BMW pronta a fornire motori a Mercedes per salvare gli ibridi
Mercedes valuta l’acquisto di motori BMW per i suoi ibridi plug-in.I colloqui potrebbero portare a una fornitura dal 2027.
Due rivali storiche del premium tedesco, Mercedes-Benz e BMW, potrebbero presto incrociare i loro destini sul piano industriale.
Secondo un’inchiesta di Manager Magazin, non confermata ufficialmente dalle parti, Mercedes starebbe valutando la possibilità di acquistare motori a quattro cilindri da BMW a partire dal 2027. Un’ipotesi che, se concretizzata, segnerebbe una svolta epocale nel settore, con implicazioni economiche e strategiche profonde.
Le ragioni di questo riavvicinamento vanno ricercate nei numeri deludenti del gruppo di Stoccarda. Alla fine di luglio, il CEO Ola Källenius ha presentato risultati finanziari sotto le attese: i margini operativi nel settore auto sono scesi al 3,2% nel secondo trimestre, mentre le vendite nella prima metà dell’anno si sono fermate a 900.000 unità, il livello più basso dal 2020. Un segnale che costringe Mercedes a ripensare la propria strategia. “I tagli ai costi non bastano se mancano i prodotti giusti”, avrebbe detto Källenius al suo management.
Uno dei nodi più urgenti riguarda i propulsori. Mercedes ha bisogno di un numero maggiore di motori a combustione da integrare nelle versioni ibride plug-in rispetto alle previsioni iniziali. In passato si era rivolta al partner cinese Geely per la fornitura di quattro cilindri a costi ridotti, ma in mercati sensibili come gli Stati Uniti utilizzare unità di fabbricazione cinese si è rivelato politicamente complesso. Da qui la scelta di esplorare la via di una cooperazione con BMW, produttore dalla reputazione solida e riconosciuta a livello globale. L’idea sarebbe stata discussa già un anno fa tra Källenius e l’amministratore delegato di BMW, Oliver Zipse, e successivamente affidata ai team tecnici guidati da Markus Schäfer per Mercedes e Joachim Post per BMW.
Lo scenario delineato prevede una fornitura iniziale di motori benzina a quattro cilindri B48, con produzione nello stabilimento austriaco di Steyr, che nel 2024 ha sfornato oltre un milione di unità. In seguito, potrebbero entrare in gioco anche propulsori diesel e componenti di trasmissione. Non si esclude nemmeno una produzione congiunta in Nord America, utile per ridurre i dazi doganali e rendere più competitiva la catena di fornitura. Per Mercedes, una simile intesa segnerebbe un cambio di rotta importante. Solo pochi anni fa, Källenius aveva annunciato l’uscita graduale dai motori a combustione per concentrare gli investimenti sull’elettrico.
Ma la realtà del mercato e la contrazione della domanda di auto a batteria impongono oggi un approccio più flessibile. Per BMW, invece, i vantaggi sarebbero immediati: assicurarsi volumi produttivi aggiuntivi per Steyr, consolidare entrate e rafforzare la reputazione di fornitore di riferimento nel settore dei motori premium. BMW è già partner di numerosi costruttori: dai marchi di nicchia come Morgan e Ineos, fino a giganti come Land Rover, Range Rover e Toyota. Ma avere Mercedes tra i clienti rappresenterebbe una pietra miliare. Non più soltanto un costruttore concorrente, ma un cliente strategico che riconosce l’affidabilità e l’efficienza del know-how BMW.
Restano tuttavia diversi interrogativi. Se i colloqui sono effettivamente in corso, come sostiene la fonte, i dettagli su tempi e modelli coinvolti non sono ancora definiti. La prima fornitura potrebbe avvenire nel 2027, ma resta da capire quali vetture Mercedes saranno le prime ad adottare propulsori BMW e se l’accordo comprenderà anche tecnologie ibride più avanzate. Per il settore automotive, questa ipotesi rappresenta il segnale di una nuova fase. La transizione elettrica ha costretto i costruttori a investimenti enormi, spesso con margini ridotti.
Oggi, l’ibrido plug-in torna al centro come compromesso sostenibile, più redditizio e meno rischioso rispetto all’elettrico puro. E se persino Mercedes e BMW, simboli di una rivalità storica, stanno valutando di collaborare, significa che i tempi della concorrenza “pura” stanno cedendo il passo a un pragmatismo industriale dettato dalla necessità di difendere profitti e posizionamento globale.