Di Maio attacca Salvini sulla Russia. Ma è stato un cosacco antisistema
Una storia di murali e baci in uniforme
Di Maio 1, quello giallo – verde, aveva vinto le elezioni con un Movimento Cinque Stelle assolutamente sintonizzato su un asse sovranista insieme alla Lega
Luigi Di Maio attacca frontalmente Matteo Salvini sulla vicenda della intromissione del russo Medvedev nella politica interna italiana.
Lo fa in maniera abbastanza scoperta e plateale ricordandogli la vicenda del viaggio a Mosca (previsto per lo scorso 29 maggio e poi disdetto) in cui il leader della Lega avrebbe chiesto il costo di biglietti in rubli direttamente all’ambasciata Russa a Roma.
Di Maio qualche giorno fa aveva chiesto una commissione di inchiesta per fare luce sui rapporti tra leader politici italiani e la Federazione Russa.
Salvini aveva laconicamente replicato con un “la Russia non influirà sulle elezioni italiane” al che di Maio al volo ha ribadito che “Salvini è complice delle ingerenze”.
Insomma sembrerebbe solo un bel battibecco pre – elettorale che delizia i cittadini più smaliziati, ma ci sono alcune considerazioni da fare.
Questo non è una semplice contrapposizione politica perché è coinvolto il ministro degli Esteri di una nazione, l’Italia, pienamente impegnata nella guerra in Ucraina ed apertamente schierata con la Nato nella direttiva strategica di un asse storico per il nostro Paese, cioè quello atlantico.
Fu addirittura il segretario del Partito comunista italiano, Enrico Berlinguer, a dire in piena guerra fredda nel 1976 che si sentiva più protetto sotto l’ombrello della Nato che sotto quello del Patto di Varsavia.
D’altro canto la posizione di Salvini è delicata perché è noto il suo asse privilegiato con Mosca, tanto è vero che nel 2017 se ne andava in giro sulla Piazza Rossa con una maglietta con l’immagine di Putin a farsi fotografare radioso.
Maglietta del resto tornata di grande attualità qualche mese fa quando il sindaco di Przemys, Wojciech Bakun, la mostrò in mondovisione allo stesso Salvini, rifiutandogli di stringergli la mano.
Detto questo però occorre anche ricordare che Di Maio 1, quello giallo – verde per intenderci, aveva vinto le elezioni con un Movimento Cinque Stelle assolutamente sintonizzato su un asse sovranista insieme alla Lega. Si tratta, per intenderci, del Di Maio dell’inquietante murale (i due erano in uniforme con i simboli dei loro partiti) in cui bacia sulla bocca Matteo Salvini, comparso nel centro di Roma ai tempi della composizione per il governo giallo – verde.
Il murale voleva fare il verso a quello storico dipinto sul Muro di Berlino e che rappresentava il famoso bacio del 1979 tra Leonid Brežnev (Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica) e Erich Honecker (Presidente della DDR).
In quel tempo Di Maio recitava il ruolo di un anti – sistema che voleva scardinare dall’interno addirittura la politica mondiale. Era un periodo strano in cui c’era anche qualcuno, come Beppe Grillo, che attraversava a nuoto lo stretto con grugno marziale che fece sospettare antiche e forse mai sopite suggestioni.
Sta di fatto che i Cinque Stelle e la Lega vinsero le elezioni e fecero il governo.
Nel febbraio 2019 accadde un altro fatto inquietante, così annunciato dall’allora ministro e vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio:
«Il vento del cambiamento ha valicato le Alpi. Ripeto. Il vento del cambiamento ha valicato le Alpi». Sembrava un annuncio in codice di Radio Londra.
Una affermazione strana, sibillina, democraticamente inquietante anche perché la Francia non gradì affatto questa entrata a gamba tesa di un vicepresidente del consiglio italiano, di fatto presidente insieme a Salvini.
I gilet gialli, ricordiamolo, erano un movimento francese anti – sistema che era sorto per protestare, in maniera violenta, contro l’aumento dei prezzi del carburante.
Di Maio si era recato a incontrare i rivoltosi (ci furono feriti e morti) in vista delle elezioni europee che poi perse.
Non ebbe molta fortuna perché il fabbro di 52 anni che guidava la rivolta, Christophe Chalençon, non lo tenne in grande considerazione, nonostante una stanca foto di gruppo davanti fatta più per cortesia che per altro.
Lo accompagnava del viaggio il suo ex amico Alessandro Di Battista che almeno ha il merito di non aver cambiato idea, mentre il ministro degli Esteri ci ha abituato a vari salti carpiati che lo hanno portato dalla parte opposta, visto che adesso voterebbe per Macron, come ha dichiarato.
Di un mese prima era stata la battaglia dei due grillini contro il “franco francese africano”, cioè una moneta coloniale con cui, sostenevano i due, la Francia avrebbe sfruttato economicamente l’Africa. L’azione provocò la reazione del governo francese che convocò l’ambasciatrice italiana Teresa Castaldo per chiarimenti.
Dunque il Di Maio 1 ne ha fatte di tutti i colori quando gli conveniva di essere di “destra”. Il suo comportamento stride ancor di più se confrontato con il Di Maio 2 “democristiano” tutto “Vasa – vasa” alla Totò Cuffaro che si è alleato con Bruno Tabacci.
Allora Di Maio era filo russo perché era anti – atlantista, come del resto Beppe Grillo. È sempre Di Maio che ha inaugurato la “via della Seta” con la Cina nel Conte 1 strizzando contemporaneamente l’occhio ai movimenti sovranisti Usa e all’allora presidente Donald Trump e al suo ex consigliere Steve Bannon, molto di moda tra i grillini del tempo.
Alla luce di questi fatti Di Maio dovrebbe ricordare –prima di attaccare Salvini- il detto evangelico: “Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello”. Naturalmente il “fratello” è quello immortalato nel murale.