In esclusiva un estratto della biografia di Zelensky "Lottare per il futuro"

Solo su affaritaliani.it l'anticipazione del libro scritto dal giornalista Gallagher Fenwick: "Credo in Dio, ma mio padre mi ha insegnato a non parlarne"

Vladimir Zelensky
Politica
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E' davvero amico dei neonazisti, pur essendo ebreo? E' in grado di fare il leader politico, venendo dal mondo dello spettacolo? Tutta la verità su Zelensky

 

Dimmi, è una cosa buona o cattiva il fatto che tu sia un artista? Non mi permetterei mai di chiamarti clown... «E perché no? Charlie Chaplin, il più grande clown di tutti i tempi, è stato un genio. E, tra le altre cose, ha combattuto il fascismo».  Esce in contemporanea in molti Paesi Volodymyr Zelensky - Lottare per il futuro, la biografia internazionale del presidente dell’Ucraina, con testimonianze e contributi di artisti che hanno condiviso con lui la carriera nel mondo dello spettacolo, esponenti politici, membri del suo entourage e dell’opposizione, oltre che di storici, politologi e giornalisti di primo piano. La cura Gallagher Fenwick, giornalista che ha coperto come inviato molti fronti di guerra e diretto la redazione in lingua inglese di France 24. L’edizione italiana è pubblicata da Libreria Pienogiorno (272 pp, € 17,90). Il libro ricostruisce a tutto tondo, senza dissolvenze né omissioni, la vita dell’uomo - di spettacolo e d’affari, di compromessi e compromissioni, politico e di Stato - al centro della crisi da cui dipende il futuro non solo di un intero Paese, ma perfino di un continente. Una lettura illuminante per comprendere la storia che stiamo attraversando.

Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo in esclusiva un estratto di "Volodymyr Zelensky - Lottare per il futuro"

Volodymyr Zelensky non parla quasi mai delle sue origini ebraiche. Ma perché quando il Cremlino dichiara di voler denazificare l’Ucraina non le cita in modo da rendere ancora più evidente l’assurdità delle affermazioni di Vladimir Putin? Anche quando la domanda gli è stata posta in modo esplicito dallo scrittore Bernard-Henri Lévy ha risposto da comico, con una battuta: «Il fatto che io sia ebreo è al ventesimo posto nella lunga lista dei miei difetti...». Un’autoironia caratteristica dell’umorismo ashkenazita, spesso graffiante, un umorismo «difensivo» secondo gli intenditori.  In realtà, quando parla con i media e in pubblico, riguardo alla sua religione Zelensky sembra essersi imposto una rigida linea di condotta, come dimostra in un’intervista: 

Mi dica, lei è credente? 
«Ci sono cose di cui nella mia famiglia non si parla mai a tavola. Me l’ha insegnato mio padre. Non discutiamo di cose che possono creare divisioni in famiglia o nella società. Io non lo faccio mai. Però credo in Dio, se è quello che vuole sapere». 

Non è questa la domanda. La maggior parte dei presidenti dell’Ucraina erano praticanti: per esempio andavano in chiesa per le celebrazioni di Pasqua che venivano trasmesse su tutti i canali televisivi per le diverse confessioni. Lei continuerà su questa strada? 
«A essere onesto credo che sia una questione personale, intima. Non voglio che venga mostrato in tv. Con Dio preferisco parlarci a tu per tu» 

Essere ebrei non è scontato in un Paese che per un certo periodo ha ospitato la seconda più grande comunità ebraica d’Europa, prima che fosse gradualmente decimata da diaspore e pogrom. Un immenso dolore che fa parte anche della storia personale del presidente. Alla vigilia di un viaggio a Gerusalemme per celebrare il settantacinquesimo anniversario della liberazione di Auschwitz, Zelensky ha ricordato la storia di sua nonna: «Viveva a Kryvyj Rih, in una regione dell’Ucraina meridionale occupata dai fascisti che hanno ucciso tutti gli ebrei rimasti. Come molte altre persone, è scappata ad Almaty, in Kazakistan, dove ha studiato. Era un’insegnante». Ma oggi è ancora pericoloso definirsi ebrei in Ucraina? 
 

Tra il giorno in cui Zelensky è entrato in carica nel maggio del 2019 e l’agosto dell’anno successivo, l’Ucraina è stata l’unica nazione al mondo, a parte Israele, ad avere un capo di Stato e un primo ministro (Volodymyr Hrojsman) ebrei. Nel 2018, un anno prima dell’elezione di Zelensky, il Pew Research Center, rinomato centro studi con sede negli Stati Uniti, ha calcolato che solo il 5 per cento della popolazione ucraina non desidera avere concittadini ebrei. In confronto, la percentuale in Russia è quasi tre volte superiore (14 per cento). 

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Nel 2019 Vladislav Davidzon, giornalista che vive tra la Francia e l’Ucraina e che da dieci anni racconta la vita degli ebrei nel Paese, ha seguito la vittoriosa campagna elettorale di Zelensky, e all’epoca ha parlato con il candidato dei suoi rapporti con la comunità ebraica:  "Ho avuto la sensazione che in fin dei conti sia un tipico ucraino, che si consideri un ucraino «medio». La sua identità ebraica, per lui, non è né importante né interessante. Ci ha riflettuto nel 2018 e nel 2019, e si è detto che poteva rappresentare un handicap politico e culturale. Da allora, invece, è diventata un elemento centrale". 

Il giornalista riconosce che nel Paese persiste ancora un po’ dell’originario antisemitismo, ma ci tiene a fare una precisazione: «L’Ucraina è sicuramente la nazione meno antisemita delle quindici ex repubbliche sovietiche e probabilmente di tutta l’Europa dell’est. Sono cinque anni che cerco di spiegarlo a tutti». Davidzon afferma che non c’è «alcun antisemitismo di Stato. Al contrario, questo governo e i cinque precedenti sono stati molto attenti alla questione. Alcuni più di altri, ma nell’insieme si sono comportati tutti in modo corretto». 

Questa nuova Ucraina si mostra chiaramente nella piazza (majdan in ucraino) in cui nel 2014 scoppia la cosiddetta «Rivoluzione della dignità», nella scia dell’Euromajdan dell’anno precedente. Quel momento di aggregazione tra diverse frange della società gioca un ruolo chiave nel portare alla luce l’estrema destra ucraina, ma anche la sua evoluzione.

I manifestanti resistono per quasi una settimana agli assalti omicidi di forze di polizia comandate da un governo filorusso, con a capo un presidente che finirà per fuggire dal Paese. Dietro le barricate ci sono ultranazionalisti, ammiratori di Stepan Bandera con i loro vessilli neri e rossi, ma anche cittadini che dichiarano apertamente di appartenere alla comunità ebraica. Questa strana alleanza porterà alcuni membri dell’organizzazione di estrema destra Pravyj Sektor a partecipare alle celebrazioni in onore di uno dei tre manifestanti ebrei uccisi dalle forze dell’ordine. Le accuse del Cremlino, secondo cui tutti i contestatori erano simpatizzanti nazisti, sembrano davvero assurde. A dire il vero in Ucraina, come in altri Paesi europei, l’estrema destra ultranazionalista e razzista rimane una realtà, così come l’antisemitismo. Ciò risulta evidente, per esempio, nei ranghi del battaglione Azov, nato nel 2014 per combattere i separatisti filorussi nell’est dell’Ucraina, i cui membri sfoggiano volentieri simboli nazisti. Ma sarebbe sbagliato ritenere che tali elementi siano centrali nella matrice ideologica di un Paese che durante le ultime elezioni presidenziali, nel 2019, ha votato in massa per Volodymyr Zelensky. Vincendo in quasi tutte le regioni, dall’est russofono all’ovest filoeuropeo, il candidato ha superato le tradizionali divisioni e al ballottaggio ha ottenuto il 73,2 per cento dei voti, con un tasso di affluenza superiore al 60 per cento. In concreto, significa che 13.541.528 ucraini, in un Paese di poco più di quarantaquattro milioni di abitanti, hanno votato per un uomo che, pur non volendo promuovere la propria religione, di certo non la nasconde.

In realtà, agli occhi di Vladimir Putin, chiunque si opponga alle sue politiche espansionistiche è considerato un nazista. Il giornalista Piotr Smolar riassume così il rapporto del leader russo con questo aspetto della storia, e con la realtà in generale: "L’evidente contraddizione tra il discorso russo sulla denazificazione dell’Ucraina e le ascendenze di Zelensky non è affatto un problema per Mosca. In un regime dittatoriale la propaganda non ha bisogno di coerenza, logica o attinenza alla realtà. Una ruota può essere quadrata, basta ripeterlo e, da un giorno all’altro, i telespettatori finiranno per crederci, o almeno la maggior parte di loro. Il principio della propaganda non è la falsità ma l’abolizione di qualsiasi distinzione tra realtà e finzione. Così tutto può essere allo stesso tempo vero e falso".
 
Ironicamente, le accuse di neonazismo hanno contribuito a un calo dell’antisemitismo in un Paese, l’Ucraina, in cui la maggior parte degli abitanti desidera solo smentire Putin. Nel Parlamento ucraino i partiti di estrema destra non hanno alcun peso (detengono solo un seggio su 450). Zelensky è quindi a capo di una nazione che sembra aver iniziato una riflessione sulla memoria della Shoah e dei pogrom. Il presidente rappresenta la sintesi tra l’epoca passata in cui è cresciuto, il periodo dell’ideologia sovietica che rifiutava di riconoscere la specificità della sorte degli ebrei, e una nuova era in cui l’Ucraina tenta di forgiarsi una propria identità lontana dai semplicistici schemi di pensiero che la Russia o l’Europa le vogliono imporre dall’esterno. 

Come il suo popolo, anche Zelensky rifiuta gli schemi troppo semplicistici. Russofono senza necessariamente essere filorusso, votato in massa anche dai cittadini di lingua ucraina... Non nega le sue origini ebraiche, ma non è praticante. È sposato con una donna di un’altra confessione e almeno uno dei loro due figli è stato battezzato secondo il rito cristiano ortodosso. Durante la campagna elettorale è stato criticato per lo stile di vita, per i legami con la Russia o la presunta incompetenza, ma nessuno degli oppositori ha mai fatto il minimo accenno alle sue origini. Zelensky è ebreo e a volte si rifà all’umorismo ebraico. Non rinnega le sue origini e, così facendo, rispecchia gran parte dell’Ucraina contemporanea. «Un’Ucraina» secondo Vladislav Davidzon «cosmopolita, poliglotta, multietnica e multirazziale, contrapposta a una nazione etnicamente ucraina. Ed è la prima che sta vincendo la battaglia delle idee».