Sport Senza Frontiere: inclusione sociale ed educazione per il bene comune
Alessandro Tappa, presidente di Sport Senza Frontiere, racconta l'esperienza della sua onlus: Quando una famiglia sente di non essere sola, il cambiamento è possibile"
Alessandro Tappa, presidente di Sport Senza Frontiere
Lo sport come strumento educativo e inclusivo, capace di trasformare vite e creare comunità: è la missione di Sport Senza Frontiere, l’associazione fondata da Alessandro Tappa. In questa intervista ad Affaritaliani.it, il presidente ripercorre 15 anni di attività, dal primo nucleo di cinque bambini alla rete nazionale con oltre 200 società. Dalle periferie ai progetti nel carcere di Secondigliano, fino alle opportunità offerte da Milano-Cortina 2026, Tappa lancia un appello: “È il momento di investire nello sport come bene comune.”
Sport Senza Frontiere: inclusione sociale ed educazione per il bene comune
Lo sport non è solo competizione e performance, ma può diventare un potente strumento educativo, un linguaggio universale capace di abbattere barriere sociali, culturali ed economiche. È questa la visione che guida Sport Senza Frontiere, associazione fondata nel 2009 e che oggi rappresenta una realtà nazionale che accompagna ogni anno centinaia di bambini e ragazzi in situazioni di fragilità, offrendo loro molto più di un semplice accesso allo sport.
"Lo sport, se ben guidato, può cambiare la vita di un bambino", racconta ad Affaritaliani.it il presidente Alessandro Tappa, convinto che l'inclusione passi dalla relazione, dal rispetto e dalla condivisione di esperienze. In 15 anni di attività, Sport Senza Frontiere ha costruito una Rete Sportiva Solidale che coinvolge oltre 200 società in tutta Italia, operando in sinergia con educatori, psicologi, istituzioni, aziende e famiglie. L’obiettivo? Offrire ai più piccoli un’occasione concreta di crescita, benessere e riscatto, anche nei contesti più difficili. "Quando una famiglia sente di non essere sola, il cambiamento è possibile", aggiunge, sintetizzando il cuore del progetto. Ma le attività al crocevia tra sport e sociale riguardano anche progetti speciali come quello all'interno del carcere di Secondigliano. O le collaborazioni con mondo dell'impresa e università. A meno di un anno dalle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, Tappa racconta l'evoluzione dell'esperienza di Sport Senza Frontiere. E quali sfide attende oggi lo sport sociale. L'intervista
Sport Senza Frontiere è nata da un progetto pilota nel 2009 con appena cinque bambini. Oggi è una realtà nazionale con centinaia di minori coinvolti in otto città italiane. Come è evoluto il progetto in questi quindici anni?
Quando abbiamo iniziato nel 2009, non immaginavamo che la nostra idea, un progetto di partecipazione e di cittadinanza attiva, sarebbe diventato un progetto che avrebbe preso il volo in questo modo. Oggi Sport Senza Frontiere è una rete solida e strutturata, presente in 8 città italiane, con migliaia di bambini e ragazzi con le loro famiglie coinvolti ogni anno . È stato un percorso di crescita organica, fatto di ascolto, di errori e di successi, in cui il filo conduttore è sempre stato lo stesso: lo sport come strumento di inclusione sociale. Abbiamo affinato il nostro modello educativo, integrato nuove figure professionali e stretto collaborazioni che ci hanno permesso di rispondere a bisogni sempre più complessi.
Quali sono i valori che stanno alla base della vostra azione? Cosa significa per voi "diritto allo sport"?
Per noi lo sport è molto più di un’attività fisica: è uno spazio educativo, un luogo di relazione e crescita. I valori che guidano la nostra azione sono l’inclusione, la solidarietà, l’equità e il rispetto. Quando parliamo di “diritto allo sport” intendiamo l’accesso garantito, continuativo e qualificato alla pratica sportiva, indipendentemente dalla condizione socio-economica o culturale di partenza. Lo sport, se ben guidato, può cambiare la vita di un bambino.
Come funziona la vostra “Rete Sportiva Solidale” e quale ruolo giocano le società sportive locali nel vostro progetto?
La nostra Rete Sportiva Solidale è uno degli elementi chiave del nostro modello. Si tratta di una rete di società sportive che condividono con noi valori e obiettivi. Queste società sportive collaborano con noi accogliendo i nostri beneficiari e prendendo parte al progetto educativo. Noi forniamo loro formazione, supporto psicopedagogico e l’opportunità di essere parte attiva in un progetto sociale. È una collaborazione vera, dove ognuno fa la sua parte.
Quanto è invece importante costruire una rete con imprese, enti del terzo settore e istituzioni per garantire un impatto duraturo? Ha qualche esempio concreto di collaborazione virtuosa?
Fondamentale. Nessun cambiamento sistemico può avvenire da soli. Lavorare in rete con imprese, istituzioni, fondazioni e realtà del terzo settore ci permette di amplificare l’impatto e costruire percorsi sostenibili nel tempo. Un esempio virtuoso è la collaborazione con alcune Università con cui abbiamo percorsi congiunti in ambito educativo e di ricerca. Parallelamente negli anni abbiamo consolidato una rete di imprese con cui sviluppiamo relazioni stabili e orientate alla pluriennalità. Tra queste c’è Yakult, a cui ci lega la comunanza di valori, quali la promozione di stili di vita sani e contribuire al benessere delle persone, e con cui portiamo avanti una collaborazione solida e continuativa. Ed è proprio la continuità un elemento essenziale che rende una partnership significativa e capace di generare valore nel tempo.
Che tipo di relazione instaurate con le famiglie? Quanto è importante il loro coinvolgimento per il successo del percorso educativo?
Si, il coinvolgimento delle famiglie è davvero cruciale. Non ci limitiamo a offrire sport gratuito: accompagniamo i bambini in un percorso integrato, che funziona solo se c’è prima di tutto consapevolezza e comprensione, fiducia e collaborazione da parte dei genitori. Inoltre spesso lavoriamo in contesti fragili, dove le famiglie hanno bisogno di sostegno tanto quanto i figli. I nostri psicologi ed educatori lavorano anche con loro, ascoltano, costruiscono alleanze e li coinvolgono in percorsi formativi. Quando una famiglia sente di non essere sola, il cambiamento è possibile.
Non solo sport, ma anche educazione, psicologia, salute. Ultimo in ordine di tempo il progetto “Rigiocare il Futuro” all’interno del carcere di Secondigliano. Come nasce questa iniziativa e qual è il suo significato?
“Rigiocare il Futuro” nasce dalla volontà di portare il nostro modello anche in luoghi estremi, come il carcere di Secondigliano. Qui lo sport diventa uno strumento di rieducazione, di riattivazione del corpo e delle emozioni. Ma non è solo sport: è ascolto, cura, fiducia. Il carcere può essere un luogo di chiusura, ma anche di ripartenza. Vogliamo offrire ai ragazzi detenuti una nuova possibilità, una nuova narrazione di sé stessi.
A un anno da Milano-Cortina 2026, quali opportunità vede per il mondo dello sport sociale e inclusivo che rappresentate
Milano-Cortina 2026 rappresenta un’occasione straordinaria per rilanciare il valore dello sport come bene comune. Le Olimpiadi possono e devono essere un volano per lo sport di base, per i progetti di inclusione, per promuovere una cultura sportiva più ampia, più accessibile. È il momento giusto per investire nello sport sociale, per costruire una legacy che vada oltre l’evento. Noi siamo pronti a fare la nostra parte.