Renzi ad Affari: “Tajani, una figuraccia imbarazzante. Il governo ha sempre meno credibilità internazionale”
Il senatore parla con il nostro giornale: “Golden Power su UniCredit un grande errore. Referendum un autogol e un regalo a Meloni. Ora ritrovare l’unità. Calenda? Per ora è un addio”
L'intervista
“Tajani non era stato informato dell’imminente attacco di Israele all’Iran: è stato un momento imbarazzante per il nostro Paese”. Matteo Renzi, senatore di Italia Viva, in una lunga intervista ad Affaritaliani spiega la sua visione su politica estera, alleanze, referendum ed economia.
Senatore, si apre un nuovo fronte nella già complicatissima situazione geo-politica: il suo pensiero?
Siamo sospesi tra la paura che la situazione degeneri ancora e la speranza che le ragazze di Teheran tornino libere. Libere di studiare, scegliere chi amare, girare in minigonna come era la Persia prima degli ayatollah. La caduta del regime sarebbe una notizia bellissima. Tuttavia nessuno può immaginare che tipo di piega possa prendere l’escalation militare. E quindi se da un lato speriamo che quel sanguinario regime crolli presto, siamo allo stesso tempo molto preoccupati che il conflitto militare non si risolva velocemente.
Il ministro Crosetto ha parlato di possibili azioni dimostrative nel nostro Paese: siamo al sicuro? La posizione assunta dal governo la convince?
Il ministro Crosetto è una persona seria e se parla lo fa con cognizione di causa. Purtroppo non possiamo dire altrettanto degli altri ministri del governo Meloni: in particolare del ministro degli Esteri Tajani, che giovedì ha dichiarato che l’attacco israeliano non era imminente, per poi venerdì di fronte ai bombardamenti di Israele ammettere che nessuno lo aveva informato, al contrario degli altri grandi Paesi che erano a conoscenza della situazione. In commissione ha addirittura detto “Ho chiamato Israele e Iran e ho detto loro di smetterla”. Imbarazzante. È un grave danno di credibilità per il Paese.
Se fosse ancora a Palazzo Chigi che strategia avrebbe adottato?
Impegnarci per tenere l’Italia al centro del dibattito internazionale, non ai margini. Non basta partecipare ai vertici: bisogna saper dettare l’agenda. In politica estera conta la credibilità. E quella si costruisce con scelte nette, non con i like su Instagram.
Il referendum non ha raggiunto il quorum anche perché era stato erroneamente indicato come una sorta di “tagliando” al suo Jobs Act. È d’accordo con chi, nel centrodestra, vuole alzare a un milione le firme per i referendum?
Il referendum è stato un autogol e un regalo a Giorgia Meloni. Si può discutere di alzare la soglia del numero delle firme necessarie ma il punto è che il problema non sono stati i referendum di per sé bensì lo sguardo ancorato al passato quando sarebbe ora di parlare di futuro.
Nel centrosinistra è caccia al colpevole e l’impressione è che si stia andando verso l’ennesima frattura del Pd: da una parte Schlein, Conte, Avs e la sinistra; dall’altra i riformisti. Lei come valuta questa situazione?
Come normale dialettica all’interno di una coalizione. Lega, Forza Italia, FdI litigano ma poi si mettono d’accordo e governano. Il centrosinistra deve ritrovarsi sotto un’agenda comune. La povertà esplode, i giovani fuggono all’estero, le liste d’attese sono infinite, i reati aumentano: il governo Meloni ha fallito. È ora di costruire una alternativa partendo dai temi e dai bisogni del Paese.
Come sono i rapporti con Calenda? Anche quella è una parentesi chiusa?
Oggi siamo su strade diverse: noi miriamo a rappresentare il centro del centrosinistra. Se poi ci saranno battaglie comuni da fare, come per Gaza, perché no.
Ritiene che ci sia ancora spazio per il Terzo Polo o vista la legge elettorale si dovrà per forza ragionare in un’ottica bipolare?
Il Terzo Polo è stato un esperimento che ha saputo catalizzare consenso poi distrutto senza una ragione politica. Ormai però è tempo di guardare avanti e costruire una alternativa al governo Meloni che non può prescindere dalle coalizioni. Nel Paese c’è un bipolarismo di fatto. Bisogna semmai lavorare per portare la cultura liberale, riformista, popolare ad essere rafforzata nel centrosinistra.
Che cosa ne pensa della situazione in Mediobanca e dell’intreccio del risiko bancario? Rivendica la sua riforma sulle Popolari?
Rivendico ogni singola riforma fatta: abbiamo modernizzato un sistema che si proteggeva dietro logiche non al passo con i tempi. Gli investitori ci sono grati. Quanto alla scelta del golden power per Unicredit (nell’ops su BancoBpm, ndr), la ritengo una grave lesione dei principi del libero mercato. Non prendo posizione per nessuna delle parti in causa, ma commento l’azione del governo: uno scandalo assoluto. L’arbitro si è fatto giocatore per un interesse di bottega della Lega e di Fratelli d’Italia.
L’Italia ha recuperato credibilità sullo scacchiere internazionale e oggi per la prima volta il partito al governo sembra aumentare i consensi: come si spiega questo risultato?
Non ritengo che l’Italia abbia recuperato credibilità ma purtroppo l’esatto contrario. Non confondiamo la comunicazione con la credibilità. La Meloni ha costruito un racconto efficace, ma governare è un’altra cosa. Solo negli ultimi giorni abbiamo scoperto che Tajani era uno dei pochi ministri degli Esteri delle grandi potenze a non essere informato sull’attacco di Israele all'Iran.
Nel suo futuro c’è ancora e sempre la politica? Qual è il suo sogno?
A 50 anni posso dirmi felice: ho la fortuna di aver realizzato tanti sogni. Ho fatto il premier, il sindaco, il senatore. Ma continuo a credere che la politica sia lo strumento più bello per cambiare le cose.
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