Scontro Bignami-Quirinale, le parole di Garofani (Pd) un campanello d'allarme per Schlein (e non Meloni): il piano per mollare Elly 

Le parole di Garofani possono essere lette come un tentativo con ogni mezzo di un pezzo del centrosinistra di evitare quell’accordo su una legge elettorale, con indicazione del premier, che farebbe comodo a Schlein e Meloni

di Vincenzo Caccioppoli
Politica

Bignami vs Quirinale, le parole di Garofani sono uno scossone per Schlein e non per Meloni. L'analisi 

I soliti bene informati raccontano che a Palazzo Chigi, dopo lo sconcerto iniziale per le frasi scomposte del consigliere per gli Affari del Consiglio Supremo di Difesa del presidente Sergio Mattarella, Francesco Saverio Garofani, a mente fredda si sia ragionato in maniera differente. Insomma quello che poteva sembrare come un attacco alla premier, alla fine potrebbe in realtà rivelarsi un attacco alla segretaria del Pd Elly Schlein, considerata inadeguata alla sfida contro la premier. Il comunicato di Galeazzo Bignami (sul quale pare che la premier non fosse stata preventivamente informata) aveva l'unico torto di non indicare in maniera diretta e inequivocabile il nome della persona a cui era rivolto.

Per il resto la precisazione del braccio destro del premier (quello sì, pare concordato con lei), Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha subito voluto ribadire come non ci fosse alcun dubbio di Fdi né tanto meno di Palazzo Chigi, sulla lealtà istituzionale del presidente Mattarella “con il quale il governo ha sempre interloquito con totale spirito di collaborazione, non da ultimo sugli importanti dossier internazionali, dall’Ucraina al Medio Oriente”.

L’incontro poi della stessa premier da Mattarella sembra avere definitivamente chiuso la faccenda, almeno dal lato governo. Perché invece la vicenda non sembra secondaria, se la si guarda da un'altra prospettiva, come fa notare un vecchio deputato ex Dc e ora Pd. “È del tutto evidente che le parole dette da Garofani, un vecchio esponente del partito popolare e della corrente morotea della Dc, Ex parlamentare del Pd, per tre legislature deputato dal 2006 al 2018, uno che difficilmente parla a caso, sono un campanello d’allarme non tanto per il premier, ma dovrebbero preoccupare assai la Schlein. Perché anche Garofani, uomo vicino a Franceschini, ha candidamente ammesso quello che ormai la maggioranza del partito pensa e che cioè che la segretaria non è in grado di lanciare la sfida alla Meloni.

In effetti le parole del consigliere di Mattarella, anche se inopportune perché dette da un consigliere del Colle, rappresenta quello che è il pensiero di un bel pezzo di centrosinistra, che crede fermamente che con la Schlein come candidata premier, si abbiano davvero poche speranze di strappare Palazzo Chigi alla Meloni nel 2027. Qualche bene informato, fa notare come le parole di Garofani, non sarebbero, come dice qualcuno dal sen fuggite, ma potrebbero rappresentare l’ennesimo segnale che forse anche il grande “vecchio” Dario Franceschini, sponsor alle primarie della Schlein, starebbe seriamente pensando di mollarla.

Ecco che allora si fa strada l’ipotesi che nel Pd anche chi apertamente sembra stare dalla parte della Schlein, come appunto Franceschini, in realtà starebbe già valutando di farla fuori (in perfetto stile dei dem). La riunione del 28, 29 e 30 novembre sulle colline toscane di Montepulciano, dove si daranno appuntamento tre correnti del Pd, (dem di Andrea Orlando, ex Articolo Uno di Roberto Speranza e Pierluigi Bersani e appunto Area dem di Franceschini) rischia di diventare una di quelle occasioni conviviali, in cui mentre si banchetta e si disserta di grandi sistemi, dietro alle quinte si affilano i coltelli. E a poche centinaia di chilometri da lì a Prato nello stesso giorno si riuniranno nuovamente i riformisti di Lorenzo Guerrini, Pina Picierno, Giorgio Gori.

Un incrocio sulla direttrice Siena - Firenze, che certo non dovrebbe troppo rassicurare la Schlein, che qualche suo fedelissimo, racconta essere rimasta assai seccata per le parole di Garofani. Ed è anche per questo che la sua reazione non è stata secca e dura come in altre occasioni contro FdI e il suo capogruppo alla Camera Bignami, autore della richiesta di smentita a Garofani. “Schlein ormai si sente accerchiata e non sta arroccata con i suoi fedelissimi al Palazzo, in attesa delle Regionali, augurandosi che un ottimo risultato di lista possa rafforzarla.

Ma penso che il suo destino sia comunque ormai segnato il vero “scossone” insomma, si ragiona nel campo largo, è quello che un pezzo della sinistra starebbe orchestrando per costruire un qualcosa di diverso dal solito schema del campo largo. Una riunione come la Margherita o ancora meglio come l’Ulivo, come d’altra parte, ha detto esplicitamente anche il consigliere di Mattarella durante il suo incontro conviviale a Terrazza Borromei: “Speriamo che cambi qualcosa prima delle prossime elezioni, io credo nella provvidenza. Basterebbe una grande lista civica nazionale”.

Insomma un po’ quello che pensano e dicono da tempo, Romano Prodi e Paolo Gentiloni, ma anche quello che sta cercando di mettere in piedi quel mondo imprenditoriale e finanziario, da sempre vicino alla sinistra e che stenta a trovare un interlocutore degno nel centro sinistra. Ed è anche in quest’ottica che Giuseppe Conte, furbo, opportunista ed ambizioso come pochi, da qualche mese sembra orientato ad una politica assai più moderata, anche per cercare di accreditarsi verso questo mondo che gravita intorno al centrosinistra e che non si riconosce nella eccessiva radicalizzazione della sua “rivale” Elly.

La vicenda di Garofani potrebbe essere il primo segnale di quello che sembra profilarsi all’orizzonte, e cioè un tentativo con ogni mezzo di un pezzo del centrosinistra di evitare quell’accordo su una legge elettorale, con indicazione del premier, che farebbe assai comodo alla Schlein da un lato e alla Meloni dall'altro, convinta sempre più (come gran parte della sinistra) di stravincere contro l’attuale segretaria dei dem.

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