Meloni, dai passi in avanti senza strappi sull'Ucraina al rinvio dell'accordo Ue-Mercosur. La strategia internazionale della premier

Giorgia felpata a Berlino, combattente in Parlamento

Di Alberto Maggi
Politica

Meloni resiste al pressing di Merz e Von der Leyen e si appresta ad allinearsi a Macron sul rinvio dell’accordo Ue-Mercosur


“Niente è concordato finché tutto è concordato”. Un vecchio adagio, scritto nero su bianco nella dichiarazione congiunta dei leader europei al termine del vertice di Berlino. Ed è anche per questo che Giorgia Meloni, dicono i bene informati, sia uscita tutto sommato soddisfatta da un summit che sembra mostrare passi avanti nella intricatissima vicenda ucraina.

Nel documento finale ci sono le garanzie di sicurezza per Kiev che ricalcano, nei fatti anche se senza menzionarlo, l’articolo 5 della NATO tanto caro alla premier; c’è un riferimento cauto all’utilizzo degli asset russi per finanziare l’Ucraina, il che consentirà a Meloni di giocare la partita direttamente giovedì in Consiglio europeo insieme ad altri Paesi - a partire dal Belgio - che sono su posizioni critiche perché temono effetti finanziari imprevedibili.

Ma soprattutto, il fatto che il documento di Berlino sia stato concordato - anche se non firmato - dagli americani fa ben sperare sul fatto che si stiano creando davvero le condizioni per un accordo con Mosca. Intanto Meloni resiste al pressing di Merz e Von der Leyen e si appresta ad allinearsi a Macron sul rinvio dell’accordo Ue-Mercosur.

Era tutto pronto in Brasile per la storica firma Lula-Von der Leyen ma l’irrigidimento francese, con al seguito Italia, Polonia, Austria, Irlanda e Ungheria, va a creare quella minoranza di blocco che impedirà a Ursula di metterci il sigillo. “Ancora insufficienti le garanzie per gli agricoltori”, spiegano fonti di FdI a Bruxelles, eppure la sensazione è che, una volta superata la mobilitazione dei trattori prevista giovedì e venerdì a Bruxelles e rafforzate le clausole di salvaguardia agricole contro le importazioni fuori standard, l’Italia e altri Paesi finiranno col dire sì.

Con l’anno nuovo e sotto presidenza di turno paraguaiana, di centrodestra al contrario del controverso Lula criticato da destra per la “persecuzione giudiziaria” contro i conservatori dell’ex presidente Bolsonaro. Ma, senza andare lontano, questa scelta consentirà a Meloni di ergersi ancora una volta a paladina del mondo agricolo ma anche di limitare le reazioni dell’industria italiana, che invece da tempo guarda con grande favore all’accordo Mercosur.

Intanto domani Meloni sarà alla Camera per le consuete comunicazioni in vista del Consiglio Ue. E mentre gli sherpa lavorano alla risoluzione di maggioranza per limare le perplessità leghiste sull’Ucraina, c’è da scommettere che nel dibattito non mancheranno frizzi e lazzi tipici di questa lunga corsa verso le Politiche del 2027. Tra referendum sulla giustizia e legge elettorale, immigrazione e legge di bilancio, in una sorta di fase 2 di Atreju, con i leader a darsele cordialmente di santa ragione. E, si sa, quando c’è da tirare fuori i guantoni la felpata Meloni di Berlino si trasforma in una combattente.

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