Loggia Ungheria, Davigo ha agito in buonafede: il reato commesso è l'inumanità

Caso Amara, l'ex consigliere del Csm è accusato di rivelazione del segreto d'ufficio per il caso dei verbali di Piero Amara

Di Gianni Pardo
Politica
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Caso Amara, Davigo rinviato a giudizio è come accusare Papa Francesco di ateismo

Piercamillo Davigo è stato rinviato a giudizio. Secondo quanto scrive l'Ansa “L'ipotesi della Procura bresciana è che Davigo abbia convinto Storari a consegnargli i verbali [riguardanti la Loggia Ungheria] e poi li abbia diffusi all'interno del Csm. Verbali che erano coperti dal segreto investigativo”. Non ho alcuna simpatia per Davigo ma questo processo mi disturba. Sono convinto che egli si senta e sia soggettivamente del tutto innocente. Quanto meno, del reato ascrittogli. Ma devo prenderla alla lontana.

La psichiatria merita tanto più rispetto quanto più si occupa di soggetti lontani dalla normalità. Mi è capitato una volta di visitare un asilo privato per malati di mente e ne sono uscito sconvolto. Quello che ho visto mi ha umiliato, vedendo quanto un essere umano possa snaturarsi, a causa di una malattia, fino a non sembrare più un nostro simile. E quanto stupidi siamo noi, quando diamo del pazzo o dell’idiota a un amico. Non è lecito, neanche per scherzare, confondere questa ingiusta degradazione con qualche errore di giudizio, magari dovuto ad ignoranza.

Lo spettacolo della vera malattia mentale dovrebbe far parte, insieme col giro degli ospedali e degli obitori, delle lezioni della facoltà di filosofia. Finché non vediamo a che cosa si riduce un uomo, quando gli si guasta il cervello, non ci rendiamo conto di che cosa siamo veramente. E quanto poco l’anima immortale, ammesso che esista, influisca sul cervello di un grave schizofrenico o di un idiota clinico. In questo campo non poteva non nascere una scienza seria: la psichiatria.

Viceversa nella vita d’ogni giorno, anche per colpa/merito di Sigmund Freud, da molto tempo la psichiatria si occupa di soggetti che prima la gente avrebbe considerato soltanto un po’ “strani”. Oggi il numero delle “fobie” è sterminato e alcune sono francamente inverosimili. Come gli atteggiamenti paranoidi, che si sprecano. Fino a farci pensare che l’uomo sano di mente sarebbe quello che non ha subito alcun condizionamento, non ha nessuna preferenza, non ha opinioni definite su nulla ed è talmente scialbo e insipido da chiedersi se non bisognerebbe ricoverarlo in quell’asilo che mi è capitato di visitare.

Un tizio ha paura degli ascensori e si fa sei piani a piedi pur di non prenderne uno? È “claustrofobico”. Eccolo classificato. Possiamo trafiggerlo con uno spillo e rinchiuderlo in bacheca insieme con gli altri fobici. Tutto questo mi sembra un’esagerazione. Giacomo non vuole prendere l’ascensore? Peggio per lui. Quando saremo arrivati da un pezzo lui suonerà alla porta e qualcuno andrà ad aprirgli. Amen.

Intendo dire che, finché le nostre caratteristiche “patologiche” non sono gravi, non bisognerebbe scomodare la psichiatria. Io considero me stesso “nevrotico” per certi lati e perfettamente sano per altri. Ma in conclusione mi assolvo. Perché nemmeno i miei lati “nevrotici” danneggiano o disturbano il prossimo. In questo campo la psichiatria viaggia spesso su terreno non suo, giungendo talvolta a conclusioni arbitrarie.

Ognuno è diverso da tutti gli altri ed è figlio della propria storia personale. Io per esempio ho sempre fame e non smetterei mai di mangiare. Perché? La mia tesi è che ho avuto fame da bambino e, a quanto pare, non l’ho mai dimenticato. Devo andare da uno psichiatra? Certo che no. In primo luogo, il collegamento con la guerra potrebbe essere arbitrario. In secondo luogo da questa caratteristica ho soltanto dedotto che devo accettare di avere sempre fame e non mangiare più del giusto lo stesso. Per il resto, “abile per il servizio”.

E così posso tornare a Piercamillo. Se dovessi giudicarlo come giudico me stesso, direi che ha anche lui il suo bel lato “patologico”. Davigo (ma non sono un “davigologo” e potrei sbagliare) non è stato un magistrato perché gli è “capitato” di esercitare questa professione ma perché ha costantemente sentito in sé il dovere di imporre la morale, di reprimere il delitto, di proteggere la società. 

Per lui la legge è divenuta una sorta di ragione di vita e la punizione dei colpevoli di missione divina. Insomma, come Torquemada, non è un odiatore della società ma un protettore dei credenti. Ovviamente, se non siamo fanatici del Cristianesimo o della Legge consideriamo con orrore (Torquemada) e con perplessità (Davigo), ma dobbiamo riconoscere la loro onesta, sincera e quasi eroica dedizione alla missione.

(segue)

Giudico Davigo un pericolo per l’umana convivenza ma lo considero un onest’uomo al di sopra di ogni sospetto. Lo reputo pressoché fisicamente incapace di violare la legge, talmente la sua natura si ribellerebbe a quell’azione. Rinviare a giudizio Davigo è come accusare Papa Francesco di essere ateo.

Rimane da vedere in che senso, pur da perfetto innocente, egli abbia potuto commettere il reato di cui è accusato. Personalmente sono convinto che, nel passare i verbali al Csm (“per il di più a praticarsi”, come scrivono i Carabinieri) egli non abbia inteso far altro che favorire la legalità. C’era il sospetto che dei magistrati volessero coprire le malefatte di altri magistrati, impedendo il corso della giustizia, e bisognava intervenire. 

Segreto d’ufficio? Ma che segreto d’Egitto, per un magistrato! E poi lui quei verbali non li ha consegnati ai giornalisti - perché poi comparissero sui giornali, come hanno fatto tanti suoi colleghi che nessuno ha punito - ma al più alto organo della Magistratura, presieduto addirittura dal Presidente della Repubblica. Il segreto investigativo andava dunque mantenuto anche nei confronti del Presidente della Repubblica?

Nel merito decideranno i magistrati di Brescia ma in questa sede mi piacerebbe poter dire al dr. Davigo che, anche se io lo reputo in buona fede, probabilmente ha sbagliato, per quanto lo riguardava, reputandosi infallibile, ed ha sbagliato per quanto riguarda gli altri accusati, presentandosi come implacabile.

(segue)

Lui potrebbe aver sbagliato credendo di agire per il meglio ma la legge non tiene conto delle intenzioni. Infatti essa è capace di punire anche un galantuomo come lui che in vita sua magari non ha parcheggiato nemmeno una volta l’auto dove è vietato. 

Ecco il punto: mentre io sarei felice di vederlo assolto e pur non avendo “letto le carte” gli attribuisco la più cristallina buonafede, lui in passato ha mancato di umanità nei confronti di chi friggeva sul banco degli accusati.

Ecco dunque il dispositivo: “Dottor Davigo, io l’assolvo a scatola chiusa dal reato ascrittole perché il fatto non costituisce reato. Nel frattempo la condanno a chinare la testa, almeno una volta, riconoscendosi colpevole di inumanità”.

 

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