Intervista a Stefania Auci: i Florio presentati a Senigallia

In occasione dell’uscita in libreria de “L’inverno dei Leoni” la scrittrice Stefania Auci è stata ospite a Senigallia

di Chiara Giacobelli
Libri & Editori
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Senigallia – Circa 700.000 copie vendute de I Leoni di Sicilia solo in Italia, fan da tutto il Paese, influencer impazzite per questa saga prettamente siciliana e un nuovo boom di acquisti grazie alla recente uscita de L’inverno dei Leoni, il tanto atteso seguito che conclude la saga dei Florio. Stefania Auci è una delle scrittrici più lette a livello nazionale e anche internazionale, autrice che il gruppo GEMS, nello specifico Editrice Nord, si tiene stretta e accompagna con affetto nel nuovo tour di presentazioni dal nord al sud della penisola.

Il 29 luglio ha fatto tappa a Senigallia, in una Piazza Garibaldi gremita e attenta, grazie alla collaborazione del Comune e della libreria Sapere Ubik: ad intervistarla proprio il libraio insieme allo scrittore Gianluca Antoni (edito da Salani), i quali le hanno posto moltissime domande a proposito del primo e del secondo volume, affascinati dalla trama, dal tratteggio dei personaggi, dal contesto storico accuratamente descritto e dalla sua incredibile capacità narrativa. Stefania, questo lo si può ben dire, è apparsa sempre modesta, per nulla esaltata dall’enorme successo che le è piovuto addosso: bella ed elegante, è il ritratto della tranquillità e della gentilezza, anche se si accende facilmente quando si parla di scuola, di formazione delle nuove generazioni, di salute e del ruolo degli insegnanti, tutti temi a lei molto cari.

Affaritaliani.it l’ha incontrata nel pomeriggio per un’intervista esclusiva al Raffaello Hotel. Ecco cosa ci ha raccontato, a proposito dei suoi libri e non solo.


 

Stefania partiamo proprio dai nostri amati Leoni. Come mai hai deciso di raccontare la storia della famiglia Florio?

Questa scelta è nata tenendo conto del contesto, quindi la Sicilia e il suo passato. Nonostante ci fossero molte famiglie degne di essere raccontate, quasi nessuna ha avuto questo tipo di parabola così netta, un rovescio di fortuna immediato e definitivo. Ho iniziato a lavorarci con serenità, poiché il mio rapporto con la scrittura è sempre stato caratterizzato da una tranquillità di fondo, anche dopo l’arrivo del successo, quando i lettori mettevano un po’ di pressione per l’uscita del seguito. C’è anche da dire che questi libri sono il risultato di dieci anni di gavetta, assolutamente fondamentale per me.

A tal proposito si nota un graduale miglioramento del risultato finale dalle origini ad oggi. Come sei riuscita a crescere così tanto? Qualche consiglio da dare agli aspiranti scrittori in tal senso?

Penso che l’editing fatto con persone competenti e specializzate sia davvero importante: è come se una pietra grezza venisse scolpita per diventare infine un’opera d’arte. A poco a poco si diventa sempre più padroni della tecnica, delle dinamiche dell’intreccio, del giusto ritmo: personalmente cerco di fare esperienza di ogni passaggio, di ogni collaborazione che possa aiutarmi a tirare fuori aspetti altrimenti impossibili da scorgere.


 

La saga dei Florio sembra confermare la famosa regola delle tre (talvolta quattro) generazioni: la parabola è fatta di chi costruisce, chi fa crescere e mantiene, ma poi inevitabilmente arriva chi distrugge. Come mai questa struttura sembra essere quasi sistemica?

Perché tutto dipende dalla capacità di adattarsi ai tempi: quando parti dal nulla è molto più semplice rispetto a quando sei consapevole di appartenere ad un nome già importante, che magari a sua volta pone le proprie resistenze al cambiamento. Lo trovo qualcosa di abbastanza naturale che fa parte delle regole dell’esistenza e ha toccato tantissime famiglie, come i Lehman o i Rothschild. Non dimentichiamoci inoltre dei cicli della storia, per cui talvolta l’ascesa coincide con un periodo di boom economico e il declino con una più generalizzata crisi dovuta a mutamenti di ampia portata, talvolta addirittura la nascita e la fine di un’epoca. Nel caso specifico dei Florio c’è da aggiungere che l’ultimo capo-famiglia era ancora troppo giovane e inesperto, mal consigliato, non abbastanza consapevole e lucido su come gestire l’impero ereditato all’improvviso alla morte del padre.

In che modo è cambiata la tua vita prima e dopo di questo immenso successo?

Non è cambiato il modo in cui mi approccio alla scrittura, ma sicuramente non mi è più possibile disporre del tutto del mio tempo, quindi ogni attimo diventa prezioso e non va sprecato, sia quando mi trovo a casa sia quando sono in promozione e il recupero delle forze fisiche è fondamentale. E poi, devo dire la verità, c’è stato un discreto aumento della mia collezione di borse! (ride).


 

In questo periodo il romanzo storico è tornato molto di moda: ne escono di continuo e c’è grande interesse da parte del pubblico. Come mai?

Sono semplici corsi e ricorsi o, se vogliamo, come hai detto tu, mode temporanee che vanno e vengono, per poi magari tornare fra qualche anno. C’è stato il periodo degli young adult, poi l’urban fantasy, ora è il momento del romanzo storico. Il problema, semmai, è la capacità di creare dei libri che siano effettivamente validi; inoltre, io non amo molto le categorizzazioni: mi piacerebbe che uno scrittore si sentisse libero di inventare senza sapere già in principio che in qualche modo la sua opera verrà inserita all’interno di un genere ben preciso, quando invece potrebbe essere molto di più. Gli schemi, a mio avviso, sono sempre riduttivi.

Tu arrivi da una lunga esperienza di insegnamento. Qual è il segreto per coinvolgere le giovani generazioni nella storia, nella letteratura e nella filosofia?

Credo che il problema non siano mai i ragazzi, ma in primis i docenti e il modo in cui trasmettono il loro sapere, in secondo luogo lo Stato, che non dà sufficiente valore alla figura dell’insegnante. Occorre far capire, vedere e sentire la bellezza di ciò che si sta raccontando in aula, perciò il professore deve essere il primo appassionato non soltanto delle vicende che sceglie di trattare, ma anche, più in generale, del proprio mestiere. Trovo totalmente sbagliate le riforme della didattica che vanno verso un’ulteriore semplificazione: non c’è bisogno di tagliare ancora programmi già spogli e basilari; al contrario, li si dovrebbe arricchire con testi anche contemporanei e auspicherei l’introduzione della filosofia sin dalle medie. Solo così potremo creare delle generazioni future in grado di sviluppare un pensiero critico e, di conseguenza, non manipolabili, come purtroppo al momento abbiamo modo di constatare tutti i giorni.

In conclusione, quali sono le tue letture?

I classici, penso che tutto parta da lì. Verga mi ha influenzata per lo stile ma non per le tematiche, mentre ho letto e apprezzato i grandi autori siciliani. Amo molto Pratolini, con la sua scrittura sporca e pesante; infine i romanzi inglesi dell’epoca vittoriana, o scrittori come Ian Rankin, che è tra i miei preferiti per la straordinaria capacità di descrivere gli ambienti e le situazioni.