D'Alema in soccorso di Schlein (direttamente dalla Cina), la nuova tattica di "baffino" divide ancora di più la sinistra

Così "baffino" ha rivendicato la sua scelta di accettare l'invito di Xi

di Vincenzo Caccioppoli
Politica

D'Alema e l'invito di Xi: "La Ue deve trovare un accordo con la Russia"

Ha destato una certa impressione nel Pd ma anche fuori, l’intervista che Massimo D’Alema ha rilasciato al Corriere. L’ex segretario dei democratici, rivendica nella lunga chiacchierata con il Corriere, la scelta, assai discussa, di accettare l’invito della Cina nel settembre 2025 per celebrare l'anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale. Un evento che ha scatenato critiche e dibattiti in Italia.

La sua presenza, al fianco di leader come Xi Jinping e Vladimir Putin, infatti, ha suscitato polemiche per il contesto politico in cui si è svolta, con la presenza di alcuni dittatori, come il leader della Corea del Nord. Ma Massimo D’Alema non sembra dar troppo conto a quelle che ritiene critiche strumentali, e anzi rilancia nell’intervista con Aldo Cazzullo, il senso di quel suo viaggio, senza rinunciare a fare cenni anche alla situazione politica italiana. “La Ue deve trovare un accordo con la Russia”, dice l’ex premier. “Con il sud del mondo dobbiamo dialogare, non si può isolare l’80 per cento dell’umanità”, dice ancora D’Alema.

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“L’Europa deve fare un accordo di sicurezza con la Russia”, aggiunge. Poi spiega il senso della sua presenza a Pechino, che secondo lui non ha assolutamente nulla di strano, perché era doveroso secondo lui andare per “festeggiare gli ottant’anni della vittoria del popolo cinese nella sua liberazione, e la vittoria della guerra contro il fascismo e il nazismo".

E ancora: “Putin è stato ricevuto con maggiori onori negli Stati Uniti che in Cina. Le ricordo che nella guerra al nazifascismo i russi hanno avuto venti milioni di morti; che la Russia fosse rappresentata mi pare abbastanza inevitabile”. D’Alema poi evidenzia: “I leader occidentali hanno commesso un errore. A Pechino era rappresentato, ci piaccia o no, l’80% del genere umano. Isolare l’80% dell’umanità è un’impresa difficile. Mi fa riflettere un certo imbarbarimento”.

Quanto al rischio di una guerra tra Cina e Usa spiega: “Sono d’accordo con Kissinger, quando nel suo ultimo libro scrive che le due grandi potenze devono costruire un nuovo quadro di convivenza. Occorre la consapevolezza che i nostri principi non sono un assoluto; devono convivere con i principi degli altri. In Occidente alla potenza della tecnica corrisponde una mancanza di pensiero filosofico e letterario. Il mondo ha rotto gli ormeggi senza avere una bussola morale. È un tema che i cinesi affrontano nel loro pensiero. La cosa davvero importante che ho fatto in Cina, alla fine del 2024, è stata seguire un congresso di studi confuciani di grande interesse”.

Un intervento insomma non certo banale (e come potrebbe essere visto la statura e l’intelligenza del personaggio) che riporta baffino sotto i riflettori della politica, dopo una assenza assai prolungata, impegnato com’è da tempo nella sua nuova attività di lobbying, ( anche lui faceva conferenze per poi mollarle, forse, come dice qualche maligno, anche per distinguersi dal suo “nemico” Matteo Renzi) che però ha subito qualche inciampo non previsto, come nel caso delle forniture di armi alla Colombia (in cui è finito sotto inchiesta, poi archiviata). Si definisce un pensionato della politica, che preferisce rimanere lontano dalle polemiche legate al partito, di cui lui è stato uno dei protagonisti assoluti per oltre trent’anni.

Ma in realtà il suo nome assai evocativo, aleggia ancora nelle oscure stanze del Nazareno, e incute ancora una certa reverenza. Questa intervista, la prima dopo molto tempo, per alcuni potrebbe rappresentare un chiaro segnale rivolto a chi nel partito avrebbe ormai deciso di far fuori l’attuale segretaria. E sì che nel 2023 quando la Schlein vinse le primarie, D’Alema fu piuttosto caustico ( lui avrebbe preferito Bonaccioni che aveva già appoggiato nel 2019 e che conosceva molto bene e che probabilmente pensava di potere facilmente manovrare) nel commentare la sua ascesa alla guida del partito:”

Ha il compito di rilanciare, di rianimare il partito, per evitare che un iscritto possa commentare in questi termini sarcastici, come mi è capitato di sentire – e cito testualmente - l’esito congressuale: dopo avere perso le elezioni, il Pd ha perso anche le primarie, il Pd ha votato contro se stesso”. Ma ora invece che tutti, o quasi nel Pd, sembrano criticare la linea politica “troppo estrema” della segretaria, ecco che D’Alema sembra volerle concedere ancora una chance: "Non mi piace la parte di chi sta lì a criticare quelli che sono in office. L’elettorato spinge per l’unità Pd-5 Stelle-Sinistra; e in effetti, quando vota appena il 50%, mobilitare i propri elettori è importante. Ma non è sufficiente. Schlein ci sta mettendo passione e spirito unitario. Certo, il Pd farebbe bene a elaborare una risposta ai problemi molto seri che abbiamo davanti".

Insomma per qualcuno queste dichiarazioni non possono essere casuali, e dettate dalla semplice volontà di esprimere un semplice autorevole parere, soprattutto in un momento così delicato per il partito. “Certe frasi dette da uno come lui, e in determinati frangenti, pesano come macigni” commenta un senatore di vecchio corso dei dem. Anche perché, dopo la sua esperienza di segretario, ha continuato a fare da "guastatore"; e rendere difficile la vita di chi gli è succeduto: prima Walter Veltroni (dimessosi nel 2009, appunto), poi Matteo Renzi: una guerra aperta tra il 2015 e il 2017, fino alla scissione del febbraio 2017 con la fondazione di Articolo 1 assieme a Pier Luigi Bersani.

Un progetto che avrebbe dovuto erodere il consenso del partito renziano a sinistra e che invece ha finito per erodere sé stesso e far rientrare tutti, tranne ovviamente lui che ha preferito restare nell’ombra, nuovamente nel Partito democratico. D’altra parte è cosa risaputa che l’ex “leader maximo” in realtà ha sempre voluto tenersi le mani libere da una parte, ma dall’altra mantenere un piede nel Pd attraverso i suoi ancora tanti adepti. L’obiettivo era e rimane quello di spostare il Pd a sinistra e nel medio termine fare una “cosa rossa” assieme al M5s di Giuseppe Conte, di cui D’Alema negli ultimi anni è stato uno dei consiglieri politici più ascoltati nel Pd, in compagnia del plenipotenziario del Pd romano Goffredo Bettini.

Un obiettivo che ora sembra poter sfuggire, stante la debolezza della segretaria, messa alle strette da chi l’accusa proprio di essere troppo massimalista. In altre parole quello di D’Alema potrebbe essere un tentativo di riportare al centro la sua vecchia idea massimalista di far tornare alle origini il Pd. Ha subodorato che i riformisti vorrebbero riportare il partito al centro, magari fidandosi di chi come Renzi crede ancora che le elezioni si vincono al centro. D’Alema avrebbe molto apprezzato le parole invece di Franceschini che a Repubblica, aveva detto che non è tempo di leader moderati. Anche perché quando Cazzullo gli ha chiesto Ma lei è ancora comunista? La sua risposta non ha lasciato adito ad interpretazioni.

“La formazione è quella. Uno non può mai dimenticare l’educazione che ha ricevuto. Ma ho contribuito a porre fine al Pci e a dare vita a un altro partito. Occhetto fece bene, e abbiamo sempre motivo di gratitudine per il coraggio con cui cambiò”. Ma questo non vuol dire che la Schlein possa ora dormire sonni più tranquilli, anzi. Perché è assai probabile che in caso di primarie di coalizione D’Alema sarebbe tra i più convinti supporter di Giuseppe Conte, che viene dato favorito nei confronti della segretaria. Insomma l’ennesimo caso di segretario prima usato e poi scaricato, come è ormai nella tradizione della ex “ditta”.

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