Salvini: “Cambio il Sistema da dentro, ma sento l’ostilità di certe élite”

Le riflessioni del segretario della Lega nel libro di Aurora Lussana su Bossi: "Cambiare il Sistema con le barricate non è servito”

di Gabriele Penna
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Libro Umberto Bossi - Salvini
Politica

Lega: nel libro su Bossi le rivendicazioni di Salvini e le sfide per il futuro

Riemerge un Matteo Salvini euroscettico in “L’Umberto, l’uomo che ha inventato il Nord”, libro appena arrivato sugli scaffali (Piemme, 222 pp, 18,90 euro) e scritto da Aurora Lussana, giornalista e profonda conoscitrice del mondo Lega, in occasione dei 40 anni appena compiuti dal Carroccio.

Non che Salvini avesse abbandonato la veste sovranista, ma con la parentesi del governo Draghi sembrava aver assunto una postura più aperta nei confronti delle istituzioni europee. Se questo ritorno alle origini si concretizza per convenienza elettorale (si avvicina il grande appuntamento delle elezioni europee) o per natura politica non soggetta a mutazioni identitarie sostanziali, nonostante la “contaminazione” nel Palazzo, è ancora poco chiaro.

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In questi 40 anni è cambiato che “sto parlando da Palermo. Quando sono entrato nella Lega nel 1990, giungendo dalla periferia ovest di Milano, non lo avrei mai immaginato”, racconta Salvini dal capoluogo siciliano in occasione di una udienza che lo vede imputato con l’accusa di sequestro di persona per il mancato sbarco della Ong Open Arms, nel 2019. Salvini fa riferimento alla svolta nazionale di cui è stato protagonista, “necessaria per affrontare battaglie internazionali ed europee”. Un processo che ha subito un arresto, come emerge dalle analisi del voto delle ultime elezioni politiche ed amministrative, con una crescita inversamente proporzionale di Fratelli d’Italia.

“La Lega ha saputo cogliere prima di tutti i rischi del processo di unificazione europea”, spiega Salvini che racconta i tempi della scuola e ricorda l’adesivo “che avevo attaccato sulla mia Smemoranda”. Siamo nel 1992, e su quell’etichetta c’è il simbolo dell’Alberto di Giussano e la scritta “L’Europa dei popoli”. Perché “solo come forza nazionale possiamo contrapporci alle istituzioni europee per tutelare e salvaguardare i popoli d’Europa”.

Ma non tutto è cambiato. Secondo Salvini “resta immutato il legame con le profonde radici del nostro territorio”. Riferimento a quelle zone del Nord che rivendicano più autonomia e che ormai il segretario federale tiene a bada con fatica. Non a caso, consegnando le sue riflessioni all’autrice, parla di una telefonata appena conclusa con il segretario della Liga Veneta, come a dimostrare che i rapporti con quell’area non si sono incrinati, come molti giornali riportano. Ma che il Nord Est sia il feudo leghista più critico nei confronti della linea politica portata avanti negli ultimi anni, è sotto gli occhi di tutti. Leggere le ultime uscite del presidente del Veneto Luca Zaia.

In fondo l’autonomia si può chiamare come meglio si crede, dice Salvini: “Federalismo, secessione, devolution, macroregione”, perché “la Lega negli ultimi anni ha cambiato molte tattiche politiche ma l’obiettivo eterno resta quello di dare voce ai territori”. Ecco, voce. L’obiettivo si fa più difficile se di tratta di dare piena autonomia, sebbene entro la fine di questa settimana la Commissione Affari costituzionali della Camera darà mandato ai relatori per l’Aula sull’Autonomia differenziata. Il testo potrebbe approdare per la discussione generale in Assemblea lunedì 29 aprile.

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Salvini rivendica il ruolo del Carroccio, “unico partito ad aver dato voce ai territori di confine, ai paesi, alle borgate, alle campagne, alle valli”. Mentre “i grandi partiti danno voce alle grandi città”. Il leader della Lega conferma la tendenza a raccogliere il consenso principale nell’Italia profonda, quell’Italia agricola e operaia che una volta guardava al Partito comunista. Lì dove si riesce a intercettare “il bisogno di identità”.

E quando gli viene chiesto che cosa resta della Lega antisistema degli albori, la risposta non è scontata. Salvini ammette di aver provato a cambiare il Sistema da fuori, “con le barricate, ma non è servito”. Adesso “abbiamo scelto di cambiarlo da dentro”. Poi evoca i poteri forti come “la magistratura e l’alta finanza”, oltre che il sistema mediatico. Il che “testimonia quanto ancora siamo percepiti come alternativi rispetto a un certo sistema, nonostante la presenza nel governo nazionale e nelle giunte di molte regioni”. Salvini continua a sentire “l’ostilità di certe élite” e giura di non avere “amici potenti”

Il futuro per Salvini, a leggere le cronache politiche, non è roseo. Tuttavia i cavalli di battaglia sono sempre gli stessi: “La difesa del lavoro, le piccole imprese, i territori, le periferie, i confini da proteggere da un’immigrazione incontrollata” e la famiglia, “la solidità delle nostre comunità”. Un caposaldo da difendere “anche se sono divorziato”.