Quando a finire sotto processo è chi ci difende

L’Associazione Vittime del Dovere ha presentato una proposta di legge per garantire l’assistenza legale integrale agli operatori delle Forze dell’Ordine e di sicurezza indagati per fatti di servizio

di Alessandro Pedrini
Milano

Quando a finire sotto processo è chi ci difende

L’Associazione Vittime del Dovere ha presentato una proposta di legge per garantire l’assistenza legale integrale agli operatori delle Forze dell’Ordine e di sicurezza indagati per fatti di servizio. Il caso dei due agenti di Taranto indagati dopo un intervento armato ha riacceso il dibattito sulla necessità di tutele concrete per chi rischia ogni giorno la vita per lo Stato. La proposta prevede il pagamento diretto delle spese legali da parte dello Stato e l’estensione delle garanzie anche ai familiari delle vittime.

L’iscrizione nel registro degli indagati dei due agenti della Squadra “Falchi” di Taranto, intervenuti per fermare i responsabili dell’uccisione del Brigadiere Capo dei Carabinieri Carlo Legrottaglie, ha scosso l’opinione pubblica e messo in luce una verità spesso ignorata: chi serve lo Stato non solo rischia la vita, ma può trovarsi anche a dover affrontare da solo il peso di un processo, con le relative conseguenze morali, giuridiche ed economiche.

È per porre fine a questa inaccettabile solitudine istituzionale che l’Associazione Vittime del Dovere lancia un appello forte e chiaro al Governo, al Parlamento e a tutte le forze politiche: approvare una proposta di legge che preveda l’assistenza legale integrale per tutti gli operatori della sicurezza, quando indagati o imputati per fatti connessi al servizio.

A chi si rivolge la proposta

La proposta si rivolge ai membri delle Forze dell’Ordine, Forze Armate, Vigili del Fuoco, Polizia Penitenziaria e Polizia Locale, in particolare in contesti ad alto rischio come operazioni di ordine pubblico, emergenze, interventi di soccorso e contrasto alla criminalità. Nasce da un principio tanto semplice quanto disatteso: chi mette a repentaglio la propria vita per tutelare la collettività deve essere tutelato dallo Stato.

Il testo normativo, redatto dall’Ufficio Legale dell’Associazione con la consulenza dell’avvocato penalista Sergio Bellotti, prevede che le spese legali siano interamente sostenute dallo Stato fin dall’apertura del procedimento. Niente anticipi da parte del dipendente, pagamento diretto al legale scelto dall’interessato e obbligo di restituzione delle somme solo in caso di condanna definitiva. Inoltre, le tutele verrebbero estese anche ai familiari del personale deceduto, con pieno coordinamento rispetto alla normativa vigente, inclusa la recente Legge 80/2025.

Dietro ogni uniforme c’è una persona che ogni giorno affronta pericoli reali. Quando la conseguenza del servizio è un processo – spesso per aver fatto semplicemente il proprio dovere – non può essere il silenzio dello Stato la risposta. Serve uno scudo giuridico tempestivo e concreto.

I fatti di Taranto

La sparatoria del 12 giugno scorso a Taranto, in cui gli agenti sono intervenuti per fermare una fuga armata che aveva già causato la morte di un carabiniere, ne è un tragico esempio. Ora quei poliziotti, eroi per molti, devono affrontare un’indagine per omicidio colposo. Nessuno mette in discussione l’operato della Magistratura, ma è legittimo chiedere che lo Stato fornisca assistenza immediata e adeguata a chi si è trovato a compiere scelte drammatiche per salvaguardare la collettività.

Attualmente esistono strumenti parziali – come l’art. 32 della Legge 152/1975 o l’art. 18 del DL 67/1997 – recentemente integrati dalla Legge n. 80 del 9 giugno 2025. Ma si tratta di misure frammentarie, con limiti economici e procedurali. Serve oggi una legge moderna, chiara e automatica, che offra tutele reali a chi opera in condizioni di rischio quotidiano.

Emanuela Piantadosi: "Confidiamo in una rapida approvazione in Parlamento"

«Confidiamo in una rapida presentazione e approvazione della proposta in Parlamento, come segno tangibile di attenzione verso tutti gli operatori in divisa e verso le Vittime del Dovere» dichiara la Presidente dell’Associazione, Dott.ssa Emanuela Piantadosi. E aggiunge: «È urgente ricevere un riscontro anche alla nostra missiva del 14 giugno indirizzata alla Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni, in cui chiediamo il completamento del processo di equiparazione tra le Vittime del Dovere e le vittime del terrorismo. Troppe famiglie oggi, già colpite da lutti o invalidità gravissime, sono costrette ad affrontare contenziosi per ottenere ciò che dovrebbe essere un diritto garantito».

Chi rischia la vita per la sicurezza degli altri non può rischiare anche l’abbandono da parte delle istituzioni. È tempo che lo Stato dimostri, con i fatti, di saper essere vicino a chi lo serve con coraggio, responsabilità e lealtà.

 

 

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