Conte e Salvini, quel sottile filo che lega i destini dei leader di M5S e Carroccio

Ambedue sono su posizioni estreme, perché solo così possono dimostrare di essere ancora vivi e cercare raccogliere consenso

di Vincenzo Caccioppoli
Giuseppe Conte e Matteo Salvini (Lapresse)
Politica

Quel sottile filo che lega i destini di Conte e Salvini

C’è uno strano filo che sembra legare ancora il destino di Matteo Salvini e Giuseppe Conte, dopo l’esperienza di governo del 2018 conclusasi con la crisi del Papeete aperta dal leghista.

Il voto in Toscana è stato l’ultimo episodio che ha mostrato come il Movimento 5 Stelle e la Lega abbiano un ruolo assai speculare nelle due rispettive coalizioni e, così come quello, anche i risultati, purtroppo per loro, appaiono specularmente deludenti. Il tonfo in Toscana è stato solo l’ultimo episodio di una serie di cali elettorali che dai trionfi del 2018 ha più che dimezzato i consensi sia per l’uno che per l’altro partito a livello nazionale (per quello locale i cali sono ancora più vistosi). È come se tra i due si fosse instaurato, in forma inconscia, un'attrazione fatale che li spinge da opposte posizioni a giocare lo stesso ruolo in commedia nelle rispettive coalizioni, quelle del Gianburrasca o del guastatore, come dir si voglia.

Conte fa il filorusso e pacifista da sinistra punzecchiando la Schlein e aspirando a fregarle il ruolo di leader della coalizione (che probabilmente non spetterà alla fine a nessuno dei due). Così come Salvini non riesce a dare colpe a Putin e mantiene una posizione piuttosto ferma sul “no” al riarmo, mentre cerca di trovare all’estrema destra una nuova collocazione politica, che certo non è mai stata nelle corde della Lega.

Ambedue sono su posizioni estreme, perché solo così possono dimostrare di essere ancora vivi e cercare raccogliere quel briciolo di consenso che viene loro lasciato dai due voraci partiti delle rispettive coalizioni, Fdi e Pd. Sono lontani come posizioni ideologiche, ma al tempo stesso molto vicini soprattutto su alcuni aspetti di politica estera.

Fedele alla coalizione di centro destra, Matteo Salvini non manca però di voler far marcare le sue differenze rispetto alla premier, forse un po' meno fedele Giuseppe Conte (ma i caratteri sono comunque differenti) che però rimane ancorato al campo largo, perché per ora sta ottenendo molto più spazio di quello che meriterebbe il suo apporto in termine di voti.

Ma all’interno dei loro partiti, anche se le loro leadership restano ancora abbastanza solide (soprattutto per una sostanziale mancanza di alternative) cominciano a vedersi alcune crepe. Nella Lega l'opposizione interna sta cominciando a rimproverare al segretario alcune scelte, come quella di voler puntare su un partito nazionale, e puntando per questo su uomini divisivi come Roberto Vannacci (assai ridimensionato dal tonfo in Toscana, dove era stato nominato plenipotenziario). 

Mentre nel Movimento, la vecchia guardia formata dalla ex sindaca di Roma Virginia Raggi o del nuovo re dei social del nostalgico popolo grillino, Danilo Toninelli, e dai redivivi Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio (che, anche se ormai fuori dal movimento, lavorano nell’ombra pronti a riprenderselo, dicono fonti autorevoli interne).

Ecco allora che la vittoria di Roberto Fico (che appartiene a pieno titolo al nucleo storico dei 5 Stelle) in Campania, potrebbe diventare alla lunga più un problema che una risorsa per un Conte, che comincia a perdere un po’ di quella cieca fiducia che i militanti riponevano in lui.

Giuseppe Conte, in questo momento, è paradossalmente aiutato dalla Schlein, che gli sta concedendo molto più di quello che vale in termini elettorali, perché in realtà a tutti e due conviene questa alleanza a livello personale. In un certo senso insieme coprono le loro rispettive debolezze e diventano per diverse ragioni più forti. Anche se non so quanto potrà durare”, dice un deputato del Pd.

Ma tornando ai nostri due eroi, appare chiaro come il voto in Veneto per il leghista e quello in Campania per Conte, siano due tornanti fondamentali del loro futuro politico. Un risultato deludente porterebbe inevitabilmente a una profonda riflessione sulla linea politica e quindi sul senso della loro leadership. Due leadership ormai sbiadite, che rimangono legate a nostalgici fasti del passato che difficilmente potranno essere rivissuti.

Salvini e Conte, malgrado tutto, continuano in un certo senso a essere attratti politicamente l'uno dall’altro. Perché si sentono più vicini tra di loro di quanto non lo siano a Meloni e Schlein. È il discorso dei poli che si attraggono. È molto probabile che, così come insieme hanno raggiunto il rispettivo apice della loro carriera politica, insieme consumeranno la loro fine politica”, diceva, qualche giorno fa, prima delle elezioni in Toscana, un senatore leghista.

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