Lamborghini, 20 anni di Centro Stile: il design che detta la rotta

Dal 2005 il Centro Stile Lamborghini detta la rotta: da Sant’Agata un linguaggio che trasforma serie, concept e few-off, aprendo l’era HPEV.

di Giovanni Alessi
Auto e Motori

Il ventesimo compleanno del Centro Stile Lamborghini non è una ricorrenza di calendario: è la prova che, a Sant’Agata Bolognese, il design non segue mai la scia degli altri ma la apre.

Nel 2005 l’apertura dello studio interno segnò un cambio di prospettiva: da allora ogni linea delle vetture di serie e derivate, concept, one-off e few-off nasce in un unico luogo. È qui che il DNA Lamborghini viene decodificato e riscritto, con un principio saldo: la forma serve la funzione senza rinunciare a emozionare.

«Il Centro Stile è un elemento fondamentale del nostro marchio», ricorda Stephan Winkelmann, presidente e CEO. «Negli ultimi vent’anni il design ha spinto oltre i confini per offrire l’inaspettato, dai concept alle limited edition, estendendo la nostra identità anche in nautica, audio, architettura e abbigliamento».

Le radici affondano più indietro, quando Ferruccio Lamborghini capì che stile e proporzioni sarebbero stati determinanti per le sue GT. Dalla 350 GTV di Franco Scaglione alla 350/400 GT di Touring, fino alla rivoluzione della Miura e all’icona Countach, la grammatica visiva era pronta. Il passo verso l’internalizzazione arrivò con l’ingresso in Audi nel 1998 e con l’arrivo del belga Luc Donckerwolke: sue la Murciélago V12 (2002) e la Gallardo V10 (2004), due vetture che ripulirono il segno, irrigidirono le superfici e fissarono quell’essenzialità muscolare che oggi riconosciamo da lontano.

All’inizio del Duemila Walter de’Silva spinse per una struttura autonoma e continuativa. Nel 2005 l’inaugurazione ufficiale sotto la guida di Winkelmann trasformò l’intuizione in metodo. Con l’uscita di Donckerwolke, nel 2006 Filippo Perini divenne direttore del Centro Stile: arrivarono la Murciélago LP 640, le versioni più estreme come la LP 670-4 SuperVeloce, e un laboratorio di idee che fece scuola. Nel 2007 la Reventón trasferì nel mondo stradale suggestioni aeronautiche, impose i motivi esagonali e a Y, inaugurò una via al carbonio “stealth” che avremmo ritrovato nelle Veneno e nella Sesto Elemento. Con un team minuscolo, Perini guidò la nascita della Aventador (2011), seguita dalla Huracán (2013) e dal concept Urus (2012) che avrebbe aperto la terza linea di prodotto. Non mancò l’anima Gran Turismo con l’elegante Estoque e la Asterion PHEV, esercizi di stile che indicavano strade possibili.

Nel 2016 arrivò Mitja Borkert e si aprì un’altra stagione. Lo studio raddoppiò gli spazi, il team internazionale crebbe, i processi si fecero più integrati con Ricerca e Sviluppo. Borkert finalizzò la Urus di serie (2017) e firmò progetti che hanno ridefinito il lessico: il Terzo Millennio elettrico con il MIT, la Sián con i supercondensatori, l’omaggio contemporaneo Countach LPI 800-4. Nel 2023 è arrivata la Revuelto, primo HPEV del marchio e nuovo riferimento per aerodinamica e interni “feel like a pilot”, mentre la famiglia Urus si è evoluta fino all’attuale Urus SE ibrida plug-in. «La Revuelto è stata la prima Lamborghini disegnata da zero dal mio team», racconta Borkert. «Abbiamo scelto un linguaggio essenziale e riconoscibile, con superfici più fluide, senza perdere tensione».

Questa traiettoria ha accelerato la transizione: nel 2024 la Temerario ha completato la piena ibridizzazione della gamma, e nell’estate 2025 il Centro Stile ha celebrato i vent’anni con la Fenomeno HPEV a dodici cilindri, una few-off manifesto che condensa potenza e visione. Non è nostalgia, è prospettiva: l’heritage non viene citato, viene ricodificato. Dalla linea del tetto ispirata alle ali di un coleottero ai moduli esagonali delle prese d’aria, ogni scelta traduce suggestioni in performance.

Oggi il Centro Stile è anche cabina di regia dell’esperienza. Supervisiona Ad Personam, l’alfabeto di colori, pelli, finiture e pattern che rende ogni esemplare irripetibile, e orchestra il dialogo con partner di mondi lontani nautica, elettronica, moda  che riconoscono nel lessico Lamborghini una grammatica esportabile senza perdere identità. Lì l’HMI dialoga con gli ADAS, l’aerodinamica con i compositi, lo sketch con la galleria del vento e la stampa 3D. La creatività non è un atto solitario: è il risultato di un’industria che mette allo stesso tavolo designer, ingegneri e aerodinamici.

Borkert lo sintetizza così: «L’intelligenza artificiale ci aiuterà a generare rapidamente varianti e visualizzazioni, ma la decisione resterà umana. Il nostro compito è restare curiosi e mettere in discussione lo status quo». Una dichiarazione che racconta il cuore del metodo Lamborghini: sperimentare per allargare il campo, non per inseguire l’effimero. Perché l’inaspettato funziona solo se è necessario.

A vent’anni dall’inaugurazione, il Centro Stile Lamborghini è la memoria attiva del marchio e, insieme, la sua frontiera. Ha insegnato all’industria che un costruttore di super sportive può guidare la propria evoluzione formale senza esternalizzare l’anima, trasformando il design in un vantaggio competitivo. Domani, quando vedremo una firma luminosa a Y sfrecciare nell’oscurità o ascolteremo il respiro di un V12 HPEV, sapremo che il filo parte sempre da quella stanza a Sant’Agata. E capiremo perché, qui, il futuro del design non è un’ipotesi: è un mestiere quotidiano.

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