Cannibalizzazione auto: Lombardia e Lazio nel mirino

Cresce la cannibalizzazione delle vetture: utilitarie e SUV presi di mira, pezzi rivenduti in Italia e all’estero. Dati, mappe e soluzioni dal report LoJack.

di Giovanni Alessi
Auto e Motori

In Italia i furti parziali non sono più un fastidio episodico: sono un’economia parallela che toglie pezzi alle auto e serenità ai proprietari. Il bersaglio, oggi, è trasversale.

Le utilitarie restano il terreno di caccia preferito, ma neppure i segmenti superiori sono al sicuro. Nel 2024 gli interventi di riparazione legati a furti parziali o tentativi sono stati quasi 14mila, in crescita del 3,5% sull’anno precedente (fonte: Osservatorio Car Clinic). La curva si alimenta della domanda di ricambi: ciò che si ruba non è l’auto in sé, ma il suo valore al dettaglio. E il conto, per chi subisce, è salato: una cannibalizzazione “completa” può superare i 5.000 euro a vettura.

Il profilo delle vittime racconta un’Italia dell’auto fatta di modelli diffusi e componenti pregiate. I veicoli tra i 4 e i 6 anniconcentrano un episodio su tre, ma cresce anche la quota di immatricolazioni recenti fino a 3 anni (28%), segno che le bande seguono la disponibilità di pezzi e l’andamento dei listini. La mappa delle città evidenzia due epicentri, Roma e Milano, dove si concentra circa il 28% dei danneggiamenti: metropoli con parcheggi notturni affollati, spostamenti brevi e tante vetture “gemelle” da cui estrarre componenti in serie.

Nel mirino finiscono i modelli più capillari e quelli che garantiscono ricambi di alto valore. Le statistiche segnalano la vulnerabilità di Fiat Panda, 500, Punto, Lancia Ypsilon, 500X e Jeep Renegade, accanto ai marchi Audi, Smart, Alfa Romeo, Ford, Peugeot, Renault, Citroën, Toyota, Lexus (batterie molto ambite), Range Rover e Volkswagen. La geografia cambia con la latitudine: al Sud dominano Panda e 500, al Nord crescono i casi su Toyota, Lexus, Range Rover e Volkswagen. In Lombardia si registra oggi quasi il 40% delle sottrazioni parziali, seguita da Lazio (27%) e Campania (18%). La Puglia resta un territorio ad alta intensità, in particolare l’asse Manfredonia–Cerignola, dove la tradizione di smontaggio rapido e la presenza di basi logistiche alimentano la filiera illegale.

Cosa si ruba? Quello che si rivende più in fretta. Telecamere e sensori, paraurti (45–800 €), monitor (180–920 €), fanali (500–2.500 €), cerchi in lega (450–1.500 €), catalizzatori ricchi di metalli preziosi. I gruppi ottici evoluti – fari LED e laser con orientamento automatico – viaggiano oltre i 5.000 €. E poi motori, portiere, cruscotti, centraline, pneumatici, pannelli di carrozzeria: ogni elemento ha un mercato, ogni mercato una quotazione. La filiera non è locale: pezzi smontati in capannoni di fortuna attraversano frontiere e finiscono in Nord Africa, Emirati Arabi e Sud Africa, dove la domanda di ricambi “compatibili” incontra pochi controlli e margini più alti.

Il metodo è industriale, il tempo è denaro. Un equipaggio esperto chiude un furto parziale in 50–90 secondi. Le missioni partono da richieste precise del mercato, si consumano in strade buie e parcheggi non presidiati, si completano con smontaggi in 3–4 ore. Quando serve, le stesse bande aprono la strada con il furto dell’intera vettura: traino con cavi, clonazione chiave o intrusioni sulla rete CAN bus – modalità che colpiscono anche modelli come Alfa Romeo Giulia e Stelvio, Jeep Renegade e Compass – per poi passare alla cannibalizzazione sistematica. È un ecosistema che vive di competenze tecniche, ricettazione digitale e canali di vendita social o marketplace che sfuggono al controllo.

Nel quadro emerge un dato in controtendenza: la capacità di recupero. Nei primi sei mesi del 2025, LoJack – grazie a radiofrequenza proprietaria, centrale operativa h24 e supporto sul campo alle Forze dell’Ordine – ha permesso il ritrovamento di 1.032 veicoli, per un valore di 33,4 milioni di euro. Il 54% dei recuperi riguarda SUV (su tutti Toyota RAV4), il 32% vetture tradizionali, con FIAT Panda in testa. Le Regioni con più ritrovamenti coincidono con quelle a maggiore densità di reati: Lazio, Campania, Puglia, Lombardia, Sicilia. Numeri che non cancellano il fenomeno, ma indicano che la telematica di ultima generazione e le tecnologie non jammabili restano una risposta concreta.

«Oltre ai 136mila veicoli rubati ogni anno, cresce il furto parziale, la sottrazione di componenti dalle vetture parcheggiate», osserva Maurizio Iperti, Presidente Automotive LoJack International. «Le organizzazioni sono sempre più tecnologiche e riescono, anche in pieno giorno, a sottrarre parti o a far sparire l’auto per lo smontaggio rapido e la rivendita. I danni per i proprietari valgono migliaia di euro. Per questo è decisivo tutelarsi con strumenti che prevengano il furto o ne facilitino il recupero».

La prevenzione, oggi, è una somma di scelte: dispositivi in radiofrequenza che resistono ai disturbi, buone pratiche di sosta, attenzione alle centraline e aggiornamenti software, assicurazioni calibrate sul rischio reale. Ma serve soprattutto consapevolezza. Conoscere mappe, tecniche e rotte dei ricambi rubati significa spostare l’asticella dalla rassegnazione all’azione. E riportare il mercato dove deve stare: nei canali legali, con pezzi certificati e tracciabili, perché l’auto resti un bene da vivere, non da smontare.

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