Ucraina, Meloni 'cerniera' tra Trump e l'Europa. Così ha ammorbidito il piano Usa senza rompere con la Russia
Il lavoro della premier sull'asse Johannesburg-Ginevra. Inside
Donald Trump e Giorgia Meloni
Meloni sa perfettamente che Putin si fida solo di Trump e di nessuno in Europa, se non di Viktor Orbàn che ha ben poca voce in capitolo
Giorgia Meloni dal Sudafrica: "Punti condivisibili con il piano Trump, non c'è una totale contrapposizione". La Casa Bianca dopo il summit in Svizzera tra Usa, Ue e Ucraina: “Grande passo avanti, l'accordo deve rispettare la sovranità dell'Ucraina”. Sono le due frasi chiave che spiegano perfettamente - secondo quanto riferiscono autorevoli fonti di Fratelli d'Italia - il ruolo di cerniera e di ponte (per l'ennesima volta) da parte di Giorgia Meloni tra le due sponde dell'Atlantico per evitare una rottura sull'Ucraina e tenere unito l'Occidente. Si sa che in politica estera la presidente del Consiglio dà il meglio di sé (non che a Roma tentenni visto che sulla Legge di Bilancio ha imposto la sua linea agli alleati ottenendo la promozione di Moody's) ma sullo scacchiere internazionale la premier sa muoversi con estrema diplomazia e abilità.
Come spiegano fonti vicine a Palazzo Chigi, nella giornata di ieri, domenica 23 novembre, l'asse Johannesburg-Ginevra è stato fondamentale per trovare una posizione comune tra Stati Uniti e Unione europea. Nella lunga conversazione telefonica di Meloni con Donald Trump la premier ha spiegato dettagliatamente al tycoon come il piano Usa in 28 punti di Steve Witkoff fosse troppo sbilanciato verso la Russia e che non sarebbe mai stato accettato non solo dall'Ucraina ma dai principali Paesi europei. Da contraltare, pro-Kiev, ha lavorato molto il segretario di Stato Marco Rubio.
Nelle stesse ore gli sherpa di Roma, ben istruiti prima di partire per il Sudafrica, nella città elvetica famosa per il lago e le montagne hanno messo in chiaro a Francia, Regno Unito e Germania (oltre ai Paesi dell'est) che l'Europa senza gli Usa non è oggi in grado di garantire la sicurezza dell'Ucraina e non può sostituirsi completamente all'America in termini soprattutto militari. Emmanuel Macron, al solito, insieme in parte a Keir Starmer, era il più filo-Kiev e anti-Mosca ma Meloni ha trovato la solita sponda con il cancelliere tedesco Friedrich Merz per arrivare a una soluzione meno penalizzate per l'Ucraina ma anche allo stesso tempo tenesse aperta la porta del dialogo con il Cremlino e con Vladimir Putin.
I 24 punti europei non umiliano l'esercito di Kiev, che comunque non entrerà nella Nato ma progressivamente nell'Ue sì, e allo stesso tempo dovrebbero prevedere come garanzia per Volodymyr Zelensky la garanzia dell'estensione dell'articolo 5 dell'Alleanza Atlantica ovvero la possibilità della Nato di difendere l'Ucraina in futuro, dopo un eventuale accordo di pace, da altre aggressioni di Mosca. Il tutto con un forte dispiegamento di forze militari e soprattutto aeree in Polonia e nei Paesi Baltici. Ovviamente Kiev, oltre a perdere per sempre la Crimea, dovrà rinunciare a dei territori ma non a quelli che la Russia non ha ancora conquistato completamente sul campo.
Un passaggio difficile, complesso e che richiederà tempo. Ma Meloni sa perfettamente che Putin si fida solo di Trump e di nessuno in Europa, se non di Viktor Orbàn che però ha ben poca voce in capitolo. E così - come spiegano le fonti di FdI - ha smussato gli angolo tra Sudafrica, telefonata con The Donald e vertice di Ginevra per rendere il piano più digeribile a Zelensky ma per consentire a Trump di tenere aperto il canale di dialogo con il Cremlino. Real politik si chiama e la presidente del Consiglio la conosce e la usa perfettamente.
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