Paola De Micheli: mobilità sostenibile come visione industriale per l’Italia

Alla tavola rotonda eastwest Coffee, la vicepresidente De Micheli propone un piano per una mobilità integrata, sostenibile e strategica per il sistema Paese.

Redazione Motori
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Quando si parla di mobilità sostenibile, spesso ci si limita al piano ambientale, ignorando il potenziale trasformativo che essa rappresenta per l’economia di un Paese.

Ma martedì 9 luglio, a Roma, la conversazione si è spinta oltre: nel corso dell’incontro eastwest Coffee, la tavola rotonda promossa da Giuseppe Scognamiglio, si è discusso di mobilità come leva strategica di sviluppo industriale, e al centro del confronto c’era Paola De Micheli, vicepresidente della Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati, già ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti.

L’evento, ospitato nella sede della società di consulenza eastwest, ha raccolto attorno a De Micheli un parterre di protagonisti del mondo istituzionale, imprenditoriale e accademico. Il tema – trasversale ma urgente – era chiaro: quale visione serve oggi per trasformare la mobilità italiana in un asset competitivo, sostenibile e inclusivo?

In un contesto in cui l’agricoltura e l’industria hanno già ridotto le emissioni del 37% rispetto al 1990, il settore dei trasporti appare come l’ultimo grande nodo da sciogliere per centrare gli obiettivi ambientali europei. Ma secondo De Micheli, la mobilità non è un vincolo, bensì una straordinaria opportunità di rilancio industriale, a patto che venga guidata da una visione integrata e a lungo termine.

Dalla sua esperienza ministeriale, De Micheli ha sottolineato la necessità di uscire dalla logica degli interventi spot, rivendicando una strategia nazionale della mobilità che tenga insieme infrastrutture, innovazione, sostenibilità, filiere industriali e qualità della vita dei cittadini. “Serve un patto tra pubblico e privato che dia continuità agli investimenti, premi chi innova e includa chi rischia di restare indietro”, ha affermato, ricevendo il consenso trasversale dei presenti.

Uno dei temi più dibattuti è stato quello del trasporto aereo, spesso dimenticato nei discorsi sulla sostenibilità, ma in realtà cruciale: rappresenta infatti il 3,8% del PIL italiano, attiva filiere fondamentali e dà lavoro, direttamente e indirettamente, a oltre 1,3 milioni di persone. I numeri parlano chiaro: nel 2024, gli aeroporti italiani hanno superato quota 220 milioni di passeggeri, un dato che ha bruciato le previsioni previste per il 2028. La stima? 300 milioni di passeggeri annui entro il 2034. Per sostenere questo trend servono infrastrutture moderne, integrate, digitalizzate.

Il Piano Nazionale degli Aeroporti, ancora in fase di elaborazione, potrebbe rappresentare il quadro di riferimento per questa nuova stagione. De Micheli ne ha evidenziato il potenziale, a condizione che sia accompagnato da strumenti efficaci per la digitalizzazione e il monitoraggio ambientale delle infrastrutture, elementi chiave per migliorare efficienza, sicurezza e impatto ambientale.

Ma non solo cielo: anche terra e mare sono stati protagonisti del dialogo. Francesco Presicce, Innovation Manager di ITA Airways, ha posto l’accento sulla riforma delle flotte e sull’interoperabilità dei sistemi, mentre Simone Mori, ex direttore Regolamentazione e Ambiente di Enel, ha spiegato come la mobilità elettrica debba integrarsi con la transizione energetica in corso. La decarbonizzazione, ha ricordato Claudio D’Eletto (Vitale), ha bisogno di capitale paziente, cioè finanza che investa nei tempi lunghi dell’innovazione.

Alberto Luca Recchi ha parlato invece del mare, non solo come risorsa ecologica ma anche come infrastruttura liquida da valorizzare per trasporto, alimentazione e cultura. E in questo, Paolo Cuccia ha offerto una prospettiva culturale e industriale insieme, suggerendo che mobilità e identità possono e devono coesistere, in un’Italia che si muove e si racconta nel mondo anche attraverso il made in Italy.

Il contributo di Andrea Guglielmo (Philip Morris Italia) ha poi aperto una riflessione sul ruolo delle regole: una buona regolamentazione, ha detto, non è un ostacolo ma una leva industriale, capace di orientare gli investimenti e stimolare comportamenti virtuosi.

Al centro, dunque, non c’era una mobilità da regolamentare, ma una mobilità da progettare. E la parola d’ordine è stata visione. Secondo De Micheli, senza una visione industriale, il rischio è di restare prigionieri del presente, inseguendo emergenze e lasciando che altri Paesi guidino l’innovazione.

Il  tavolo eastwest ha lanciato un messaggio chiaro: la sostenibilità, se ben gestita, può essere un volano di competitività industriale, inclusione sociale e crescita economica. Ma va trattata per quello che è: una sfida sistemica. La mobilità, in questa visione, diventa un ponte tra economia e ambiente, tra territorio e industria, tra politica e cittadinanza.

E forse, proprio da questi tavoli di confronto, può partire un nuovo approccio: meno orientato all’eccezione e più proiettato verso una politica industriale della mobilità, capace di tenere insieme gli interessi di chi guida, di chi produce e di chi inquina.

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