Qualche lezione dalle Regionali: piace il pragmatismo, non gli slogan. E la nuova bocciatura di Marco Rizzo...
L’ex leader comunista ormai campione di trasformismo viene asfaltato per la decima volta. Dal 2009 non ne azzecca una
Il commento post Regionali
A bocce ferme vale la pena di trarre alcune lezioni importanti che arrivano dalle elezioni regionali. Vero, non si tratta di un referendum sull’operato del governo e dell’opposizione, ma sicuramente qualche indicazione arriva. Prima di tutto, dunque, trionfano pragmatismo e continuità. La Lega in Veneto vince (senza stravincere) e si ricorda una volta di più che se vuole tornare grande deve affidarsi ai suoi leader più affermati - da Luca Zaia a Matteo Salvini passando per il sempre più affermato Alessandro Morelli - e non piegarsi a derive bizzarre per inseguire personaggi che sembrano più caricaturali che politici. Se avete pensato al generale Roberto Vannacci avete fatto bingo, con la Toscana che si è tramutata in un bagno di sangue per il Carroccio.
Elezioni regionali, nessuna voglia di cambiamento
Seconda lezione: vince la continuità. Nessuna delle tre regioni in cui si votava ha cambiato colore nonostante alla vigilia qualcuno allignasse - in maniera un po’ sbrigativa - che in Campania fosse in atto un’improbabile rimonta. Roberto Fico ha vinto con oltre 30 punti di scarto, roba che dovrebbe far pensare un po’ di più alle dichiarazioni che si fanno. In Veneto Zaia è stato campione delle preferenze e ora malignamente dichiara di essere pronto a ricandidarsi tra cinque anni. La verità è che il suo futuro più probabile è a Roma, magari come presidente di una grande partecipata.
In attesa poi di capire che cosa succederà nel 2027 con le nuove elezioni. Vero è anche che un possibile termometro del gradimento sulle politiche del governo arriverà solo con il referendum sulla riforma della giustizia. Ma ecco, diciamo che per il momento Fratelli d’Italia incassa una bella crescita di consensi, così come il Pd. Crolla il Movimento 5 Stelle, ostaggio delle sue contraddizioni (è il partito del Superbonus e del Reddito di Cittadinanza o conosce altre istanze più “di governo” e meno di lotta?) e del desiderio di far emergere a tutti i costi Giuseppe Conte come possibile leader del centrosinistra, nonostante i numeri siano dalla parte di Elly Schlein. In attesa che la nomenklatura, rigorosamente con la “k”, del Pd torni a pestare forte sperando in un ribaltone.
La decima caduta di Rizzo
Infine, c’è da registrare un’ulteriore conferma a quanto detto finora: alla gente non piacciono più gli slogan vuoti e privi di pragmaticità. Così succede che un leader (o presunto tale) come Marco Rizzo incassa una scoppola micidiale, la decima dal 2009 a oggi e non riesca dunque a trovare pace al suo girovagare. Nel frattempo, d’altronde, ha detto tutto e il contrario di tutto.
Ha flirtato con Vannacci (ancora lui) e con l’Afd oltranzista in Germania; ha sposato bizzarre teorie pro-Putin e addossato la colpa dei conflitti agli oppressi e non agli oppressori. Non per niente le sue posizioni hanno trovato ospitalità nei giornali di destra più che in quelli di sinistra. Le sue avventure infruttuose sono giunte alla Decima. Che non è la Mas cui inneggia il suo sodale, ma volta.
Rivediamole insieme:
- Corre come sindaco di Collegno nel 2009, prende il 2,9% dei voti
- ci prova come presidente della Provincia di Grosseto, sempre nel 2009, ottiene il 2,2% dei consensi
- va peggio nel 2016: corre da sindaco di Torino, prende lo 0,8% dei voti
- nel 2018 prova a farsi eleggere alla Camera: respinto con perdite e lo 0,3% dei consensi
- nel 2020 corre alle suppletive del Collegio 1-01 del Lazio: prende il 2,6% dei voti
- l’anno dopo ci prova in Toscana dove raggiunte il suo migliore risultato: il 4,7%
- corre ancora per la Camera, nel 2022, con Italia Sovrana Popolare (le parole d’ordine iniziano a cambiare), ma non gli va granché bene e ottiene l’1,2% dei voti
- corre come presidente della Provincia autonoma di Trento nel 2023, ma viene respinto e prende solo il 2,3% dei consensi
- prova a diventare presidente dell’Umbria, nel 2024, ottiene l’1,1% dei oti
- infine corre per diventare presidente del Veneto e replica l’1,1% dei consensi dell’anno prima
L’ultimo incarico è quello di Europarlamentare nel 2004. Una vita fa. E forse a 66 anni, dopo aver assunto ogni posizione possibile e immaginabile è giunto il momento di concedersi il (meritato?) riposo.