Volkswagen in rosso nel Q3: dazi USA e costi Porsche pesano

Volkswagen chiude il Q3 in perdita operativa di 1,3 mld €: pesano dazi USA fino a 5 mld annui e oneri Porsche per il reset EV. Intanto l’allarme chip Nexperia minaccia la filiera.

Di Giovanni Alesssi
Auto e Motori

Per la prima volta dalla pandemia, Volkswagen archivia un trimestre in rosso:

nel Q3 il gruppo tedesco registra una perdita operativa di 1,3 miliardi di euro, un cambio di passo netto rispetto all’utile di un anno fa. In controluce, due fattori dominano la scena: i dazi USA che comprimono margini e volumi, e gli oneri legati al riposizionamento di Porsche sul fronte elettrico. È il conto di una congiuntura che mette sotto pressione costruttori abituati a navigare con margini robusti, ma oggi costretti a riscrivere piani e priorità.

Sul versante americano, l’effetto delle tariffe si fa sentire più che altrove. Con una presenza industriale negli Stati Uniti meno estesa rispetto ai principali concorrenti, VW beneficia poco dei meccanismi di compensazione e dei rebate che attenuano l’impatto per chi produce localmente. Il risultato è un aggravio stimato fino a 5 miliardi di euro su base annua, con la domanda USA più fiacca del previsto e un mix penalizzato. Per un gruppo che punta sull’export e sulla scala europea, la matematica dei dazi non perdona: o si spostano quote di produzione, o si accetta una redditività ridotta.

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L’altro capitolo si chiama Porsche. La controllata di Stoccarda ha avviato un reset della strategia EV, rallentando i lanci full electric e spingendo su ibridi e benzina ad alte prestazioni. La virata comporta svalutazioni e costi che si riflettono sui conti di gruppo: tra oneri una tantum e ritarature industriali, l’impatto cumulato sfiora i 4,7–5,1 miliardi di euro nel perimetro annuale. È una ferita che pesa nel breve, con Q3 in perdita per il marchio, ma che i vertici considerano propedeutica a una base più solida dal 2026.

Nonostante l’urto, la guidance rimane impostata su obiettivi prudenti: margine operativo 2025 nell’area 2–3% e cash flow della divisione Automotive vicino allo zero, mentre prosegue la cura dimagrante su costi e complessità. In Borsa la reazione è misurata, con il titolo in lieve calo, segno che il mercato aveva già prezzato parte delle criticità e guarda ora alla capacità esecutiva del management sulla riduzione degli oneri e sulla rifocalizzazione delle gamme.

Nel frattempo, si allunga l’ombra dei chip. La disputa che coinvolge Nexperia — con Pechino che ha bloccato l’export di componenti a valle del commissariamento olandese del fornitore — rischia di trasformarsi nell’ennesimo collo di bottiglia per la supply chain europea. Le associazioni di settore parlano di linee produttive a rischio “nel giro di giorni”se non arriverà una soluzione politica; per gruppi come Volkswagen, che hanno appena ridefinito i piani industriali, sarebbe un ulteriore fattore esogeno di instabilità.

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Il nodo Nexperia non è solo quantità, ma qualifica delle parti: si tratta dei chip semplici che regolano centraline e attuatori, pezzi dal costo unitario minimo ma senza i quali un’auto non esce dalla linea. La difficoltà a ricertificare in fretta fornitori alternativi rende l’Europa vulnerabile sul breve periodo. Per VW, come per gli altri OEM, la partita è garantire continuità nelle fabbriche senza gonfiare gli stock, evitando di compromettere i lanci 2025–2026 già in roadmap.

Dentro il perimetro del gruppo, la risposta passa da tre assi. Primo: accelerare localizzazioni produttive e accordi di fornitura vicini ai mercati chiave per attenuare la volatilità dei dazi e dei noli. Secondo: ripensare il mix tra modelli EV, ibridi e ICE ad alta marginalità, per proteggere cassa e investimenti su software e piattaforme. Terzo: spingere su efficienza di gamma, riducendo varianti e complessità per ottenere economie di scala più rapide, soprattutto nei segmenti a volume dove il prezzo resta l’argomento decisivo.

Il Q3 racconta dunque un gruppo che paga ora scelte e contingenze, ma che ha ancora leve importanti. In Europa la domanda di elettriche cresce a ondate, sospinta da incentivi e nuove reti di ricarica; negli Stati Uniti, l’unica ricetta per disinnescare l’effetto tariffe è aumentare la produzione locale e rafforzare partnership industriali. Sul fronte Porsche, il riequilibrio tra emozione meccanica e spinta a batteria può riportare margini più prevedibili, se i lanci 2026 terranno le promesse.

Resta la lezione più ampia: nell’auto di oggi, l’esecuzione pesa quanto la strategia. Volkswagen ha il compito di trasformare in tempi brevi una narrativa di costi e dazi in una geografia industriale più resiliente, mentre presidia il dossier chip e riordina il portafoglio EV. Tra Nexperia, tariffe USA e il “reset” Porsche, il 2025 resterà un anno di transizione. Ma se i cantieri aperti faranno effetto, il 2026 potrà segnare l’inizio di una nuova normalità: meno fragilità esterne, più autonomia nelle scelte e una redditività coerente con la storia del marchio.

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