Banche, Meloni unica vincitrice. Ha saputo unire le posizioni inconciliabili di Forza Italia e Lega. Ecco come ha fatto
Così Palazzo Chigi ha lavorato in silenzio al compromesso
Giorgia Meloni si è dimostrata astuta nel trovare un compromesso tra posizioni tra loro inconciliabili
Abile diplomatica in politica estera, tanto da essere l'unico leader del Vecchio Continente ad avere un ottimo rapporto con il presidente americano Donald Trump pur mantenendo un saldo ancoraggio all'interno dell'Unione europea, Giorgia Meloni si è dimostrata astuta nel trovare un compromesso tra posizioni tra loro inconciliabili. L'accordo uscito dal vertice di maggioranza e di governo sulla Legge di Bilancio 2026 e in particolare sul contributo chiesto a banche e assicurazione, circa 4,5 miliardi di euro il prossimo anno e undici miliardi in tre anni, è un capolavoro della presidente del Consiglio.
"Un importante contributo" per la manovra è arrivato "da banche e assicurazioni, che pure ringrazio. Ci sono state lunghe interlocuzioni, parliamo di portatori di interessi, ma tutti ci rendiamo conto delle priorità su cui l'Italia deve lavorare. Abbiamo trovato una disponibilità che non era scontata", ha sottolineato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, parlando in conferenza stampa al termine del Cdm (insieme ai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini e al ministro dell'Economia Giancarlo Giorgeti. Scelta precisa della premier che ci fossero tutti per mandare all'esterno un segnale plastico e mediatico, appunto, di compattezza dell'esecutivo). E la premier ha aggiunto: "Per il sistema del credito non temo un contraccolpo: abbiamo parlato con queste persone, il mio intento non è punitivo" ma l'azione del governo è quella "di concentrarsi su priorità come la famiglia, i lavoratori mantenendo la traiettoria del deficit e del debito in modo da essere credibili", un fatto di cui "beneficia anche il sistema bancario".
Unanime il giudizio a microfono spento di parlamentari di maggioranza e opposizione: "Ha vinto Meloni". Ieri pomeriggio la tensione era davvero altissima, tanto che qualcuno in Forza Italia ventilava l'ipotesi di crisi di governo. Massimo Garavaglia, silente (di solito) presidente della Commissione Finanze del Senato (vicino al titolare del Mef) annunciava che nella manovra c'è un contributo dalle banche, scritto nero su bianco nel Documento Programmatico di Bilancio inviato il 15 ottobre a Bruxelles. Immediatamente dopo una durissima nota del partito del vicepremier e ministro degli Esteri su Facebook bocciava categoricamente questa opzione. Poi sono arrivate da Napoli le parole durissime di Tajani: "Extraprofitti è una parola che non esiste, roba da Unione Sovietica. Non la voteremo mai".
Silenzio da Fratelli d'Italia, su input diretto della premier e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovambattista Fazzolari, che mentre gli alleati di governo si scannavano sulle agenzie di stampa loro stavano lavorando - insieme all'Associazione Bancaria Italiane (Abi) all'intesa. E infatti così è stato dopo un lunghissimo vertice in serata, prima del Consiglio dei ministri di oggi che ha varato ufficialmente la Finanziaria per il 2026. Chi era presente racconta che Meloni abbia anche alzato la voce, senza perdere le staffe, ma ricordando a tutti i membri dell'esecutivo che è lei la presidente del Consiglio e che la sintesi spetta solo a lei. Ma sempre con l'astuzia di trovare una via di mezzo che non scontenti nessuno degli alleati.
E così niente tassazione sugli extraprofitti bancari come voleva la Lega, e che avrebbe mandato su tutte le furie Marina e Pier Silvio Berlusconi che hanno spinto gli azzurri e Tajani a tenere questa posizione, ma un compromesso che prevede la stabilizzazione della DTA e, in cambio di un abbassamento dal 40 al 27,5% della tassa su eventuali distribuzioni di utile (un piccolo favore agli istituti di credito), è previsto in manovra un contributo con un intervento al rialzo dell'Irap pagata dalle banche.
L'Abi, ovvero Forza Italia (visto che i massimi dirigenti parlano quotidianamente con il presidente Antonio Patuelli) avrebbero preferito solo l'estensione della DTA anche al biennio 2027-2028, la Lega avrebbe voluto tassare gli extraprofitti. E alla fine è arrivata, come sempre, la mediazione di Meloni (e di Fazzolari), accolta positivamente anche dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti che a Washington, da dove è appena tornato, ha avuto diversi incontri con i massimi big delle banche italiane e temeva una reazione negativa sui mercati e sullo spread. Che invece non c'è e non ci sarà.
Ora ovviamente la Legge di Bilancio passerà al vaglio del Parlamento ma questa è l'intesa nella maggioranza e non si tocca, salvo marginali modifiche. Meloni non voleva guerre con le banche, non le ha accontentate al 100% (non poteva e non voleva), ma ha ottenuto il risultato sperato. La vittoria è sua.
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