Inchiesta sui dossier dell'Antimafia, il direttore di Affaritaliani Marco Scotti dialoga ad Atreju con le autrici de "Il Verminaio"
Il libro-inchiesta firmato da Brunella Balloli e Rita Cavallaro è stato presentato oggi nella Sala Rosario Livatino
"Il Verminaio" di Brunella Bolloli e Rita Cavallaro: ad Atreju il libro-inchiesta sul dossieraggio e il dialogo con il direttore di Affaritaliani Marco Scotti
Un presunto sistema di accessi abusivi alle banche dati dello Stato, avvenuti per anni all’interno della Direzione nazionale antimafia, l’istituzione voluta da Giovanni Falcone come presidio nella lotta alla criminalità organizzata. Questo è al centro delle pagine scandalo de Il Verminaio, il libro-inchiesta firmato da Brunella Bolloli e Rita Cavallaro, con prefazione di Tommaso Cerno, presentato martedì 9 dicembre ad Atreju, nella Sala Rosario Livatino. L'evento, introdotto da Saverio Congedo, deputato di Fratelli d'Italia e membro della Commissione Antimafia, è stato moderato dal direttore di Affaritaliani Marco Scotti e ha visto la partecipazione del magistrato Sebastiano Ardita.
Il Verminaio ricostruisce, con documenti e testimonianze, l’esistenza dei dossieraggi illegali che, secondo l’inchiesta della Procura di Perugia, avrebbe coinvolto apparati dello Stato, personalità politiche e perfino ambienti oltre confine. Secondo la ricostruzione delle autrici, quel luogo simbolico si sarebbe trasformato nella “centrale” di un meccanismo in cui informazioni riservate su migliaia di cittadini, soprattutto figure politiche, venivano consultate e, in alcuni casi, fatte filtrare all’esterno. Un sistema che mette al centro due nomi: Pasquale Striano, luogotenente della Guardia di Finanza, e Antonio Laudati, magistrato, suo superiore nel gruppo che esaminava le segnalazioni di operazioni sospette. Per almeno quattro anni, spiegano Bolloli e Cavallaro, gli “spioni” avrebbero usato il loro accesso privilegiato ai database per cercare informazioni su protagonisti della vita istituzionale, soprattutto nei momenti più sensibili della storia politica recente.
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Rita Cavallaro: “Intrecci illeciti e un uso distorto del giornalismo”
"Gli intrecci particolari che crescono da lontano hanno trovato un fronte comune per lavorare insieme ma in maniera illecita. Fare il giornalista vuol dire consumare la suola delle scarpe, cercare i collegamenti, scavare nella verità. Ma quello che è emerso è che i colleghi avevano un altro obiettivo, attaccare l’avversario politico anche in momenti particolari della vita democratica del Paese, superando la linea di confinde. Allora perché un giornalista dovrebbe godere di privilegi se si scade nell’illegalità?", ha detto Cavallaro.
L'autrice ha poi approfondito il rapporto tra il luogotenente della Guardia di Finanza e alcuni giornalisti: "Il quadro che hanno costruito gli inquirenti disegna un finanziere che ha lavorato nell’Antimafia, che ha portato avanti inchieste importanti e che, come fosse parte di una redazione, almeno dal 2012, intreccia un legame personale con i giornalisti. Per un solo articolo, passava circa 200 informazioni alla volta".
Bolloli: "34mila file emersi, ma molto è stato sommerso"
Brunella Bolloli ha poi ricostruito l’ampiezza del materiale emerso: "Sono venuti fuori 34 mila file, ma più si va avanti più emerge dell’altro. Bisogna considerare anche i file trasferiti con WeTransfer, con WhatsApp, con i messaggi. In Italia le banche dati sono moltissime, ma nessuno aveva realmente contezza della loro esistenza e del fatto che contenessero dati così riservati. Quello che colpisce è che spesso queste interrogazioni partivano senza una notizia di reato, senza una reale necessità." Al momento, a rischiare un processo sono in 23. "Ma ci sono altri filoni che stanno emergendo - prosegue Bolloli - come quello degli '007' che gravitano intorno al Vaticano: un filone di spionaggio e dossieraggio che riguarderebbe persone in grado di danneggiare qualche prelato."
Secondo l'autrice, Striano non avrebbe agito da solo, anche se le sue dichiarazioni in merito sembrano differire. "Afferma di aver fatto tutto alla luce del sole, considera le sue come vere e proprie investigazioni e ritiene che il suo lavoro sia stato cristallino. Sostiene di aver svolto un’indagine preventiva, anche se non c’era alcuna notizia di reato."
La Lega il partito più colpito
Il libro elenca episodi di particolare rilievo: il “dossier Colle”, con ricerche su Silvio Berlusconi e, successivamente, su Maria Elisabetta Alberti Casellati in vista delle possibili candidature al Quirinale; consultazioni ripetute su ministri, sottosegretari e figure interne al governo di Giorgia Meloni, un interesse costante per esponenti di primo piano della Lega guidata da Matteo Salvini. "Le contestazioni partono dal 2018, soprattutto contro Salvini dopo che aveva raggiunto l’exploit. Da lì parte l’ombra dell’‘ndrangheta sulla Lega, una moltitudine di accuse velate che si sono susseguite in concomitanza con appuntamenti essenziali per la democrazia. Sta di fatto che, dopo gli articoli, il destino politico di alcuni è cambiato", ha fatto eco la Cavallaro.
In conclusione, rispondendo a una domanda di Marco Scotti sul mandante - un punto aperto che il libro, pur ricostruendo gli snodi dell’inchiesta e la rete dei protagonisti, lascia volutamente in sospeso -Cavallaro ha fatto una riflessione sull’atteggiamento di alcuni attori politici: "Se la tua casa sta bruciando, scappi fuori e dici 'aiuto, la casa brucia'. Se non scappi fuori un problema c’è. Intendo dire che, magari, molti condividono il metodo di questa inchiesta". Sulla stessa scia anche Bolloli che non ha usato mezzi termini. "Il mandante c’è tutte le volte che l’attività non è cristallina, quando c’è un preciso progetto politico che l'orienta. In questo caso c'è stato un progetto coinciso e non lo diciamo noi, ma gli inquirenti: è un disegno politico che ha caratterizzato l’attività illecita, ovvero quello di uccidere nella culla il governo Meloni".
Sebastiano Ardita: “Siamo tutti esposti. Le nuove tecnologie accelerano i rischi”
Tra gli altri, il magistrato ha offerto un quadro sul tema cruciale della sicurezza dei dati. "Sul piano della sicurezza delle informazioni, noi come cittadini ci troviamo in una situazione di precarietà. Qualunque cosa che viene fatta è tracciata, e spesso il consenso alla condivisione dei propri dati è estorto. Un problema accelerato dalle nuove tecnologie. Più andiamo avanti, più si cerca di colpire la reputazione dei contendenti sfruttando queste modalità: è un modo di evolversi dei conflitti", ha detto Ardita. Una dimensione portata in luce dall'inchiesta della Procura di Perugia e descritta dalle autrici come un vero “verminaio”: migliaia di accessi a dati sensibili, tali da far ipotizzare l’esistenza di un mercato parallelo delle informazioni riservate e di un possibile attacco alla vita democratica del Paese.
Intanto, la scelta di presentare Il Verminaio ad Atreju conferma il peso politico e istituzionale di un caso che continua a suscitare interrogativi. Un incontro che ha indagato non solo le responsabilità individuali, ma anche le possibili falle del sistema e i rischi per la tutela dei dati e la trasparenza democratica.