Ex Ilva, Urso: "Auspichiamo ci saranno altri soggetti per l'acquisizione. E non è previsto alcuno spezzatino". Intervista

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy ad Affaritaliani: "Creati oltre 1,2 milioni di nuovi posti di lavoro"

di Vincenzo Caccioppoli

Adolfio  D'Urso

Politica

L'intervista di Affaritaliani al ministro delle imprese e del Made in Italy Urso 

Dalla guerra in Ucraina ai negoziati a Washingotn, dal tema dei dazi fino alla questione dell'ex Ilva: il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso analizza su Affaritaliani i principali dossier internazionali e di politica interna legati alla competitività e al futuro del nostro Paese. 

Ministro Urso, il vertice di Washington ha evidenziato la ritrovata centralità dell’Italia nell’Occidente. Oggi il punto di riferimento sembra essere appunto la proposta avanzata da Giorgia Meloni: una sorta di meccanismo di difesa per l’Ucraina simile alle garanzie dell’articolo 5 della Nato. Ritiene realistico, su queste basi, un esito positivo nel percorso verso un accordo di pace?

Non possiamo fare previsioni: tutto dipenderà da Putin. Se deciderà davvero di fermarsi, con un bilancio di un milione di vittime tra militari e civili, o se invece persevererà nel suo obiettivo di ricreare l’Unione Sovietica. La maglietta indossata da Lavrov in Alaska ci fa temere che il loro proposito resti sempre quello. L’Ucraina è la prima linea della difesa europea e noi dobbiamo sostenerla nel raggiungere una pace giusta, il prima possibile.

Il Governo Meloni ha da poco superato l'importante traguardo di quarto esecutivo più longevo dell’Italia repubblicana. Quali ritiene possano essere i principali traguardi raggiunti?

Dall’inizio della legislatura sono stati creati oltre 1,2 milioni di nuovi posti di lavoro; l’inflazione si mantiene stabilmente al di sotto della media UE, quest’anno all’1,7 per cento, in netto calo rispetto all’11,8 per cento registrato al momento dell’insediamento, e la Borsa, nello stesso periodo, è cresciuta di oltre l’80 per cento, record in Europa. Oggi l’Italia è considerata un Paese affidabile, grazie alla solidità del governo e alla resilienza del suo sistema produttivo: per gli investitori questo si traduce in stabilità e capacità di azione. Lo scorso anno abbiamo infatti registrato 35 miliardi di investimenti esteri greenfield in Italia, più di Germania e Francia: non era mai accaduto prima.

Restando sul tema dell’inflazione, la leader del PD Elly Schlein rilancia l’idea di un accordo con la grande distribuzione per garantire stabilità e controllo sui prezzi. Un’iniziativa che ricorda molto il suo “Carrello Tricolore”

Schlein propone due anni dopo quello che noi abbiamo già realizzato per fronteggiare l'inflazione record che ci avevano lasciato. Il Trimestre anti-inflazione del 2023 aveva un obiettivo preciso: portare l’inflazione sotto la media europea. L'obiettivo è stato raggiunto e, proprio per questo, non è stato riproposto. Nel 2024 l’inflazione è scesa all’1,7% e ancora oggi si mantiene stabilmente tra i valori più bassi in Europa. Non promesse, ma risultati.

Sul fronte dell’Ilva, dopo l’importante intesa raggiunta con gli enti locali sembra finalmente aprirsi un importante spiraglio per lo stabilimento di Taranto che sembra procedere verso quel processo di decarbonizzazione che possa dare nuova linfa alla siderurgia italiana. Come giudica il risultato raggiunto?

Dopo anni di divisioni siamo riusciti a ritrovare unità di intenti, dando vita a un documento che definisce un percorso condiviso e vincolante per tutti. È un risultato senza precedenti. L’intesa non riguarda soltanto la realizzazione dei forni elettrici, ma anche elementi innovativi che abbiamo introdotto nella gara: la salvaguardia dell’occupazione come principio prioritario e la produzione di preridotto per alimentare i nuovi impianti, affidata a DRI Italia. Gli acquirenti saranno inoltre tenuti a presentare una nuova AIA che stabilisca tempi certi per la transizione ai forni elettrici, garantendo continuità produttiva e tutela dei lavoratori. Un ulteriore passo per fare dell'Italia il primo Paese in Europa con una siderurgia pienamente sostenibile.

Come vanno le trattative per la vendita dell'ex Ilva? Gli azeri di Baku sono ancora interessati?

Le trattative per la vendita procedono: i tre grandi player internazionali che avevano partecipato alla gara precedente sono ancora in campo e auspichiamo possano presto aggiungersi anche altri soggetti. Tra le novità, è prevista la possibilità di presentare offerte anche per l’area del Nord, qualora ciò garantisse un miglior equilibrio in termini occupazionali e produttivi. Inoltre, si valuta l’ipotesi di un quarto forno elettrico a servizio di Genova e degli stabilimenti piemontesi.

Tra le ipotesi di vendita non si esclude quindi un possibile spezzatino. Cosa può dirci a riguardo?

Non è previsto alcuno spezzatino, ma si potrà valutare la possibilità di realizzare due diversi investimenti: uno per l’area Nord e l’altro per Taranto. Ipotesi che potrà essere presa in considerazione esclusivamente nel caso in cui garantisse risultati complessivi migliori in termini produttivi e occupazionali, pur rimanendo la nostra preferenza per un unico complesso. Si tratta di una decisione che dipenderà molto anche dalle scelte di Taranto riguardo alla collocazione del Polo DRI e quindi della nave rigassificatrice.

Sul fronte dazi, come intende procedere il governo per aiutare le imprese che inevitabilmente subiranno un colpo da queste nuove tariffe?

È ancora troppo presto per quantificare con precisione l’effetto sulle esportazioni verso gli Stati Uniti, anche considerando che i nostri concorrenti dovranno affrontare dazi più elevati, fatta eccezione per la Gran Bretagna, che però non rappresenta un diretto concorrente per l’Italia sul mercato americano. Qualsiasi misura compensativa dovrà comunque essere condivisa a livello comunitario e potrà essere definita solo quando il quadro sarà più chiaro. Nel frattempo, abbiamo sollecitato la Commissione a chiudere accordi di libero scambio che aprano nuovi mercati - tra cui Emirati Arabi, Paesi del Golfo, India, Malesia, Filippine, Australia e Mercosur - salvaguardando al contempo la nostra produzione agricola.

Bisogna riconoscere che l’approccio ai tavoli di crisi è cambiato rispetto al passato: si cerca di uscire dalla spirale in cui le crisi venivano affrontate solo con atti commissariali. Come dimostrano i casi Ilva, Beko e lo storico marchio La Perla, il Mimit ha mostrato grande resilienza nel trovare soluzioni per salvare aziende e posti di lavoro. Qual è il bilancio dei primi mesi di quest’anno? State lavorando su nuovi strumenti per rafforzare questo approccio?

Nei primi sette mesi del 2025 abbiamo già svolto 126 tavoli plenari e 270 incontri tecnici, raggiungendo 16 importanti accordi di reindustrializzazione, più di uno ogni quindici giorni. Oltre ai casi di Beko e La Perla, si aggiungono gli accordi su Piombino e Terni, Berco e Diageo, che hanno salvaguardato circa 12.000 posti di lavoro. Lavoriamo per trasformare le crisi in opportunità, con spirito di squadra e collaborazione costante con tutti gli attori coinvolti: dai sindacati alle imprese, passando per gli enti locali. Siamo ora pronti a modificare la direttiva ministeriale sulla gestione delle crisi, introducendo un coinvolgimento strutturale di Regioni e parti sociali, per rafforzare il monitoraggio preventivo, favorire lo scambio di buone pratiche e migliorare strumenti e tempistiche di intervento, valorizzando pienamente il ruolo di amministrazioni locali, lavoratori e imprese.

Un ulteriore segnale della buona gestione del Mimit emerge da una recente analisi dell’European Parliamentary Research Service: il suo Ministero si colloca al vertice per capacità di utilizzo delle risorse del Recovery Fund, con il 50% dei 28,8 miliardi affidati, ben al di sopra della media nazionale del 34%. Sul PNRR come è la situazione attuale?

Proprio in virtù delle capacità gestionali dimostrate, in occasione della revisione del PNRR conclusasi a dicembre 2023 il ministero è stato destinatario di ulteriori 9 miliardi di euro, che hanno portato a 30 miliardi l’ammontare complessivo di risorse da gestire, distribuite su 13 progetti di investimento e 2 progetti di riforma. A oggi, su 41 milestones e target, ne sono stati rendicontati 25, perfettamente in linea con il previsto cronoprogramma. La spesa al 31 luglio 2025 è di circa 15 miliardi di euro, pari al 52% del totale delle risorse, un record che conforta gli sforzi messi in campo. Le nuove misure, in particolare quelle legate al Green Deal, stanno avendo un riscontro meno positivo rispetto alle attese, ma di questo stiamo tenendo conto nel confronto con la Commissione europea in vista dell’ulteriore revisione prevista in autunno.

Transizione 5.0 stenta a decollare, anche se nell’ultimo periodo sembra si stia muovendo qualcosa. A che punto siamo Ministro?

È una misura che ha risentito delle complessità iniziali, in larga parte imposte proprio dalla Commissione. Nonostante le difficoltà, siamo rimasti convinti che innovare e ridurre i consumi energetici sia una strategia necessaria per le imprese. I risultati adesso ci stanno dando ragione: abbiamo introdotto semplificazioni significative che hanno portato a un netto aumento delle richieste da parte delle imprese. Da giugno le prenotazioni mensili hanno superato i 300 milioni di euro, un ritmo in linea con le previsioni iniziali. Occorre recuperare il tempo perso e dare continuità al percorso di innovazione e sostenibilità che le imprese italiane stanno affrontando con consapevolezza, per questo con il MEF siamo al lavoro per garantire continuità al Piano con risorse nazionali.

Mentre la guerra in Ucraina continua a provocare tensioni sui mercati, molte aziende segnalano un calo di competitività a causa del caro energia. Il Governo ha già varato diversi pacchetti di sostegno, ma, come lei ha spesso sottolineato, non sarebbe il momento di valutare anche soluzioni alternative, come il nucleare?*

L’attacco russo all’Ucraina ha rappresentato per l’Europa un vero e proprio “11 settembre”: così come allora gli Stati Uniti scoprirono la loro vulnerabilità e decisero di diventare autonomi dal petrolio del Golfo, oggi le tensioni sul fronte orientale spingono l’Europa a ridefinire la propria politica energetica. Per questo il nostro Governo ha deciso di sviluppare strumenti normativi che favoriscano lo sviluppo delle nuove tecnologie legate al nucleare di ultima generazione, una fonte pulita che si integra perfettamente con le rinnovabili e ne compensa l’intermittenza nella produzione. L’industria italiana, tra l’altro, vanta un know-how avanzato in campo nucleare, con oltre 70 aziende attive nella filiera e che partecipano a progetti internazionali.

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