Giorgia Meloni non è fascista: chi ha paura della deriva non conosce la storia

La scelta atlantica della deputata romana è stata certa e chiara da tempi assolutamente non sospetti, in cui non si parlava di elezioni

Di Giuseppe Vatinno
Giorgia Meloni
Politica
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Tirare fuori la paura del fascismo, nel 2022, per un Paese democratico come l’Italia, dà la cifra di come si sia ridotta la propaganda

Tutta la campagna elettorale del centro – sinistra è incentrata sul pericolo fascismo che comporterebbe la vittoria del centro – destra e la probabile scelta di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, per fare il Primo Ministro.

La scelta atlantica della deputata romana è stata certa e chiara da tempi assolutamente non sospetti, in cui non si parlava di elezioni ed era appena iniziata la guerra tra Russia e Ucraina.

Poi certo, la Meloni è la leader dei Conservatori europei e qualche rapporto con qualche conservatore un po’ più autoritario lo può aver avuto in passato, ma tirare fuori questa cosa ora è pretestuosa e inutile e significa non conoscere proprio i meccanismi della politica democratica che si basa sul dialogo con tutti.

Tirare fuori la paura del fascismo, nel 2022, per un Paese democratico come l’Italia, dà la cifra di come si sia ridotta la propaganda.

Ad esempio, solo ieri, il ministro della Sanità Roberto Speranza ha pubblicamente attaccato la Meloni dicendo che se lei vince è a rischio la Costituzione e addirittura la democrazia.

Roba da propaganda sovietica della guerra fredda. E sono proprio questi toni così elevati a far capire appieno la drammatica situazione in cui versa il centro – sinistra che è ridotto ad utilizzare una retorica togliattiana di quasi 80 anni fa.

Giorgia Meloni non è fascista. Lo ha detto chiaramente. Le hanno chiesto di togliere la fiamma tricolore dal simbolo del suo partito, le hanno chiesto di dire pubblicamente che è anti – fascista, la vogliono portare a dire che “il fascismo è il male assoluto”, come fece Gianfranco Fini in Israele e come disse sostanzialmente del comunismo Achille Occhetto alla Bolognina.

Ma adesso si sta forse esagerando.

Fare l’esame del sangue sul grado di democraticità di un futuro probabile Presidente del Consiglio è una operazione stucchevole proprio perché gli infermieri che la devono fare sono loro stessi, infetti. La ricerca ossessiva e spasmodica dei quarti di nobiltà non giova a nessuno. Anzi, vuoi vedere che di scavo in scavo, di archeologia in archeologia, magari esce fuori qualcosa di sgradito e insospettabile proprio a sinistra?

Aspettiamo inoltre la consueta discesa in campo di saltimbanchi, nani e ballerine.

Aspettiamo che i Maneskin e similari si indignino e stracciandosi le milionarie vesti intarsiate di ori e smeraldi annuncino l’abbandono del suolo patrio, qualora la Meloni vincesse. Per lei sarebbe già un bel risultato.