Intervista a Fabio Genovesi: "Vi racconto il mio calamaro gigante"

L’autore Premio Strega Giovani 2015 è stato ospite a Senigallia, dove ha presentato il nuovo libro “Il calamaro gigante”

di Chiara Giacobelli
Libri & Editori
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Più che una presentazione è stata una chiacchierata informale, molto divertente, a tratti surreale e libera di toccare gli argomenti più vari. Perché con Fabio Genovesi è così: sai sempre da che domanda parti, ma non sai mai in quali lidi andrai ad approdare, tra una risata e una riflessione seria. 

È successo anche durante l’incontro con il pubblico che si è tenuto venerdì sera a Senigallia nel bell’Auditorium di San Rocco, ultimo evento organizzato dalla Libreria Sapere Ubik in collaborazione con l’amministrazione comunale per questa estate 2021.

Lo scrittore toscano ha presentato il suo ultimo libro Il calamaro gigante (Feltrinelli Editore), una raccolta di storie “incredibili” – parola che Fabio ripete spesso durante i suoi racconti – eppure reali, ognuna delle quali ci parla di mare, di donne e uomini coraggiosi, di un enorme animale con lunghi tentacoli avvistato in luoghi impensabili; soprattutto, quest’opera costituisce un inno alla forza di credere, che sia in un sogno, in un pesce straordinario o nella possibilità di cambiare la nostra vita, se ci accorgiamo che non ci piace. 

In occasione della presentazione a Senigallia Fabio Genovesi ha concesso un’intervista ad Affaritaliani.it

Fabio, questo libro si differenzia da tutti i tuoi romanzi precedenti, ma allo stesso tempo ne costituisce la sintesi astratta. Lo hai definito “la festa delle storie”, in che senso?

“Ci hanno sempre insegnato la Storia con la S maiuscola, quella dei potenti e dei vincitori, mentre per me a vincere davvero sono le storie di ognuno di noi; siamo noi stessi figli delle storie e Il calamaro gigante è un atto d’amore nei loro confronti. Per secoli, quando si parlava di questo immenso animale gli scienziati rispondevano: sono solo storie; ma poi si è scoperto che questa creatura esiste davvero. Ecco, allora, che quel solo perde tutto il suo valore, mentre le storie ne assumono uno totalmente nuovo. 
In particolare, mi interessa raccontare le personali comuni, quelle che non hanno magari compiuto gesta eroiche secondo gli standard della società, ma combattono ogni giorno per qualcosa in cui credono, soffrono, sbagliano, cadono e si rialzano, magari trovando la meraviglia e la felicità nell’ordinario. Sono questi i personaggi con cui ci immedesimiamo più facilmente, perché ci assomigliano e in fondo ognuno di noi ha una storia degna di essere raccontata”.


 

Quando scrivi le tue storie, ti ispiri alla realtà o lavori molto di fantasia?

“Nel caso specifico de Il calamaro gigante le storie che narro sono tutte vere e frutto di un’accurata ricerca: dalla nave Alecton del capitano Bouyer a don Francesco Negri da Ravenna, dalla paleontologa britannica Mary Anning al vescovo di Bergen Erik Pontoppidan e così via. Di solito, invece, per i miei romanzi mi lascio ispirare da ciò che vedo intorno a me: una situazione, una persona che incontro, un fatto o alcuni dettagli. Quella, però, è solo la partenza, per poi lasciar andare la fantasia e far sì che le idee scorrano libere. Il mio punto di riferimento resta comunque sempre la realtà ed è per questo che uno scrittore deve immergersi in essa il più possibile, ad ogni livello”. 


 

Il mare è sempre presente nei tuoi libri, come pure nella tua vita. È una passione che ti porti dietro sin da bambino?

 “Fa parte di me, essendo vissuto a Forte dei Marmi, dove d’inverno è malinconico e al contempo magico restare soli con il mare. Nel corso degli anni ho imparato che per conoscerlo veramente bisogna guardarci sotto, poiché è nei fondali, lontano dalla superficie, che vivono le creature più strane, impensabili, come appunto il calamaro gigante. Durante il lockdown, entro i limiti del possibile facevo delle passeggiate in spiaggia in solitudine, instaurando un rapporto tra me e il mare sempre più totalizzante. È così che è nato quest’ultimo libro, un progetto diverso dai miei precedenti, a cominciare dalla struttura: una raccolta di racconti legati da un filo conduttore”. 


 

Come è cambiata la tua vita dopo il Premio Strega Giovani del 2015?

“Il premio mi ha permesso di raggiungere un pubblico molto più ampio e quindi di trovare soddisfazione non soltanto nel rapporto tra lettore e scrittore, ma anche durante gli incontri con adulti e ragazzi. Amo confrontarmi direttamente con le persone e mi fa piacere quando qualcuno consiglia un mio libro. Non ho invece risentito molto del classico blocco dello scrittore a fronte di aspettative sempre più alte, perché l’opera che esce dalle mie mani mi interessa ben più di me stesso. D’altra parte, come ci ha insegnato David Bowie bisogna sempre osare, raggiungere Il mare dove non si tocca (per citare un mio romanzo): soltanto così potremo metterci davvero in gioco, testare le nostre possibilità, provare a rendere concreti i sogni; e ricordiamoci che non è mai troppo tardi per farlo”.