La perdita dell’udito: fattore di rischio grave che porta alla demenza

I dati choc: una lieve perdita dell'udito raddoppia il rischio di demenza, perdita moderata rischio triplo, perdita grave 5 volte più probabile demenza

di Antonio Amorosi
Medicina
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Oltre 1,5 miliardi di persone nel mondo vivono con la perdita dell'udito. E non si curano. Ma questo è un fattore di rischio demenza (ne soffrono 44 milioni nel mondo)

In due report pubblicati sulla rivista The Lancet, “Dementia prevention, intervention, and care: 2020 report of the Lancet Commission (2020)” e “Prevention of dementia by targeting risk factors (2018) si spiega perché la perdita dell’udito sia uno dei fattori di rischio reali che può portare alla demenza. Soprattutto quest’ultimo studio ne segnala l’incidenza: la riduzione della capacità uditiva periferica e centrale possono causare “un maggior rischio di sviluppare la demenza”.

Secondo il report di The Lancet la perdita dell'udito rappresenta fino all'8% dei casi di demenza. Questo perché l'isolamento procurato dall'udito compromesso comporta una mancanza di interazione sociale ma anche un carico cognitivo aggiuntivo che va a pesare sulla memoria del soggetto.

Una questione totalmente sconosciuta alla massa.

Un altro studio, condotto dai medici della statunitense Johns Hopkins University nel Maryland ha rilevato che una lieve perdita dell'udito raddoppia il rischio di demenza. La perdita dell'udito moderata ne triplica il rischio e le persone con disabilità uditiva grave hanno cinque volte più probabilità di sviluppare la demenza.

Un dato davvero impressionante. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre 1,5 miliardi di persone nel mondo vivono con la perdita dell'udito, un numero che potrebbe salire a 2,5 miliardi entro il 2030.

Uno studio del 2019 afferma che la perdita dell'udito è un fattore di rischio per la demenza addirittura maggiore rispetto a depressione, esclusione sociale, diabete o fumo.

Il paradosso è che la mancanza di udito sarebbe in massima parte curabile se presa per tempo, cioè diagnosticando il problema prima possibile, con prevenzione e visite, e nel caso usando apparecchi acustici che permettano di riacquistare in tutto o in parte la funzionalità del senso. Le statistiche mostrano che sopra i 30 anni, un terzo delle persone soffrirà di qualche forma di perdita dell'udito. Ma quando i deficit uditivi vengono trattati con apparecchi acustici, la funzione cognitiva può essere potenziata fino al 50% in un solo anno.

La difficoltà è che gli anziani in larga parte rifiutano di ammettere il problema ed esiste una tendenza a non accettare gli apparecchi acustici, sia per motivi prettamente psicologici (non accettare di invecchiare, ecc...) sia perché gli apparecchi attualmente in commercio producono un rumore di fondo fastidioso che va regolato e sistemato. Il problema più grosso si presenta negli ambienti aperti o con tante persone: in questi casi il rumore di fondo prodotto dagli apparecchi è persistente e molto fastidioso.

Un esempio fra tutto è il caso di Hong Kong. Secondo le ultime statistiche disponibili (2013) vi sarebbero nella città-Stato circa 155.200 persone con problemi di udito (circa il 2% della popolazione). Ma solo il 5% dei non udenti indossa apparecchi acustici, “perché i dispositivi tradizionali sono scomodi, rumorosi o inaccessibili”, racconta il ricercatore Calvin Zhang che si è trovato ad affrontare il caso del nonno che alla perdita dell’udito aumentava sempre di più il volume del televisore senza intervenire sulla causa.

Con un interesse per l'audio sviluppato attraverso la predilezione per la musica, Zhang ha conseguito una laurea specializzandosi in elaborazione del segnale sonoro. Insieme al professor Richard So Hau-yue dell'Università di scienza e tecnologia di Hong Kong, che ha dedicato quasi 20 anni di lavoro alla tecnologia degli apparecchi acustici, ha trovare un modo per ridurre in maniera significativa il rumore negli apparecchi acustici.

Il nuovo dispositivo (si chiama Incus) fa sì che chi li indossi non sia più vittima del brusio di fondo dei vecchi modelli. L’apparecchio imita la capacità naturale del cervello umano di reprimere il rumore di fondo e affinare i suoni target, come il parlato o il suono della televisione, ricevendo vibrazioni da tradurre in suono. Potrebbe essere questa la strada del futuro per contenere i problemi audio e incidere anche su malattie come la demenza. In tutto il mondo più di 44 milioni di persone ne soffrono.