"Parigi e Berlino non volevano il voto. Pressing per tenere Draghi al governo"

Nuove rivelazioni del libro di Salvini "Controvento"

di Redazione
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Mario Draghi, Emmanuel Macron, Olaf Scholz
Politica

"Il presidente francese Emmanuel Macron auspicò che il governo Draghi potesse continuare. Cercò Berlusconi e anche me. Due volte"
 

Emmanuel Macron e Angela Merkel volevano Mario Draghi a Palazzo Chigi, e quando scoppiò la crisi di governo chiamarono Silvio Berlusconi per convincerlo a sostenere l’ex presidente della Bce. Lo rivela Matteo Salvini nel suo libro “Controvento” (272 pagine, casa editrice Piemme) che verrà presentato il 25 Aprile alle 15 alla Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano in via Vivaio 7 e che sarà in libreria dal 30 Aprile.
Salvini aggiunge che l’Eliseo provò a contattarlo per ben due volte, spiegando che l’attuale governo Meloni è figlio della compattezza e della determinazione di Lega e Forza Italia che non cedettero alle pressioni. Nemmeno a quelle internazionali. 

Segue ampio stralcio ⬇️

(…) Il premier, polemico, chiese al Parlamento la conferma della fiducia. E il centrodestra si rese disponibile
a concederla a patto di non essere più ostaggi dei continuino e dei boicottaggi dei 5 Stelle.
Seguirono ore di trattative febbrili, con interventi anche dall’estero. Il presidente francese Emmanuel Macron auspicò che il governo Draghi potesse continuare. Cercò Berlusconi e anche me. Due volte. La segreteria del capo dell’Eliseo contattò il mio capo segreteria, attraverso l’ambasciatore francese in Italia, per preannunciarmi una chiamata. Il mio staff iniziò a cercarmi in modo martellante, ma io ero a un evento sul lago di Como, e più precisamente su una barca che puntava verso l’isola Comacina, in una zona senza campo. Venni avvertito in ritardo. Alla fine, comunque, dall’Eliseo ci tennero a verificare che il numero di cellulare in possesso di Macron fosse effettivamente il mio, ma poi la chiacchierata non si concretizzò.

In compenso, so per certo che si confrontò con Berlusconi che però tenne il punto. Lo fece anche quando chiamarono da Berlino, perché mentre eravamo a Villa Zeffirelli perfino Angela Merkel cercò il Cavaliere per perorare la causa di Draghi.

Era un momento oggettivamente difficile, soprattutto per l’amico Silvio: Forza Italia non era compatta, come dimostrarono successivamente gli addii dei ministri chiamati al governo senza condividerli con Arcore. Se il premier aveva pescato nei partiti nomi «governativi» per evitare turbolenze, aveva ottenuto l’effetto di moltiplicare le tensioni.
Il Cavaliere era però convinto – come me – che il centrodestra dovesse tenere il punto. O governo Draghi senza i 5 Stelle, o elezioni.
In quelle ore concitate, alla vigilia del voto decisivo che poi sancì la fine dell’esecutivo, Berlusconi fu semplicemente straordinario e coraggioso.
La sera in cui Draghi decise di dimettersi, per le insanabili divergenze politiche, mi rendevo conto che avevamo vinto una partita difficilissima grazie alla solidità della squadra. Se oggi per fortuna c’è il governo Meloni, fu grazie alle strategie messe a punto col Cavaliere a Villa Zeffirelli.
Nonostante pesantissime pressioni nazionali e internazionali, avevamo sempre chiaro il nostro obiettivo: prima gli italiani