Ue, von der Leyen sempre più isolata: la forzatura sul bilancio mostra tutta la sua debolezza

La proposta presentata da Ursula ha il singolare merito di scontentare praticamente tutti: il suo stesso collegio dei commissari, le Regioni, 19 stati nazionali, gli agricoltori, e la quasi totalità del Parlamento...

di Vincenzo Caccioppoli

Ursula Von Der Leyen

Politica

Bilancio europeo, ecco perchè von der Leyen è sempre più isolata. Analisi 

Alla fine Ursula Von der Leyen, smentendo anche alcune voci della vigilia, ha voluto giocare d’azzardo ed andare dritta per la sua strada sulla riforma del bilancio presentata mercoledì scorso. Una proposta che ha il singolare merito di scontentare praticamente tutti: il suo stesso collegio dei commissari, le Regioni, 19 stati nazionali, gli agricoltori, e la quasi totalità del Parlamento.

Mai forse prima d’ora una Presidente della Commissione si è trovata, come ora lei, praticamente isolata da tutto e da tutti, arroccata nel suo fortino, all'ultimo piano del suo ufficio a Palazzo Berlaymont, difesa a spada tratta dai suoi fedelissimi, primo tra tutti il suo potentissimo (e odiatissimo) capo di gabinetto, Bjoern Seibert.

La riforma del bilancio si sapeva sarebbe stata uno dei passaggi più difficili di tutta la legislatura. Ma doverla affrontare dopo il voto di sfiducia al Parlamento — proprio la settimana prima — era difficilmente prevedibile. E la cosa deve evidentemente aver parecchio infastidito l’assai permolosa presidente.

Proprio il voto di sfiducia bocciato a Strasburgo deve in cuor suo averla convinta che serviva un deciso cambio di passo, e che fosse necessario essere meno accondiscendente verso alcune forze politiche, soprattutto socialisti e sinistre, che sembravano volerla tenere sotto scacco.

Serviva un atto d’orgoglio, come quello mostrato nei confronti di Emmanuel Macron a settembre, quando pretese il ritiro della candidatura di Thierry Breton. Ma forse, come trapela da fonti autorevoli, non ha fatto bene i calcoli, o quantomeno ha forzato troppo la mano su un provvedimento chiave.

Il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale era già da settimane un campo minato, pieno di richieste contrastanti e litigi, e appariva evidente che potesse esploderle in faccia. Alla vigilia si pensava che l’idea del fondo unico sarebbe stata accantonata — almeno per quanto riguarda la politica di coesione — viste le resistenze di Raffaele Fitto e del Comitato delle Regioni.

Ed è proprio Fitto che sarebbe riuscito a difendere il bilancio della coesione, restituendo per vie traverse un ruolo alle Regioni, completamente escluse nel piano originario. Un’assurdità, dato che proprio le Regioni sono responsabili della spesa di gran parte di quei fondi.

Le somme dedicate alla coesione nel nuovo bilancio ammontano a circa 450 miliardi e risultano sostanzialmente invariate rispetto al precedente. Come ha notato lo stesso Fitto, anche il mantenimento del termine "regioni" nel nome non è casuale.

Ma nonostante le concessioni, la Von der Leyen è riuscita nell’impresa di scontentare anche il suo stesso gruppo politico, e in parte perfino il suo Paese di origine. Non è da escludere che tutto sia stato orchestrato a tavolino, ma rischia di logorarla. Anche il metodo confuso con cui è stato presentato il bilancio dimostra come la forza con cui aveva ottenuto la maggioranza nel luglio scorso si sia sciolta come neve al sole.

Da "donna forte d’Europa" è ora percepita come l’anello debole di un’Europa fragile e divisa. Qualcuno ha visto nell’aumento dei fondi per l’immigrazione un messaggio alla sua presunta ancora di salvezza: Giorgia Meloni, che però potrebbe anche lasciarla sola.

Von der Leyen appare dunque come una donna sola al comando, ferita nell’orgoglio e delusa da chi (Weber? Merz? Macron?) l’avrebbe abbandonata.

Prevedendo una trattativa brutale, lei e il suo capo di gabinetto Bjoern Seibert avevano avviato colloqui con gli stati membri già 18 mesi fa, con l’obiettivo di evitare una battaglia prolungata e presentare un bilancio condiviso. Ma le reazioni delle ultime 48 ore mostrano un fallimento clamoroso della strategia.

Le trattative, infatti, sarebbero state costruite su presupposti completamente diversi da quelli poi inseriti nella bozza. A mezzogiorno di mercoledì — orario previsto per la presentazione del piano al Parlamento da parte del commissario al bilancio Piotr Serafin — i funzionari stavano ancora discutendo sulle cifre. Martedì notte si è lavorato fino alle 2 del mattino, per riprendere alle 8. Qualcuno suggerisce che nemmeno i commissari conoscessero le cifre finali fino a poche ore prima.

La grande idea di Von der Leyen era quella di accorpare le risorse in piani nazionali legati all’attuazione delle riforme, aumentando così l’influenza di Bruxelles. Ma con il tempo si è formata un’alleanza trasversale di agricoltori, regioni e parlamentari per contrastare questa visione.

All’interno della Commissione si è poi formata un’alleanza atipica tra la commissaria socialista rumena Roxana Minzatuun, il vicepresidente esecutivo italiano Fitto, e il commissario all’agricoltura Christophe Hansen, che sono riusciti a strappare alcune concessioni sulla coesione.

Come ha detto un funzionario della Commissione: "Sono tutti riusciti a salvare la faccia". Un altro ha aggiunto: "Hanno lottato duramente per proteggere le loro politiche".

Ora si apre la fase delle trattative, ma le premesse per Von der Leyen sono tutt’altro che incoraggianti.

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