Milano, l’odio in vetrina: minacce alle forze dell’ordine nel cuore della città
Scritte violente in corso di Porta Romana diventano un manifesto di odio esplicito contro lo Stato
Scritte d'odio in Porta Romana
Milano, l’odio in vetrina: minacce alle forze dell’ordine nel cuore della città
A Milano, in Corso di Porta Romana, qualcuno ha deciso di spiegare come sta il Paese usando un muro.
Lo ha fatto con frasi semplici, rozze, definitive: “Fuoco alle carceri”, “+ sbirri deceduti”, “Per Natale appendi uno sbirro all’albero”. Non servono commenti. Bastano le virgolette.
C’è poi l’orgoglio di appartenenza: “Si sta in via Quaranta sui T-Max i maranza”. Come dire: siamo qui, ci riconosciamo, non ci vergogniamo. E infine l’agiografia: “Ramy vive”. Il martire, l’icona, l’alibi.
Non è protesta, è linguaggio di guerra contro lo Stato
Non è protesta. È linguaggio di guerra. Non è disagio sociale. È odio dichiarato. E soprattutto non è periferia: è centro città. Esposto. Rivendicato.
Un tempo si bruciavano le bandiere. Oggi si augura la morte agli uomini in divisa. Il progresso, si dirà. Intanto lo Stato viene ridotto a caricatura e chi lo rappresenta diventa bersaglio legittimo. Non di un’analisi politica, ma di una minaccia.
Il silenzio che preoccupa
La cosa più grave non sono le scritte. Quelle si cancellano. È l’idea che possano restare, anche solo per qualche ora, senza una parola netta di condanna. Perché quando l’odio diventa folklore urbano, vuol dire che qualcuno ha già smesso di indignarsi. E quando un Paese smette di indignarsi, di solito, ha già scelto da che parte stare.