Pd sull'orlo del caos nelle Marche: Ricci travolto dallo scandalo. E lo scontro Bonaccini-Schlein sui referendum...
La candidatura del centrosinistra nelle Marche non sarebbe così granitica come appare, anzi
Pd sull'orlo del caos nelle Marche
Una voce clamorosa e tutta da confermare sta prendendo sempre più corpo negli ambienti vicini alla segreteria del Pd. La candidatura del centrosinistra nelle Marche, definite da qualcuno come una sorta di “Ohio” italiano (uno dei cosiddetti stati swing dove si decidono le sorti della presidenza Usa) delle prossime regionali, non sarebbe così granitica come appare, anzi.
L’eurodeputato ed ex sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, che da mesi è il candidato prescelto per cercare di strappare le Marche al centrodestra, starebbe pagando alcuni problemi legati all’inchiesta che riguarda il suo vecchio capo di gabinetto, Franco Arceci e anche alcune beghe interne al partito in Regione.
Piu di un indizio indica come la corsa lì per Ricci non sia partita proprio col vento in poppa. Così come la situazione non pare tranquillissima nemmeno per Ernesto Giani, il presidente della Toscana, non un nome proprio graditissimo alla segretaria. Addirittura, secondo alcune fonti autorevoli della direzione del Pd, nei giorni scorsi, la segretaria avrebbe sondato la disponibilità di due suoi fedelissimi come Marco Furfaro, che avrebbe gentilmente declinato l’offerta e la stessa risposta avrebbe ottenuto dal segretario regionale in Toscana, Emiliano Fossi.
Ma sono proprio le Marche, considerate al contrario della Toscana (data come già vinta dal centrosinistra) ancora contendibili per un centrosinistra unito, ad agitare il sonno della segretaria, soprattutto nel caso si allargasse lo scandalo, che ha colpito l'ex sindaco di Pesaro. Si tratta del caso denominato “Affidopoli” che sembra arricchirsi di nuovi retroscena, che potrebbero mettere in serio imbarazzo l'ex sindaco di Pesaro ed aprire nuovi imprevedibili scenari anche dal punto di vista giudiziario.
Non si spiegherebbe in altro modo l’evidente nervosismo mostrato da Matteo Ricci, nei confronti dell'inviata della trasmissione Rai qualche giorno fa. La giornalista del programma “Far west” condotto da Salvo Sottile, “rea” di avere semplicemente posto alcune domande sulla inchiesta, e accusata da un visibilmente infastidito Ricci, di essere al servizio di Fdi.
L’inchiesta della Procura si riferisce a presunte irregolarità che riguarderebbero 600 mila euro di affidamenti diretti in favore di un paio di associazioni culturali da parte del Comune di Pesaro. Ai tempi in cui Ricci era primo cittadino. Due le associazioni nominate nelle carte: “Opera Maestra”, nata nel luglio 2020 e, a statuto appena depositato, due settimane dopo, “già il 17 agosto ottiene il primo affidamento".
Un'accelerazione che colpisce anche la Commissione, la quale passa in rassegna 11 determine e 4 contributi per un totale superiore ai 270mila euro”. Ricci difende a spada tratta il suo capo di gabinetto indagato, definendo la cosa come una prassi lecita. Ma le carte in mano alla procura e le parole sul merito dell'autorità anticorruzione, la pensano diversamente.
Se poi a questo si aggiunge che Ricci è notoriamente un uomo vicino a Stefano Bonaccini, così come il presidente della Toscana Giani, oltre a Decaro (ma lui è intoccabile, almeno per ora, perché il via libera al terzo mandato potrebbe complicare e di molto le cose anche lì) ecco che analizzato un simile quadro indiziario, come nella tradizione dei gialli di Agatha Christie, non è più così irrealistico prevedere nuovi colpi di scena.
Certo per ora la posizione di Ricci resta comunque solida, anche perché all’orizzonte non si vedono alternative serie, ma certo è che un eventuale rinvio delle elezioni potrebbe mettere la sua candidatura nuovamente in discussione. Non è un mistero poi che all’interno del partito anche il presidente Stefano Bonaccini, sia ormai in contrasto da settimane con alcune scelte della Schlein, prima tra tutte proprio quella di appiattirsi sui referendum di Landini.
La lotta intestina tra le correnti del Pd sta creando evidenti difficoltà anche nelle Regioni dove si andrà a votare (proprio nelle Marche la corrente riformista sarebbe piuttosto rappresentata). Per ora la cosa importante è sopire i dissidi e le beghe interne, sperando che tutto si aggiusti, dopo una rotonda vittoria alle Regionali, come auspicato dal Pd. Ma certo è che secondo i sondaggi, la situazione nelle Marche desta qualche preoccupazione, perché il presidente Francesco Acquaroli viene dato in vantaggio di 4 punti rispetto al rivale (sondaggio Tecnè di qualche settimana fa).
Oltretutto Fdi ha mandato a rinforzo della comunicazione del presidente un pezzo da novanta come Italo Bocchino, segno tangibile di quanta importanza venga data alla tenuta del “fortino” marchigiano. Anche perché nel Pd marchigiano si sta creando un po’ di maretta per le liste, dove spiccano i nomi dei primi grandi esclusi causa impossibilità a correre per aver già fatto due mandati. Si tratta di Manuela Bora, Fabrizio Cesetti e Antonio Mastrovincenzo: i tre consiglieri regionali dem che, sulla base della decisione delle direzioni provinciali di Ancona e Fermo, non potranno appunto correre per il terzo mandato.
La scelta definitiva, tuttavia, è ancora nelle mani della direzione regionale, che il 29 giugno metterà fine alla questione con la diffusione della lista definitiva dei candidati. Ma dieci giorni fa intanto il direttivo di Ancona del partito ha respinto la richiesta di deroga presentata da Manuela Bora, difficile quindi pensare che i tre possano correre. Ricci non sembra avere preso molto bene questa decisione, ed è subito corso ai ripari invitando quanti non possono candidarsi col Pd a farlo in liste civiche di appoggio.
Ma chiaramente si tratta di una scelta che potrebbe inevitabilmente creare tensioni e dissapori all'interno del partito marchigiano. Il problema non è di poco conto considerando che si tratta dei tre più eletti nel Pd nel 2020. L’ennesima grana che rischia di complicare maledettamente la corsa di Ricci e del centrosinistra nelle Marche.