Gaza e piano di Trump, Schlein si fa dettare l'agenda da Conte e Avs: così l'opposizione va in frantumi e il Pd rischia la scissione
L’opposizione è spaesata dalla mozione del governo sulla Palestina che arriva in Aula: ecco che cosa c'è dietro
Elly Schlein - Giuseppe Conte
Guerra a Gaza e piano di Trump, in politica estera dentro la coalizione di centro sinistra (e nello stesso Pd) regna la confusione. L'analisi
Che la politica estera sia certamente un terreno di duro confronto tra maggioranza ed opposizione in Italia, è cosa ormai nota ed in certi casi anche comprensibile, anche se certamente poco auspicabile nei toni e nei modi in cui si sta svolgendo in queste settimane sul tema di Gaza. Ma che il confronto altrettanto duro e divisivo avvenga anche all’interno della coalizione di centro sinistra e addirittura all’interno dello stesso Partito Democratico, questo diventa forse meno naturale e comprensibile.
La realtà dei fatti è attualmente quella che nel centro sinistra, esistono almeno tre posizioni differenti su quanto sta accadendo a Gaza (così come sul conflitto in Ucraina e sul riarmo), che si manifestano chiaramente, quando si tratta di votare, sia nel Parlamento nazionale che in quello europeo.
Esiste infatti la posizione certamente più movimentista che fa capo ai Cinque Stelle ed AVS, che insieme al sindacato CGIL, sembra voler strumentalizzare la tragedia di Gaza per attaccare il governo. Poi c’è la posizione della segretaria Elly Schlein, che cerca di stare nel guado tra i movimentisti e la linea prudente, che è invece la terza via, basata sulla moderazione e portata avanti dai riformisti, come Luciano Guerrini, Pina Picierno, Piero Fassino, Giorgio Gori, Nicola Zingaretti, Stefano Bonaccini (anche se ormai sfiduciato tra i riformisti) e Graziano Delrio. Proprio quest’ultimo si è lanciato sul Foglio, due giorni fa, in un'analisi assai precisa sulla nuova proposta di pace di Donald Trump e su quella che aveva fatto qualche giorno prima, la premier Giorgia Meloni.
L’opposizione è spaesata dalla mozione del governo sulla Palestina che arriva in Aula. L’appello di Tajani è chiaro ed assume un significato ancora maggiore alla luce di quello che sta accadendo con la Flotilla in queste ore: “Sulla pace stiamo tutti insieme. Sosteniamo il piano di Trump”. Ma al Foglio, Graziano Delrio, l’ex ministro che Matteo Renzi vuole invitare alla Leopolda, è pienamente d’accordo e marca ancora una volta una netta separazione tra i riformisti e la linea della segretaria: “Perché il Pd non si prende parte del merito sul cambio di posizione di Meloni sulla Palestina? Perché il Pd non dice che sul riconoscimento abbiamo vinto noi? C’è un fatto politico nuovo, rilevante. Prendiamo atto che, a parte i pasticci formali, il governo Meloni ha ceduto, ha cambiato idea, e lo ha fatto grazie alla nostra azione. Diciamo a Meloni: procediamo rapidamente, vai all’Onu. Forza. Ecco cosa farei”.
L’opposizione insomma è a dir poco spaesata dalla mozione del governo sulla Palestina e ancora di più dalla nuova proposta di pace di Trump. Lo stesso Giuseppe Conte ha dovuto ammettere a mezza bocca che l’accordo raggiunto tra Benjamin Netanyahu e Donald Trump è un buon punto di partenza (“lo spirito è condivisibile”).
E il Pd, a sentire Vincenzo Amendola, ex ministro per gli Affari Europei, la confusione regna sovrana sotto il cielo del Nazareno: “Ma se Stati Uniti, Europa, Russia, Cina, la Chiesa capeggiata dal Papa... e magari pure Inter e Milan dicono di sì alla proposta Trump, come fai a dire di no se hai un minimo di sale in zucca? Quello che conta ora è fermare la barbarie. Il problema non è più Trump perché, quando sei sotto le bombe, non puoi filosofare. La posizione del Pd? Chiedetela al Pd.”
Eppure, anche all’estero, i più vicini alle idee della Schlein, come la sua icona Pedro Sanchez in Spagna, ha approvato il “grande passo avanti” fatto da Trump e aveva invitato la Flotilla a fermarsi, e la medesima cosa ha fatto Keir Starmer in Gran Bretagna. Ma l’opposizione deve affrontare le sue tante contraddizioni che si evidenziano soprattutto sulla politica estera, e ognuno deve marcare il proprio territorio, tornare indietro non si può e non si deve.
E poi c’è l’irritazione del Colle verso le posizioni oltranziste del Pd, anche dopo il suo appello alla Flotilla. Mai prima il partito aveva osato “sfidare” il Presidente della Repubblica, un baluardo per i democratici, e che ora pare anche quello sacrificato sull’altare della nuova posizione estremista della segretaria. “Elly Schlein sta sbagliando tutto, sia in politica interna che soprattutto estera. La sua testarda rincorsa all’unità a tutti i costi della coalizione mostra ancora una volta la sua profonda debolezza come leader del più grande partito dell'opposizione. Si fa dettare l’agenda da Conte, che la vuole fregare, e pure da AVS, che ambisce forse a raggranellare ancora qualche quarto di punto al Pd. È un suicidio che non sta pagando in termini elettorali, come visto nelle Marche, e che rischia di portare a una scissione del partito, che consegnerebbe definitivamente il paese ad altri cinque anni di governo della destra", dice un vecchio senatore del Pd.
Mentre Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd (chi lo conosce bene dice sia parecchio irritato nel suo ruolo di parafulmine in uno dei ruoli più delicati all’interno del partito), dichiara: “Seguiamo con attenzione il negoziato di queste ore sulla proposta di pace avanzata dagli Stati Uniti. Auspichiamo che si giunga al più presto a un accordo che ponga fine alle atrocità e ai crimini commessi a Gaza e in Cisgiordania”. Nemmeno un doroteo dei tempi d’oro sarebbe riuscito a condensare così tanto ecumenico non dire nulla in così poche frasi. Insomma, le posizioni tra i riformisti e la segretaria in politica estera rischiano di arrivare a un punto di non ritorno e, senza un pronto chiarimento, non è escluso qualche clamoroso colpo di scena.