Gaza, 300-400 militari italiani nella missione Onu. Meloni prima fila. Sullo sfondo miliardi alle nostre aziende per la ricostruzione

Dopo l'ok delle Nazioni Unite al piano di pace di Trump. Inside

Di Alberto Maggi
Politica

Con la totale uscita di scena dei terroristi (Hamas e non solo) potrà arrivare il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell'Italia


Ora ci siamo. E l'Italia farà la sua parte, come promesso da Giorgia Meloni a Donald Trump con la partecipazione della presidente del Consiglio alla recente firma degli accordi in Egitto. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione statunitense sul piano di pace per Gaza. Tredici voti a favore e due astensioni, Russia e Cina. Questa la votazione con cui è stata approvata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu la risoluzione sul piano americano di pace per Gaza, più volte modificato, che prevede l’intervento di una forza internazionale per stabilizzare la situazione.

A questo punto, sotto le bandiere delle Nazioni Unite, anche il nostro Paese parteciperà alla missione di peacekeeping. Palazzo Chigi e ministeri di Difesa ed Esteri sono ancora molto cauti sul numero di soldati e sui tempi, ma secondo quanto risulta ad Affaritaliani l'esecutivo, con un voto in Parlamento che probabilmente spaccherà nuovamente le opposizioni, intende inviare 300 massimo 400 militari, alcuni dei quali carabinieri, ma comunque reparti molto esperti nella Striscia di Gaza. Il compito dell'Italia potrebbe essere quello di cercare e disinnescare le mine piazzate da Hamas per fermare l'avanzata dell'esercito israeliano nei mesi scorsi.

Ma i contorni esatti della missione, le cifre esatte e i ruoli verranno stabiliti in un vertici dei Paesi che parteciperanno che si terrà probabilmente entro la fine dell'anno. Non è ancora chiaro se l'Italia sposterà una parte dei circa 1.200 soldati presenti nel Sud del Libano nella missione UNIFIL, che termina alla fine del prossimo anno con un graduale disimpegno che si completerà il 31 dicembre 2027, o se le forze da mandare in Medio Oriente arriveranno direttamente dal nostro Paese. Probabilmente sarà un mix delle due cose, essendo i militari presenti in Libano ormai molto esperti di ciò che accade in quell'area. Tra i Paesi europei certamente anche la Francia, la Spagna e la Germania vorranno partecipare e, al di fuori della Ue, il Regno Unito.

Poi ci saranno anche i Paesi arabi moderati come il Qatar che hanno giocato un ruolo chiave nel raggiungimento del cessate il fuoco e della firma del piano del presidente Usa. Tutti sanno che a finanziare la ricostruzione di Gaza e della Striscia saranno soprattutto i Paesi del Golfo, non solo il Qatar, oltre alla Turchia. E quindi, dietro la missione militare italiana accompagnata da una umanitaria con ospedali da campo e personale medico fornito dalla Croce Rossa, ci sono interessi economici. Le ultimissime stima sui costi della ricostruzione dopo anni di guerra parlano di oltre 100 miliardi di dollari, forse addirittura 150.

Meloni vuole essere in primissima fila (grazie anche e soprattutto al suo fortissimo legame con Trump e JD Vance) anche perché l'Italia è una eccellenza riconosciuta nel mondo in termini di edilizia, telecomunicazioni e soprattutto infrastrutture come strade, ponti e linee ferroviarie. Certamente la priorità è la stabilizzazione del Medio Oriente, la totale uscita di scena di Hamas e delle altre fazioni terroristiche che hanno partecipato alla strage del 7 ottobre, ma dietro c'è anche il business che potrebbe portare commesse miliardarie alle principali aziende italiane del settore e quindi nuovi posti di lavoro. In seguito, come più volte annunciato dalla stessa Meloni e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, l'Italia (come la Germania) potranno procedere con il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. Però una cosa alla volta, con lo sguardo verso il futuro.

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