Afghanistan, per le donne afghane le donne del mondo devono scatenarsi

Serve uno sforzo comune femminile e non le banalità dei nostri ministri

di Daniele Rosa
Politica
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Il nostro Ministro degli Esteri Luigi di Maio, mentre i nostri concittadini dell’Ambasciata italiana a Kabul stanno volando in tutta fretta in Italia, sembra fare a gara a dirle il più “banale” possibile. In un’intervista a tutta pagina su “il Corriere della Sera” si è lanciato in una spettacolare promessa “non possiamo pensare di abbandonare dopo 20 anni il popolo afghano».

E in che modo di grazia?

Forse liberando Kabul dai barbuti sgozzatori, lapidatori, fiancheggiatori del re dei terroristi, al secolo il defunto Bin Laden, con una raffica di tweet sulla piattaforma grillina magari sostenuto dalle psicodichiarazioni del suo capo politico Beppe Grillo?

E poi in un’altra perla del “volemosi bene” si supera quando crede alla disponibilità talebana di “dare le dovute garanzie sul rispetto dei diritti acquisiti”.

Ma sa il nostro ministro che non è possibile credere ad una sola parola dell’accozzaglia di tribù che da sempre si sono attaccate, unite da un nome, talebani, da un credo religioso portato all’eccesso e da un odio viscerale su tutto ciò che sa di occidentale ed americano. I talebani non sono l'Islam, ma un'ideologia politico-religiosa con una componente straordinaria di oppressione delle donne.

E le parole del nostro ministro suonano stonate ed offensive nei confronti degli oltre 50 nostri militari morti in Afghanistan, dei 700 feriti e dei quasi 400 collaboratori afghani che adesso rischiano grosso se non scappano velocemente.

E mentre alla velocità della luce si sta creando nuovamente lo “stato islamico talebano”e il presidente ufficiale dell’Afghanistan è già scappato in Tagikistan, sono pochi i nostri politici ed opinion leader, in particolare della sinistra radical chic, che stanno pensando a quello che succederà alle donne. Nonostante le promesse degli invasori il primo atto fatto nella capitale conquistata è stato quello di cancellare le immagini di abiti da sposa e delle relative modelle sulle insegne dei negozi.

Se il buongiorno si vede dal mattino, il dramma è appena cominciato.

Alla fine di questo mese di agosto, le ultime truppe statunitensi lasceranno l'Afghanistan, fatta eccezione per i reparti incaricati di evacuare, attraverso l'aeroporto di Kabul, il personale diplomatico e le diverse migliaia di collaboratori afgani che troveranno asilo negli Stati Uniti.

"Gli afghani devono combattere per se stessi", ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

E gli afghani? E soprattutto che ne sarà delle donne che, dal 2001, sono tornate nelle scuole e ora sono insegnanti, giornalisti, medici, infermiere, segretarie, poliziotti, consiglieri o deputati?

Nel Parlamento a Kabul, ormai defenestrato, il 25% era composto da donne; più di 100.000 erano nei consigli locali.

Come faranno a difendersi?

Forse difese da quei quattro poveri diavoli di adolescenti che con pochi fucili pensavano di fermare le orde nere talebane?

O forse dall’esercito regolare , quello addestrato da americani e italiani , che nemmeno si è fatto vedere e adesso è in fila con lettere di perdono di fronte ai nuovi padroni del paese?

Alcuni resoconti della giornalista britannica Emma Graham Harrison per “The Guardian” sono pieni di ammirazione per queste donne, ma non nascondono la paura di quello che succederà.

Perchè i talebani non sono cambiati: considerano ancora le donne come esseri umani inferiori che non possono rivendicare o esercitare gli stessi diritti degli uomini.

Le donne non possono uscire per strada senza la compagnia di un parente maschio, non possono andare nelle scuole pubbliche o nelle scuole pubbliche. Gli ospedali non possono funzionare se le infermiere non sono completamente coperte con il burqa.

Ed allora invece di dire banalità a manetta i nostri politici dovrebbero stare zitti o perlomeno ricordare il rischio umanitario che si sta  avvicinando per le donne afghane.

Le donne italiane, e quelle di tutto il mondo, dovrebbero unirsi e dirigere la propria forza per non permettere che tutto questo possa accadere.

Scendano in piazza per rivendicare il diritto di asilo per le donne afghane in fuga. Occorre la mobilitazione con donazioni, volontariato e tanto lavoro sui media. L’oscurantismo e la barbarie non possono e non devono vincere in Afghanistan.