Meloni si blinda premier fino al 2032. Decisiva la legge elettorale 'imposta' a Tajani e Salvini, d'intesa con Schlein
La sorella Arianna in campo, capogruppo FdI alla Camera. Inside
Sulla legge elettorale verrà indicato il nome del candidato premier (ovviamente Meloni)
Forza Italia è contraria. E anche la Lega. Ma fonti ai massimi livelli di Fratelli d'Italia affermano che sarebbe "da scemi non inserirla". L'oggetto della discussione, ancora sottotraccia tra le forze di maggioranza e quelle di opposizione, è se inserire o meno sulla scheda elettorale, nella prossima legge sul sistema di voto che supererà il Mattarellum, il nome e il cognome del candidato o candidata alla presidenza del Consiglio.
E' del tutto evidente che Giorgia Meloni, forte dei sondaggi che danno Fratelli d'Italia intorno al 30% e gli alleati di Forza Italia e Lega sotto il 10%, ha tutto l'interesse a blindarsi a Palazzo Chigi per altri cinque anni, dal 2027 al 2032. La premier, in cambio, ha concesso ad Antonio Tajani la super-accelerazione sulla riforma costituzionale della giustizia, con la separazione delle carriere e la fine del correntismo delle toghe nel Csm, nel nome di Silvio Berlusconi. La mossa serve anche a Meloni per frenare l'eventuale discesa in campo alla guida di Forza Italia di Marina Berlusconi, che ambirebbe a guidare il primo partito e ad andare a Palazzo Chigi (se valessero le regoli attuali del Centrodestra che diventa premier il leader della coalizione che ottiene più consensi).
E al Carroccio di Matteo Salvini, oltre a fare di tutto per far partire i cantieri del Ponte sullo Stretto bloccato dalla Corte dei Conti (anche se bisognerà attendere dicembre), la presidente del Consiglio offre la garanzia che entro la fine della legislatura verrà "sistemata" la legge sull'attuazione del capitolo V della Costituzione ovvero l'autonomia regionale differenzia. Il tutto per non far esplodere la Lega del Nord e in particolare la Liga Veneta e Luca Zaia, ma anche Attilio Fontana in Lombardia e Riccardo Molinari in Piemonte.
Meloni trova una sponda fondamentale in questa battaglia in Elly Schlein. La segretaria del Partito Democratico, sotto assedio dopo gli attacchi di Romano Prodi e dei moderati, cattolici e liberali Dem, sa benissimo che una fetta importante del suo partito non la vuole come candidata a Palazzo Chigi alle elezioni politiche del 2027. E l'ideale, per la minoranza Pd, sarebbe la sindaca di Genova Silvia Salis. Ma questa soluzione sarebbe figlia di accordi, trattative e lunghe discussioni. E magari anche primarie di coalizione. Se invece si arrivasse a una legge elettorale che indica sulla scheda il candidato premier sulla scheda che troveremo nelle urne varrebbe la classica regola che vale anche nel Centrodestra.
Osservare e seguire le ultime elezioni regionali e i sondaggi. E non ci sono dubbi, stando alle rilevazioni, percentuali più o meno, il Pd vale il doppio del M5S e il quadruplo di Alleanza Verdi Sinistra. Quindi Giuseppe Conte tagliato fuori. E a Meloni va benissimo così perché la leader di FdI è sicura che se la sua sfidante alle Politiche sarà Schlein, con la sua linea di sinistra-sinistra schiacciata sulla Cgil di Maurizio Landini, vincerà a mani basse. Un trionfo. Una sfida con Salis sarebbe invece più ostica e pericolosa perché la sindaca del capoluogo ligure potrebbe essere in grado di intercettare voti centristi e moderati.
La premier, quindi, con Tajani e con l'altro vicepremier Salvini, è stata chiarissima: vi ho accontentato il più possibile sulla Legge di Bilancio, e ci saranno cambiamenti in Parlamento, vi ho ascoltato e vi ascolterò su giustizia e autonomia, ma sulla legge elettorale decido io. Il nome del premier, il suo, Giorgia Meloni, sulla scheda elettorale. Il tutto insieme alla ormai sicura candidatura alla Camera (ipotesi capogruppo nella prossima legislatura) - la presidente del Consiglio nel 2027 opterà probabilmente per il Senato - della sorella Arianna Meloni, capo dell'organizzazione del partito di maggioranza relativa e prima (e principale) consigliera del capo dell'esecutivo.
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