Auto UE al bivio: la visione di Källenius incontra l'allarme ACEA

Tra la frenata USA e la guerra dei prezzi cinese, Ola Källenius invita l'UE al pragmatismo: il 2035 rischia di essere un autogol senza neutralità tecnologica.

Di Eugenio Perego
Auto e Motori

Nel panorama convulso dell'industria automobilistica contemporanea, dove i proclami di marketing spesso sovrastano la realtà dei numeri,

la figura di Ola Källenius si staglia con una nitidezza quasi provocatoria. Svedese di nascita ma ormai perfettamente integrato nei meccanismi di potere tedeschi, il CEO di Mercedes-Benz ha assunto un ruolo che va ben oltre la semplice gestione aziendale: è diventato la coscienza critica di un settore in affanno. Non è un reazionario ancorato al passato dei motori rombanti, né un tecnocrate cieco di fronte alle difficoltà; Källenius è l'uomo del "reality check". In un momento storico in cui la politica traccia linee rette su mappe ideali, lui ha il compito ingrato ma necessario di ricordare che il territorio reale è fatto di curve pericolose, salite ripide e strade dissestate. La sua gestione si sta rivelando una complessa partita a scacchi giocata contemporaneamente su tre continenti, ognuno dei quali presenta sfide talmente diverse da sembrare mondi a sé stanti. Dagli uffici di Stoccarda, il messaggio che filtra è chiaro: l'elettrificazione resta la destinazione finale, ma la mappa per arrivarci va ridisegnata urgentemente, pena lo schianto dell'intero sistema produttivo europeo.

L’Eldorado perduto: la Cina e la nuova legge del più forte

Per comprendere la gravità della situazione, bisogna guardare a Oriente, dove le certezze dell'industria tedesca si sono sgretolate con una rapidità impressionante. La Cina, per decenni polmone finanziario e garanzia di margini operativi stellari per i marchi premium, ha cambiato volto. Non è più il mercato accogliente dove il blasone della Stella a tre punte bastava a garantire il successo; oggi è un'arena gladiatoria. Källenius si confronta ogni giorno con una realtà post-pandemica dove i costruttori locali non copiano più, ma innovano a ritmi insostenibili per le burocrazie occidentali. La guerra dei prezzi scatenata dai brand cinesi, unita a un'offerta tecnologica digitale che fa impallidire i sistemi di infotainment europei, ha costretto Mercedes a una revisione dolorosa ma necessaria. La strategia "in China for China" non è solo uno slogan, ma un'ammissione di umiltà: per sopravvivere a Pechino e Shanghai, bisogna smettere di pensare da europei e iniziare a progettare veicoli che rispondano al gusto locale, abbandonando l'arroganza di chi crede di poter esportare ovunque lo stesso modello di successo. È una lezione durissima, che impone velocità di esecuzione e un taglio netto col passato.

Il sogno americano si scontra con la realtà della ricarica

Spostando lo sguardo oltre l'Atlantico, lo scenario cambia radicalmente ma i problemi restano acuti. Gli Stati Uniti, terra delle grandi distanze e della libertà individuale su quattro ruote, stanno inviando segnali inequivocabili di rigetto verso una transizione elettrica troppo rapida e forzata. L'euforia iniziale si è spenta di fronte a una rete di infrastrutture a macchia di leopardo e a un consumatore che, calcolatrice alla mano, non vede ancora la convenienza del passaggio alla batteria. Qui il pragmatismo di Källenius emerge in tutta la sua forza tattica. Invece di forzare la mano bruciando cassa e fiducia dei concessionari, il manager ha scelto di rallentare. Ricalibrare l'offerta negli USA, potenziando nuovamente i motori ibridi e termici di ultima generazione, è una mossa di protezione del business che dimostra una grande lucidità. Källenius ha compreso che il cliente americano va accompagnato, non obbligato, e che la flessibilità produttiva è l'unica assicurazione sulla vita in un mercato che oscilla tra incentivi governativi incerti e scetticismo diffuso.

Bruxelles e il tabù del 2035: verso un cortocircuito sociale?

Tuttavia, è nel cuore della vecchia Europa che si combatte la battaglia più ideologica e pericolosa. La scadenza del 2035, fissata dall'Unione Europea come pietra tombale per i motori a combustione, appare agli occhi dell'industria sempre meno come un traguardo raggiungibile e sempre più come un muro contro cui schiantarsi. Källenius, pur avendo investito miliardi nell'architettura elettrica, lancia l'allarme: senza un'infrastruttura di ricarica capillare e senza un'energia a costi accessibili, gli obiettivi di Bruxelles sono pura fantasia. Il rischio paventato dal CEO non è solo industriale, ma sociale. Se le auto elettriche rimarranno un lusso per pochi e le termiche verranno bandite, si creerà una frattura insanabile nella mobilità europea. Il timore è quello di un "effetto Avana", con il parco circolante che invecchia inesorabilmente perché le persone non possono permettersi il nuovo, o peggio, un'invasione di veicoli low-cost extra-europei che devasterebbe la filiera continentale. Il suo appello non è un tentativo di fermare il progresso, ma di sincronizzare l'orologio della politica con quello dell'economia reale e delle famiglie.

Oltre l'ideologia: la scommessa sulla neutralità tecnologica

La soluzione proposta dal vertice Mercedes per uscire da questo vicolo cieco si chiama "neutralità tecnologica". È un concetto che Källenius ripete come un mantra: non bisogna innamorarsi di una sola tecnologia, ma perseguire l'obiettivo della decarbonizzazione con tutti i mezzi disponibili. Questo significa riabilitare, almeno per il medio periodo, i motori ibridi avanzati e investire seriamente sui carburanti sintetici (e-fuels). Per ampie fasce di mercato e vaste aree geografiche dove la "spina" non arriverà per decenni, queste soluzioni rappresentano l'unica alternativa credibile per ridurre le emissioni senza fermare il mondo. È una visione che scontenta i puristi dell'elettrico a ogni costo, ma che offre una via d'uscita pragmatica per salvare posti di lavoro e competitività. In definitiva, Ola Källenius sta cercando di tenere insieme i pezzi di un puzzle impossibile, dimostrando che la vera leadership oggi non sta nel promettere futuri radiosi e irrealizzabili, ma nel gestire la transizione con la onestà intellettuale di chi sa che, per arrivare lontano, bisogna innanzitutto restare in strada.

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