Oracle, crolla la fiducia di Wall Street: la corsa ai data center dell’IA non si finanzia più a qualsiasi prezzo
Le azioni Oracle calano dopo che FT riporta che Blue Owl non sosterrà il data center da 10 miliardi.
Oracle scivola in Borsa mentre Wall Street riconsidera la scommessa sull’IA
Per molto tempo Wall Street ha accettato senza farsi troppe domande i costi della corsa all’intelligenza artificiale, quasi come fosse un passaggio obbligato, e con l’idea che chi investe oggi nelle infrastrutture sarà avvantaggiato domani. Anche Oracle ha sposato questa logica fino in fondo, aumentando il debito per costruire data center dedicati all'IA e rafforzare la propria offerta cloud: oggi, però, il mercato sta iniziando a dubitare, interrogandosi se davvero il prezzo da pagare sia sostenibile a lungo termine, e se davvero ne valga la pena.
Un segnale molto evidente di questo cambio d'atteggiamento è la notizia riportata dal Financial Times secondo cui Blue Owl, in passato il principale finanziatore dei data center di Oracle negli Stati Uniti, ha deciso di ritirarsi e non mettere più sul piatto i 10 miliardi di dollari previsti per la costruzione di un nuovo data center. Alla base della scelta di Blue Owl ci sarebbero condizioni di debito diventate meno favorevoli, un dettaglio che, però, per gli investitori conta più del progetto in sè, perché è segnale di un capitale diventato più selettivo, e non più disposto a finanziare qualsiasi iniziativa alle stesse condizioni di pochi mesi fa.
La reazione del titolo è stata, come ci si aspettava, immediata: Oracle ha perso il 5,4% in una sola seduta e oltre l’11% dall’inizio del mese, ampliando un ribasso che sfiora il 50% dai massimi di settembre. Il calo in Borsa ovviamente non è una correzione tecnica, piuttosto il riflesso di ciò che ad oggi pensano i mercati, che con questa flessione non stanno di certo mettendo in discussione l'importanza dell'IA, bensì il modo con cui viene finanziata.
Certo Oracle ad oggi può ancora contare su un ricco portafoglio di ordini, e il suo punto di forza è senza dubbio l’accordo con OpenAI, che prevede acquisti di potenza di calcolo per circa 300 miliardi di dollari in cinque anni, tuttavia, non è da sottovalutare che una parte rilevante di questa domanda provenga da operatori che non hanno ancora dimostrato, chiaro e tondo, di poter generare ricavi stabili. Tutto questo mentre il debito necessario per realizzare i data center continua a gonfiarsi, ed è già a bilancio, pesando sui conti.
Il caso Oracle non è isolato, ma molti altri stanno seguendo la stessa traiettoria, come CoreWeave, società specializzata nel noleggio di GPU per applicazioni IA, che dai massimi di giugno ha perso circa due terzi della sua capitalizzazione; anche qui, hanno fatto da leva gli elevati finanziamenti e la limitata visibilità sui ricavi futuri. Insomma sembra proprio che dopo una lunga fase di entusiasmo, Wall Street è passata a una lettura più fredda dei numeri; l’intelligenza artificiale resta sì un una trasformazione profonda, ma non tutto ciò che le ruota intorno viene più finanziato a qualsiasi prezzo.
Oracle si è fatta pioniere in questo cambio di umore: fino a pochi mesi fa si tendeva a ignorare questi rischi, ora non più, e non solo perché si è persa la fiducia, o si teme une bolla, ma il mercato ad oggi chiede una sola cosa: certezze, numeri solidi e verificabili, perché, prima o poi, il gioco deve valere la candela.