Dacia svela la Hipster Concept: citycar elettrica economica e funzionale

Con Dacia Hipster Concept, la casa romena immagina un’auto popolare elettrica che rende la mobilità elettricadavvero per tutti: tre metri, quattro posti, peso ridotto e tecnologia utile per democratizzare l’EV senza fronzoli.

di Giovanni Alessi
Auto e Motori

In vent’anni il mercato ha imboccato la strada del “sempre più”: auto più grandi, più pesanti, più complicate, inevitabilmente più costose.

Dacia, invece, mette in discussione l’assioma e torna a ciò che serve davvero, con un concetto che riapre il cassetto delle idee semplici e fa chiarezza tra bisogni reali e sovrastrutture. Dacia Hipster Concept nasce da una pagina bianca per rispondere a domande scomode: che cosa è davvero essenziale in un’elettrica? Quanto si può ridurre peso, costi e impronta di carbonio senza sacrificare sicurezza, comfort e connettività? E soprattutto: come si porta la spinta alla sostenibilità nelle fasce di mercato che oggi restano escluse dal nuovo?

La portata sociale è dichiarata. Romain Gauvin, responsabile Advanced Design ed Exterior Design di Dacia, lo sintetizza così: «È il progetto più Dacia su cui io abbia mai lavorato. Ha la stessa portata sociale di Logan vent’anni fa. Si tratta di inventare un oggetto che oggi non esiste». In un’Europa in cui il prezzo medio delle auto nuove è cresciuto del 77% tra 2010 e 2024, il marchio che ha reso concreta l’elettrificazione accessibile con Spring prova a spingersi oltre, immaginando un’auto popolare con la A maiuscola, fedele a tre principi: super accessibile, super funzionale, «in perfetto stile Dacia».

 

Il punto di partenza sono gli usi quotidiani. Dacia Hipster Concept misura 3 metri in lunghezza, 1,53 m in altezza e 1,55 m in larghezza, ma offre quattro posti veri e un bagagliaio modulabile da 70 a 500 litri. È più grande dentro che fuori, perché sfrutta l’architettura a cubo, i finestrini verticali e una porzione vetrata del tetto che amplifica la luminosità. La soluzione dei vetri laterali scorrevoli riduce componenti, peso e costi. «È tutto ciò che ci si aspetta da un veicolo per la vita quotidiana», spiega Stéphanie Chiron, responsabile Prodotti Avanzati Dacia, «in soli tre metri: quattro posti e un bagagliaio che passa da 70 a 500 litri». La plancia integra due airbag per conducente e passeggero, a conferma che l’attenzione all’essenziale non rinuncia alla sicurezza.

La leva principale è il peso ridotto. Il prototipo è più leggero del 20% rispetto a Dacia Spring: meno massa significa meno materia prima, meno energia in produzione e minori consumi in marcia. L’obiettivo è ambizioso: dimezzare l’impronta di carbonio lungo l’intero ciclo di vita del veicolo rispetto ai migliori EV oggi disponibili. L’autonomia è dimensionata sull’uso reale, con l’idea di due ricariche a settimana. I numeri raccontano abitudini consolidate: in Francia il 94% degli automobilisti percorre meno di 40 km al giorno; in Italia, la media è 43 km. Tradotto: una citycar elettrica essenziale, efficiente e leggera copre il grosso degli spostamenti senza costringere a pagare batterie sovradimensionate.

Il design esterno fa il resto e parla il linguaggio della funzionalità. Il volume è semplice e robusto, un blocco saldo con le ruote ai quattro angoli e sbalzi zero, per massimizzare abitabilità e maneggevolezza. Il frontale è orizzontale, con fari dal design puro che regalano uno sguardo serio ma amichevole. Dietro, il portellone a tutta larghezza si apre in due parti per un accesso super pratico al vano. Qui emerge la filosofia design to cost: i fari posteriori senza vetri, schermati dallo stesso portellone, eliminano componenti inutili; la carrozzeria è tinta in massa in un unico colore, con soli tre elementi verniciati per contenere complessità e costi. L’immagine di solidità è rafforzata dalle protezioni laterali in Starkle®, materiale in parte riciclato sviluppato dagli ingegneri Dacia, e dagli ski anteriori e posteriori tinti in massa, coerenti con l’approccio Robusto e Outdoor. Perfino il gesto quotidiano di aprire l’auto è ripensato: al posto della maniglia, una cinghia esterna più leggera, meno costosa e altrettanto pratica.

Dentro, l’abitacolo traduce la stessa onestà progettuale. Quattro adulti siedono comodi, con la posizione dei sedili di Sandero per garantire postura naturale e visibilità. I sedili adottano una struttura a vista, abbinata a tessuto tecnico a maglia dal look caldo e poggiatesta traforati per tagliare grammi senza sacrificare il comfort. Davanti, i due sedili confluiscono in una panchetta unica, una soluzione semplice e conviviale che richiama le icone popolari del passato. L’accesso ai posti dietro è agevolato dall’ampia apertura porta e dal facile ribaltamento del sedile del passeggero. La modularità è concreta: con quattro persone a bordo restano 70 litri di spazio; abbattendo la panchetta posteriore si sale a 500 litri, sufficienti per la spesa grande o un weekend fuori.

La tecnologia segue il principio del Digitale Essenziale. In logica BYOD – Bring Your Own Device, lo smartphonediventa chiave digitale per aprire e avviare l’auto, si aggancia alla dock e diventa display multimediale per navigazione e app preferite. L’audio viaggia attraverso una cassa Bluetooth portatile, compatibile con l’ecosistema YouClip®. Proprio YouClip® è la chiave della personalizzazione ragionevole: undici punti di fissaggio distribuiti tra plancia, pannelli porta e bagagliaio accolgono accessori come portabicchieri, bracciolo, plafoniera o futuri moduli pensati dagli utenti. È una connettività che semplifica, non un catalogo infinito di opzioni che pesano sul conto finale.

Su strada, l’idea è evidente: agile in città, abbastanza solida per muoversi su strade periurbane e di campagna, dimensioni compatte per trovare parcheggio dove altri si arrendono. Ma il punto strategico rimane l’accessibilità economica. Con Spring, Dacia ha aperto la porta dell’EV low-cost; con Hipster Concept dichiara di voler parlare a quella fascia di pubblico che oggi non trova un’offerta adeguata al portafogli. Il risultato non è un compromesso al ribasso, ma la dimostrazione che si può innovare levando invece di aggiungere, progettando componenti intelligenti, riducendo la complessità e curando gli impatti dell’intero ciclo di vita.

C’è anche una riflessione culturale. Da un lato, l’industria corre verso SUV elettrici imponenti e premium; dall’altro, milioni di persone compiono ogni giorno tragitti inferiori a cinquanta chilometri, chiedendo affidabilità, funzionalità e costi certi. Dacia Hipster Concept s’inserisce qui, riaffermando che la sostenibilità sociale e ambientale passa da prodotti efficienti e pagabili, prima ancora che da schede tecniche acrobatiche. In questo senso, il progetto suona come una cartina di tornasole: se un’elettrica leggera, robusta e spaziosa è capace di coprire l’80% degli usi reali, allora il problema non è tecnico ma di proposta.

Resta da capire come e quando un’idea così netta possa tradursi in serie. Il design semplice e distintivo, le soluzioni design to cost, l’uso di materiali come Starkle®, la carrozzeria tinta in massa e la riduzione della verniciatura sono indizi di una strategia industriale coerente con l’obiettivo di prezzo accessibile. Il resto dipenderà dalle scelte su pianali, fornitori e scala produttiva. Ma il messaggio è già atterrato: la mobilità elettrica può essere super accessibile e super funzionale senza smettere di essere desiderabile, e «in perfetto stile Dacia» vuol dire proprio questo progettare intorno alle persone, non intorno ai cataloghi.

In un mercato innamorato del più, Dacia Hipster Concept ricorda che il meglio per molti è meno, purché fatto bene. Peso ridotto, spazio intelligente, tecnologia utile e prezzo accessibile diventano le parole d’ordine di un’auto popolare elettrica che parla la lingua della realtà. Se l’EV di massa deve davvero arrivare, è probabile che avrà questo accento: concreto, spartano nei fronzoli, generoso dove serve, capace di dimezzare l’impronta di carbonio senza chiedere sacrifici impossibili. Non una promessa generica, ma un invito a ripensare l’auto dal basso, partendo da come viviamo le città, da cosa mettiamo nel bagagliaio, da quante volte ricarichiamo a settimana. È lì che si gioca la partita del futuro elettrico, ed è lì che Dacia prova a spostare l’asticella.

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