Mediobanca, Meloni e Giorgetti "felici" per il no all'Ops su Banca Generali. Via libera al polo "sovranista" con Mps (e forse Banco Bpm)
Fonti del Cdx: "Forse Nagel dovrebbe pensare a dimettersi..."
Forza Italia storce il naso ma resta alla finestra continuando a chiedere l'uscita dello Stato e quindi del Mef dal capitale del Monte. Ma...
Vittoria del sovranismo bancario. On the record, ovvero a microfono aperto, nessuno nella maggioranza di governo si spinge ad affermare ciò (per ovvi e comprensibili motivi, essendo anche aziende quotate in Borsa).
Anche se il senso di quello che è accaduto ieri nel risiko del credito è proprio questo. L'assemblea di Mediobanca ha bocciato l'offerta pubblica di scambio su Banca Generali. I voti favorevoli all'operazione voluta dall'ad Alberto Nagel si sono fermati al 35%, quello contrari sono stati pari al 10% e gli astenuti al 32% del capitale.
Ora, di fatto, c'è il via libera all'Ops di Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca. E il principale azionista di Mps è proprio il Tesoro, ovvero il dicastero guidato da Giorgetti, con l'11,7% del capitale.
Obiettivo strategico, almeno per Fratelli d'Italia e per la Lega, è quello di creare il terzo polo bancario italiano, dietro Intesa Sanpaolo e UniCredit, a stragrande maggioranza italiana, per dar vita a un istituto di credito che si rivolga in particolare alle piccole e medie imprese, agli artigiani e alle Partite Iva. Bacino elettorale sia del partito della presidente del Consiglio sia del Carroccio. Ovviamente in questa partita, ufficialmente, il governo non è entrato e non avrebbe potuto farlo in alcun modo.
Ma a Palazzo Chigi e in Via XX Settembre son ben contenti della sconfitta di Nagel (tanto che qualcuno nella maggioranza di Centrodestra si spinge a dire che dovrebbe valutare ora le sue dimissioni) perché in questo modo la strada è spianata, una vera e propria autostrada, per l'aggregazione tra la stessa Mps, Mediobanca e forse anche Banco Bpm. Quest'ultima ormai preda mollata e abbandonata da UniCredit guidato da Andrea Orcel che si è fermato di fronte all'insistenza dell'esecutivo di esercitare il Golden Power proprio su Banco Bpm.
Per quanto concerne Banco Bpm c'è però il punto interrogativo, l'incognita, delle mosse del colosso francese Crédit Agricole, salito recentemente al 20,1% (con i derivati). I transalpini, in attesa che si pronunci la Bce, hanno assicurato che resteranno sotto la soglia dell'Opa. E fonti ai massimi livelli della Lega spiegano che "il ministro Giorgetti è attentissimo anche su questa vicenda" e che comunque anche ci fosse una fusione alla pari (questa è al momento l'ipotesi prevalente) tra Crédit Agricole Italia e Banco Bpm e quest'ultima poi rientrasse nell'aggregazione Mps-Mediobanca, "grande cosa... non sarebbe un problema in quanto la quota francese verrebbe stra-diluita" e "non verrebbe intaccato minimamente il progetto di terzo polo bancario nazionale e stragrande maggioranza italiana".
Tutto ciò non piace moltissimo a Forza Italia e ai figli di Silvio Berlusconi, anche loro azionisti del mondo del credito attraverso la quota in Mediolanum e che vogliono un governo europeista e non nazionalista vista soprattutto l'operazione di Mfe in Germania, ma il sovranismo bancario è l'obiettivo di Meloni e Giorgetti, spinto dal vicepremier Matteo Salvini, ma comunque convinto della bontà di questa operazione. Ed è quindi questo il coté politico del risiko del credito italiano con Fratelli d'Italia e la Lega che, dietro le quinte, gioiscono per la sconfitta di Nagel e puntano sul terzo polo sovranista.
Forza Italia storce il naso ma resta alla finestra continuando a chiedere l'uscita dello Stato e quindi del Mef dal capitale del Monte. Ma, almeno per il momento, Giorgetti non ci sente proprio. Anzi, non ha alcuna intenzione di mollare la presenza in Rocca di Salimbeni fin quando l'operazione complessiva non sarà portata a termine.
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