Dazi, Weber (PPE) contro i colossi Usa del tech. Si complicano le trattative. Così Meloni lavora a una (difficile) intesa con Trump
"Le nostre regole sul digitale non le stabilisce la Casa Bianca"
Dazi, in salita la strada per un'intesa Ue-Usa. Ma anche a Trump la guerra non conviene
"Le regole su cui si basa il mercato unico non vengono stabilite nelle sedi delle grandi aziende della Silicon Valley e nemmeno alla Casa Bianca. Vengono stabilite dal Parlamento europeo". Sono forti e chiare le parole di Manfred Weber, presidente e capogruppo del Partito Popolare Europeo al Parlamento europeo. La posizione del capo dei Popolari europei, principale gruppo all'EuroCamera del quale fa parte anche Forza Italia del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, mette in qualche modo in difficoltà Giorgia Meloni nella sua certosina opera di lavoro dietro le quinte per facilitare un'intesa sui dazi tra Ue e Usa entro il 9 luglio.
Weber vuol dire Ursula von der Leyen ma anche il cancelliere tedesco della Cdu-Csu Friedrich Merz, con il quale la premier, sempre ben consigliata dalla sorella Arianna, ha appena siglato un accordo sul fronte del contrasto all'immigrazione clandestina e in particolare sul modello centri per i rimpatri in Paesi extra-Ue (modello Albania). Quando il leader del PPE parla delle grandi aziende della Silicon Valley si riferisce chiaramente alle Big Tech americane appena esentate dal G7 con l'ultima intesa sulla Global Tax (un modo per spingere il tycoon a più miti consigli e convincerlo a siglare un patto stabile e duraturo con Bruxelles per evitare la guerra commerciale tra le due sponde dell'Atlantico).
Il punto è che Meloni non può certo difendere Amazon, Meta-Facebook, Google etc... - contro le quali Forza Italia e in particolare il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri fa da sempre una battaglia durissima definendoli spesso "banditi fiscali" - ma dall'altro le parole di Weber fanno presagire che l'Unione europea intenda in qualche modo ritoccare l'accordo del G7 o comunque intervenire sul fronte della tassazione per i colossi della tecnologia e del web made in USA.
Questa linea, anche se condivisa nella maggioranza, rende più complicato l'obiettivo di Meloni di dazi al 10% massimo e partita chiusa con la Casa Bianca. Sia perché in Europa la Germania utilizza questa arma come minaccia contro gli States sia per le posizioni interne al governo e in particolare di Forza Italia. Ora si cercherà un punto di caduta ma è chiaro che il nodo dei dazi sta proprio nelle grandi aziende della Silicon Valley e di come verranno trattate da Bruxelles. La Germania e l'Italia hanno già perso poco più del 13 e del 12% di export verso il Nuovo Continente da quando è iniziata la battaglia dei dazi e serve assolutamente un'intesa. Berlino e Roma puntano a una rapida intesa sul 10% per i dazi dalle merci Ue verso gli Usa ma con alcune importanti "concessioni" (trattamento privilegiato) per auto, farmaceutica e agroalimentare (ovvero il cuore del Made in Italy in America).
Ma non a tutti i costi. La presidente del Consiglio lavora al dossier in stretto contatto con la Commissione e i principali partner europei e la soluzione potrebbe essere una tassazione non eccessiva sulle web company (per salvare comunque la faccia e non cedere ai diktat USA) ma che accontenti anche Trump, il quale sa perfettamente che un accordo serve anche a lui visto l'indebolimento del dollaro, l'aumento dei rendimenti dei titoli di Stato decennali americani e anche la guerra infinita contro il presidente della Fed Jerome Powell per il mancato taglio dei tassi di interesse.
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