L'orrenda politica culturale, a Milano e non solo
Si riaccende il dibattito sui fondi al cinema. Commettendo il solito errore di volere la cultura schierata. Ma lo Stato dovrebbe solo occuparsi di fornire regole certe. Il commento
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L'orrenda politica culturale, a Milano e non solo
Per una volta oggi non parliamo solo di Milano ma anche di Milano. C'è una cosa assai fastidiosa che mi ronza per la testa da mesi: il fastidio per come viene impostato il discorso sui sostegni alla cultura in Italia. C'è un tema di fondo, che vale anche e soprattutto per Milano: la cultura deve essere sostenuta dallo Stato. Dallo Stato centrale in particolar modo. Avviene da sempre, e sempre avverrà per il semplice motivo che la "platea" di chi usufruisce e paga per il mondo culturale è ristretta e non basta. Non basta per il teatro, per la musica dal vivo che non sia pop o rock, non basta per i musei. Non basta. Punto.
A Milano si stima che per gli eventi "live" di cultura definita alta (non i concerti a San Siro, per intenderci, o i blockbuster al cinema) ci sia un pubblico che varia tra le 40mila e le 50mila persone. Pochissimo, se si pensa che con l'hinterland Milano ha oltre 2 milioni di abitanti. Ora, da questo ne scaturisce una prima scelta: finanziare o non finanziare la cultura. Scelta che deve per forza essere "finanziare", altrimenti delle orchestre milanesi ne rimarrebbe solo una, la Scala (che peraltro è quella che drena più soldi pubblici o parapubblici di tutte), dei teatri rimarrebbe solo il Piccolo (vale lo stesso discorso: prende più soldi pubblici o parapubblici di tutti), e via discorrendo.
Il cinema, la cultura schierata ed il ruolo dello Stato
In queste settimane si sta sviluppando tutto un discorso legato ai soldi copiosamente dati al cinema, in grande crisi perché semplicemente la gente in sala non ci va più. Se ne fa una narrazione ideologica: da una parte la sinistra accusa la destra di voler tagliare i soldi alla cultura. La destra accusa la sinistra di aver dato fondi a film che hanno fatto 20 spettatori in sala, e i cui registi e attori sono tutti fortemente schierati. Ma questo è il modo peggiore di trattare la cultura. Perché la si vuole schierata. Mentre bisognerebbe mettersi d'accordo su una cosa: ci può essere una politica culturale di una parte e dell'altra, ma ogni partito - come si faceva un tempo - se la può pagare da solo, formando i propri intellettuali. Viceversa lo Stato dovrebbe dare a tutti, in modo equanime. Come? Con regole certe che fino ad adesso non ci sono state proprio perché la politica ha voluto il controllo. Sia da destra, che da sinistra.
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