Armi all'Ucraina, Meloni impone l'ok entro fine anno per rispettare i patti internazionali. Ma c'è il rischio astensione dei ministri leghisti in Cdm
Salvini non vuole lasciare a Conte la bandiera del pacifismo
Matteo Salvini e Giorgia Meloni
Il via libera al decreto ci sarà sicuramente ma ci sono delle divisioni
Gli impegni presi a livello internazionale vanno rispettati e l'Italia è un Paese serio. Questo, in estrema sintesi, il messaggio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni al vicepremier e segretario della Lega Matteo Salvini sul decreto legge per prorogare l’autorizzazione a cedere mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all’Ucraina. Il provvedimento è slittato, era fra i 18 punti all’ordine del giorno della convocazione - inviata ai ministeri ieri mattina - della riunione tecnica preparatoria prevista per mercoledì pomeriggio, alla vigilia del Consiglio dei ministri in agenda oggi. Ma è stata inviata una convocazione aggiornata, con solo 17 provvedimenti in esame, e senza quel decreto. Secondo quanto spiegano fonti di governo, l’ordine del giorno era già molto carico di questioni urgenti e, poiché l’autorizzazione alla cessione di armi a Kiev scade a fine mese, si è deciso di rinviare il decreto.
All’indomani dell’offensiva russa, la cessione di armi all’Ucraina è stata prevista da un decreto legge del 25 febbraio 2022, che la autorizzava fino al 31 dicembre di quell’anno e previo atto di indirizzo delle Camere. Poi il provvedimento è stato più volte prorogato di anno in anno con nuovi provvedimenti varati dal Consiglio dei ministri. Nel 2022 accadde all’inizio di dicembre, nel 2023 il 19 dicembre, nel 2024 all’antivigilia di Natale, e quest’anno il decreto con la proroga potrebbe arrivare nel Cdm di settimana prossima o comunque prima di Natale. Nel frattempo, in questi quattro anni l’Italia ha fornito dodici pacchetti di aiuti militari al governo di Kiev definiti altrettanti decreti interministeriali (che necessitano solo dell’illustrazione al Copasir senza ulteriori passaggi in Parlamento) l’ultimo dei quali è stato pubblicato l'altro ieri in Gazzetta ufficiale.
Sono settimane però che la Lega si sta smarcando sull’invio di nuove armi a Kiev. Messo in sicurezza il dodicesimo pacchetto di aiuti, il voto in Parlamento della nuova autorizzazione annuale potrebbe essere un banco di prova per la maggioranza. Di fronte allo scandalo corruzione a Kiev, Salvini ha usato toni duri. "Sapere che alcune centinaia di milioni di dollari non sarebbero finite per salvare i bimbi o per difendere gli ucraini aggrediti, ma sarebbero finite per ville di lusso, conti all’estero, un giro di prostituzione, chissà cos’altro, di uomini vicinissimi a Zelensky è qualcosa che ci impone estrema cautela. Prima di parlare di nuove armi e di tutto il resto, aspettiamo di capire cosa succede", ha affermato il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture nei giorni scorsi.
Ma fonti ai massimi livelli, vicinissime sia alla presidenza del Consiglio, quindi la premier Meloni e il sottosegretario Giovambattista Fazzolari, sia al dicastero della Difesa di Guido Crosetto così come alla Farnesina guidata dall'altro vicepremier Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, assicurano al 100% che il decreto "verrà varata" nonostante i dubbi della Lega. "Siamo sempre stati compatti e lo saremo anche questa volta", spiegano da Fratelli d'Italia. La premier ha preso impegni a Bruxelles, sia con la Nato che con l'Unione europea, oltre che con il presidente ucraino Zelensky, e imporrà la sua linea.
Il Carroccio, però, potrebbe clamorosamente astenersi con i suoi cinque ministri in Cdm, un atto simbolico perché il provvedimento passerebbe comunque, ma con un grande significato politico. A meno che non si trovi un compromesso con un testo che indichi esplicitamente che si tratta dell'ultimo anno di aiuti, il 2026, e che il governo si impegna in tutte le sedi per un accordo con la Russia.
Difficile che Meloni, pontiere tra gli Usa di Donald Trump e gli estremismi ultra-Kiev di Emmanuel Macron e Keir Starmer, possa accettare una versione troppo 'pacifista'. Ne va della reputazione internazionale del nostro Paese. Punto sul quale Meloni tiene tantissimo.
Il tutto mentre le opposizioni hanno atteggiamenti totalmente differenti tra loro e nessuna posizione comune. Politicamente, però, Salvini sa perfettamente che in tutti i sondaggi emerge come la maggioranza netta degli italiani chieda lo stop all'invio di soldi e armi al governo (corrotto) di Kiev per concentrare le risorse su welfare, sanità, scuola, investimenti, lavoro e riduzione della pressione fiscale. E la Lega non vuole lasciare la bandiera del pacifismo in mano solo a Giuseppe Conte e al M5S, anche perché dai sondaggi viene fuori che i più contrari a continuare ad aiutare l'Ucraina sono gli elettori di Centrodestra. Una linea quella leghista potrebbe risultare vincente alle prossime elezioni politiche del 2027.
Fra le ultime decisioni del governo c’è stata quella di mettere in standby la decisione di aderire al meccanismo (Purl) di acquisto di armi americane da girare a Kiev. "Ad ora - ha spiegato Meloni - non stiamo aderendo, poi vedremo ma non ci siamo dati una deadline". Anche qui pesa il nodo Lega. Ma prima poi o poi - spiegano sempre fonti di governo - l'Italia farà la sua parte come promesso dalla presidente del Consiglio in più occasione allo stesso Trump, sia in conversazioni telefoniche sia in incontri faccia a faccia.
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