Cattaneo: "Serve un'Europa che funzioni meglio e che dia maggiore voce alle regioni e ai territori"

Intervista al Sottosegretario alle Relazioni Internazionali della Lombardia

Di Alberto Maggi
Politica

"Esercito comune? Obiettivo di lungo termine, da perseguire con prudenza e realismo"

"All’Italia, e dunque anche alla Lombardia, serve certamente più Europa, ma un’Europa che funzioni meglio. Oggi è ancora troppo governata dagli Stati nazionali e dalla burocrazia europea, mentre i padri fondatori immaginavano un’Europa dei popoli e dei territori". Con queste parole Raffaele Cattaneo, sottosegretario alle Relazioni Internazionali ed Europee della regione Lombardia, risponde alla domanda di Affaritaliani.it se all'Italia, e quindi anche alla Lombardia, serva più o meno Europa e come dovrebbe cambiare l’Unione europea nelle sue istituzioni.

"Per colmare il deficit di fiducia nelle istituzioni europee, dobbiamo applicare concretamente il principio di sussidiarietà riconosciuto dai trattati. Serve dunque una riforma istituzionale che dia maggiore voce alle regioni e ai territori, in quanto realtà più vicine ai cittadini e, proprio per questo, capaci di ridurre la distanza oggi percepita tra l’Europa e i reali bisogni delle persone".

Giorgia Meloni è stata accusata dalle opposizioni di essere isolata in Europa. È così?

"Non mi pare proprio che l’Italia sia isolata. La Presidente del Consiglio è riuscita a portare una voce autonoma e riconoscibile nei consessi europei, anche in un momento complesso. Un esempio concreto è il risultato politico straordinario ottenuto con la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo, nonostante il suo gruppo non faccia parte della maggioranza europarlamentare.

L’interesse nazionale si tutela partecipando, non autoescludendosi. Il governo si sta muovendo in questa direzione, con interlocuzioni aperte e pragmatiche, ma anche portando una voce diversa rispetto a quelle prevalenti in Europa. Anche questa è una ricchezza. Ricordo che il motto dell’Unione Europea è “Uniti nella diversità”: a volte, invece, sembra che si voglia imporre un’uniformità che i cittadini non accettano e contro la quale il nostro governo fa bene a distinguersi".

L’Italia è davvero un ponte tra UE e USA, sia sul conflitto in Ucraina che sul tema dei dazi?

"Storicamente, l’Italia ha sempre avuto la vocazione a fare da ponte tra diverse realtà geopolitiche, grazie alla sua posizione nel Mediterraneo e a una cultura profondamente radicata nel dialogo. Sul conflitto in Ucraina e sui temi commerciali serve equilibrio: UE e USA condividono valori comuni, ma l’Europa deve anche saper affermare una propria autonomia strategica. Al tempo stesso, l’Occidente – come idea, cultura e pratica politica – si regge sull’alleanza tra Europa e Stati Uniti, e Giorgia Meloni fa bene a ricordarlo. Senza questa alleanza, l’Occidente come lo conosciamo non esisterebbe più".

Condivide il piano di rafforzamento della difesa UE proposto dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen?

"È comprensibile che, in un mondo più instabile, l’Europa debba rafforzare le sue capacità di difesa. Tuttavia, ciò deve avvenire nel rispetto dei principi di pace e cooperazione che sono alla base del progetto europeo. Ogni investimento in sicurezza deve essere accompagnato da un rinnovato impegno nella diplomazia, nel dialogo e nello sviluppo. Il principio da seguire è quello della difesa comune, già indicato da Alcide De Gasperi negli anni ’50.

Il termine “riarmo” è anche semanticamente inappropriato: non si tratta solo di armi, ma anche di avere una visione strategica in ambiti tecnologici come la cybersicurezza, l’intelligenza artificiale, i satelliti a bassa quota e la guida autonoma. Oggi la difesa non si fa più solo con le armi, ma investendo in tecnologie che portano benefici anche alla società civile. È su questi fronti che l’Europa deve lavorare insieme".

Serve un esercito comune europeo?

"È un obiettivo di lungo termine, da perseguire con prudenza e realismo. Un esercito comune avrebbe senso solo se fondato su una reale volontà politica condivisa e su una politica estera e di difesa comuni, non come mera sovrapposizione agli eserciti nazionali. È un percorso che richiede passi concreti, progressivi e, soprattutto, il consenso dei cittadini europei. Ma la direzione da prendere è certamente questa".

Come si conciliano le evidenti differenze all’interno della maggioranza di governo sui temi europei?

"Il confronto di idee è fisiologico in una coalizione ampia. La sintesi si raggiunge valorizzando ciò che unisce: la volontà comune di difendere gli interessi dell’Italia all’interno dell’Unione, senza rinunciare al progetto di integrazione europea, ma anzi rendendolo più realistico ed efficace.

La nostra storia, ispirata alla cultura del popolarismo europeo, insegna che per avere una visione forte dell’Europa bisogna muoversi verso un’Europa “sinfonica”, capace cioè di valorizzare le differenze, non di appiattirle. Solo così si può costruire un’Europa più giusta, più solidale e più vicina ai suoi cittadini. Per questo è importante che le regioni e le istituzioni locali abbiano più voce in Europa".

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