Michetti a Roma: la politica che punta sulla competenza, non sulla celebrità

L’opinione di Vincenzo Caccioppoli
Enrico Michetti (Lapresse)
Politica
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Si fa un gran parlare in queste ore, dopo la fumata bianca da parte del centrodestra sulla candidatura di Enrico Michetti a sindaco di Roma, della supposta scarsa notorietà del professore della università di Cassino. Tanto per iniziare occorre capire che cosa si intende per notorietà, quando si parla di politica, anche perché non sempre le due cose vanno a braccetto e soprattutto non sempre essere noti indichi capacità o competenza, anzi spesso è vero il contrario.

Michetti è docente esterno di diritto pubblico e dell'innovazione amministrativa al primo anno del corso di Economia aziendale, sede di Frosinone, dell'Università di Cassino. Dal 2005 al 2016 è stato professore a contratto di Diritto degli Enti Locali presso il Dipartimento Economia e Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

Il 13 gennaio del 2017, su proposta dell'allora presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, gli ha conferito l'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine "al merito della Repubblica Italiana" in considerazione "delle particolari benemerenze rese alla Nazione”. E’ molto noto al pubblico romano per una seguitissima trasmissione che tiene a Radio Radio, un emittente romana.

Gode di stima anche negli ambienti politici Michetti che, nel corso della sua attività professionale, ha affiancato molti sindaci di centrodestra. E’ in questo contesto che è riuscito a farsi apprezzare dagli ambienti di Fratelli d'Italia trovando in Giorgia Meloni il suo main sponsor per la candidatura al Campidoglio.Michetti è come il signor Wolf, risolve problemi- così lo aveva definito la leader di Fratelli d’Italia in televisione qualche giorno fa.

Al di là delle colorite descrizioni che vengono fatte sull’uomo, la principale colpa che gli si addebita sarebbe proprio quella di essere poco conosciuto al grande pubblico. E la pregiudiziale è rimasta sul tavolo fino alla fine, come racconta chi era presenta al vertice, e solo la scelta di essere affiancato con la giudice Simonetta Matone ( ospite fissa a Porta Porta) e Vittorio Sgarbi, il notissimo critico d’arte, ha permesso di sciogliere la matassa.

A parte il fatto che già sull’assunto ci sarebbe molto da discutere, considerando non solo il curriculum del personaggio e la sua trentennale attività come consulente per enti e comuni, senza contare la sua rubrica seguitissima su una emittente radiofonico della capitale, ma poi da quando in qua in politica conta la fama e non quello che si è fatto e come lo si è fatto?

Partendo infatti dalla considerazione  che il sindaco debba essere una persona già conosciuta, si tende a far passare il messaggio che la competenza sia un aspetto secondario e non la variabile fondamentale per un ruolo cosi impegnativo come quello del futuro sindaco di una grande città come Milano, Roma o Torino.

Forse la diffusione dei social a cui gran parte dei politici affidano ormai la propria comunicazione, ha avuto anche il nefasto effetto di far passare l’idea che la politica sia più una questione di numeri follower e  like, più che di atti, fatti concreti e proposte. Ormai i discorsi politici sono limitati dai 140 caratteri di twitter o dalle note su Facebook. E il fatto che passi il messaggio che il criterio di scelta di un candidato viene fatta sulla base della sua fama, non importa tanto ne in quale campo ne come questa sia arrivata,  rappresenta un svilimento ulteriore del nobile ruolo della politica, la cui dignità e considerazione fra la pubblica opinione è già a livelli assai bassi.

La politica non deve tanto dare notorietà, ma deve dare considerazione rispetto ed apprezzamento in chi viene amministrato. La politica urlata e litigiosa di questi anni parte forse proprio da questa sorta di ribaltamento di come debba essere lo svolgimento di incarichi pubblici, perché solo chi grida piu forte si fa notare e diventa ambito dai tantisismi talk show settimanali..

Bisogna quindi avere il coraggio delle proprie scelte, e questo che si chiede e che si pretende ad un leader. Il balletto durato settimane per la scelta dei candidati nelle principali città da parte del centrodestra ( e che ancora non si è concluso)francamente è stato un brutto segnale perché ha dato l’impressione non tanto che si cercasse i nomi più preparati, ma quelli più noti.

Certamente essere conosciuti al pubblico è un indiscutibile plus, ma questo non deve essere un condizione ad excludendum. Per rassicurare quanti credono che il candidato del centrodestra non abbi scampo a causa della sua scarsa notorietà, sarebbe il caso di ricordare il caso di Bologna, che è poi diventato storico, quando nel 1999 Guido Guazzaloca, presidente della camera di commercio, macellaio e sostanzialmente sconosciuto a livello nazionale, clamorosamente sconfisse Silvia Baldini candidato sindaco dell’Ulivo, diventando il primo ed ancora oggi unico sindaco di centrodestra della città più rossa d’Italia. Eppure molti anche nel centrodestra ebbero moltissimi dubbi nell’appoggiare un candidato non certo notissimo.

Guazzaloca fu scelto, sia per mancanza di altri candidati spendibili e sia perché comunque le possibilità di ottenere una vittoria per il centrodestra erano davvero scarsissime alla vigilia.

Invece accadde quello che nessuno avrebbe mai creduto. Ecco allora che proprio partendo da questo precedente forse il centrodestra dovrebbe ponderare bene le sue candidature, perché una volta che si decide di optare per una scelta civica come ha fatto con forza fin dall’inizio il centrodestra ( forse sarebbe meglio dire il suoi leader Matteo Salvini) è perchè si vuole cercare di privilegiare la competenza rispetto magari alla notorietà o alle scelte politiche.

Ed allora poi non si può e non si deve avere dubbi in merito, altrimenti si perde credibilità e si instilla pericolosi dubbi nell’elettorato. La scelta della competenza è una questione che nella fase della politica urlata e della politica dell’uno vale uno dei cinque stelle, che hanno paradossalmente operato la scellerata scelta di promuove non solo sconosciuti ma anche incompetenti, potrebbe essere determinante di fronte ad un elettorato spaesato e stremato da oltre un anno di pandemia. Forse questo sarebbe un primo passo che dimostra come la politica possa tornare a diventare una cosa maledettamente seria e  per persone serie e competenti.