Tagli a bonus, detrazioni, famiglie, pensionati e lavoratori. Dazi, il governo valuta lo "scenario peggiore"
Senza fare allarmismi, in caso di escalation con Trump
Palazzo Chigi e Mef mettono sul tavolo anche lo scenario peggiore della guerra commerciale con gli Usa
Donald Trump ha affermato che "andrà tutto bene con l'Unione europea" sui dazi, ma forse tutto bene per gli interessi degli Stati Uniti. Comunque la tensione in Europa e anche in Italia è alta perché alle giravolte del tycoon siamo ormai abituati (vedi Ucraina-Russia e non solo). Ma se davvero ci fosse una guerra commerciale con gli Stati Uniti? E se non si trovasse un accordo con Trump e scattassero dal primo agosto le tariffe al 30% contro l'Unione europea con contro-misure di Bruxelles che scatenerebbero un'escalation con dazi americani ancora più alti?
A Palazzo Chigi e al ministero dell'Economia, nonostante la prudente cautela sul raggiungimento di un'intesa con gli Stati Uniti, studiano anche il cosiddetto "scenario peggiore" ovvero quello che prevede un conflitto (commerciale) senza esclusione di colpi con Trump e con pesantissimi contraccolpi economici. Le stime parlano apertamente di Pil negativo, recessione, e di 50-100mila posti di lavoro che andrebbero in fumo e che, di conseguenze, diventerebbero un costo per lo Stato in termini di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria).
Un salasso per le casse dello Stato che in Legge di Bilancio non solo farebbe saltare il taglio delle tasse al ceto medio, voluto da Forza Italia, e la nuova rottamazione su cui da mesi punta la Lega, ma che porterebbe a una manovra economica per il 2026 inevitabilmente di lacrime e sangue. Fonti parlamentari parlano, sempre nel caso di guerra commerciale con gli Usa e di escalation sui dazi, di taglio a molti bonus (resterebbero solo quelli per le classi meno abbienti), di azzeramento o riduzione delle detrazioni fiscali nella dichiarazione dei redditi sotto 40mila euro l'anno e soprattutto di una scure sulle famiglie.
A rischio ad esempio l'assegno unico per i figli che nel 2025 costa allo Stato 19,5 miliardi di euro e che per il prossimo anno potrebbe essere dimezzato, salvando dai tagli soltanto chi un reddito estremamente basso. Nel mirino anche le pensioni con il possibile non adeguamento per il 2026 all'inflazione, cosa che, anche se di poco, avviene ogni anno. Uno scenario da "economia di guerra" che il governo spera di scongiurare ma che la premier Giorgia Meloni e il ministro Giancarlo Giorgetti devono valutare. Senza fare allarmismo o catastrofismo, ma questa è la situazione, sempre nel caso di mancato accordo con la Casa Bianca e di conflitto a colpi di tariffe sempre più alte.
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