esempio lo scioglimento del ghiacci in Artide. 

Su questa scia, le condizioni meteorologiche estreme, una volta considerate rare o senza precedenti, stanno diventando più comuni: una tendenza che proseguirà anche se il pianeta dovesse riuscire a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi. Le forti ondate di calore che si verificavano solamente una volta ogni 50 anni ora si presentano all'incirca una volta ogni decennio. I cicloni tropicali stanno acquistando potenza. La maggior parte delle aree terrestri rileva un aumento dei volumi di pioggia e neve in un anno.Episodi gravi di siccità si verificano con una frequenza di 1,7 volte maggiore.

E le stagioni degli incendi diventano più lunghe e intense. I progressi scientifici dell'ultimo decennio stanno anche aiutando gli scienziati a rilevare se il cambiamento climatico abbia provocato o peggiorato specifici eventi meteorologici.In passato si sarebbe affermato "che non è possibile effettuare valutazioni in merito a ogni singolo evento", ha detto Michael Wehner, co-autore dell'Ipcc e scienziato del clima presso il Lawrence Berkeley National Laboratory della California. "Ma ora possiamo effettivamente fare bilanci quantitativi in merito agli eventi meteorologici estremi".

Inoltre, le estati artiche potrebbero presto essere senza ghiaccio: quello marino estivo che sovrasta il Mar Glaciale Artico scomparirà del tutto almeno una volta entro il 2050, secondo lo scenario più ottimistico tracciato dall'Ipcc. La regione è l'area del pianeta che si sta riscaldando più velocemente: almeno due volte la media globale. Se i livelli di ghiaccio marino artico variano durante l'anno, le minime medie durante l'estate continuano a scendere dagli anni '70 e sono ora ai livelli più bassi degli ultimi mille anni. Questo scioglimento crea un circolo vizioso con il ritiro dei ghiaccio che lascia il posto all'acqua, la cui superficie più scura assorbe le radiazioni solari, provocando un ulteriore riscaldamento.

A ciò si aggiunge il livello del mare: continuerà sicuramente a salire per centinaia o migliaia di anni. Anche se il riscaldamento globale si fermasse a 1,5 gradi centigradi, il livello medio del mare salirebbe comunque di circa 2 o 3 metri e forse oltre.L'aumento del livello del mare sta accelerando a causa dello scioglimento del ghiaccio ai poli e l'espansione degli oceani.

Dagli anni '60 le inondazioni legate al fenomeno sono quasi raddoppiate in molte aree costiere, con inondazioni sulle coste che si verificavano una volta ogni secolo che entro il 2100 raggiungeranno la frequenza di una volta l'anno.Gli scienziati non possono escludere aumenti estremi del livello del mare superiori ai 15 metri entro il 2300 nel caso in cui i punti di non ritorno dovessero innescare un riscaldamento incontrollato. "Più mettiamo sotto pressione il sistema climatico, maggiori sono le probabilità di superare soglie che possiamo limitarci solamente a proiettare in maniera approssimativa", ha detto Bob Kopp, co-autore dell'Ipcc ed esperto di climatologia presso la Rutgers University.

Infine, raggiungere l'obiettivo stabilito dall'accordo di Parigi per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi richiederà di attenersi a un "budget di carbonio", un termine che descrive quanto carbonio aggiuntivo può essere rilasciato nell'atmosfera prima che l'obiettivo possa risultare fuori portata. Il mondo è ora sulla buona strada per esaurire tale budget in circa un decennio. Con 2.400 miliardi di tonnellate di anidride carbonica rilasciate nell'atmosfera da metà '800, la temperatura media globale è aumentata di 1,1 gradi centigradi: le cifre mostrano che è possibile emetterne altri 400 miliardi prima che il budget venga esaurito. Le emissioni globali ammontano attualmente a poco più di 40 miliardi di tonnellate l'anno.